Tindaro Granata ci racconta una grande saga di generazioni siciliane, un cunto familiare a lui donato dal vecchio nonno. Antropolaroid è un viaggio di umanità che comincia e termina con una corda lanciata al cielo come una maledizione, ma che racchiude in sé nascite, sfide e amori di uomini che nascono onesti e di questa onestà non sanno che farsene, di donne serve di uno o di tutti gli uomini. È il racconto lieve e greve di una giovane vedova abbandonata che impreca ferocemente e sputa sulla tomba del marito suicida, ma che nel cimitero partorisce, accanto a lui, come se da ogni sacrificio potesse nascere un nuovo bene. È l’inevitabile divenire dell’acqua che si fa vino quando smette di ubriacare il bimbo di incanti e comincia a stordire l’uomo di dolore; una storia di vergogne taciute dai padri e di rivelazioni che si vestono a lutto.
Fra le fiabe della Sicilia antica, nei racconti del nonno, emerge anche il Segreto della Notte Nera, immensità inconfessabile trasmessa di padre in figlio. Il giuramento di segretezza fatto al nonno non viene violato, amorevole e alta “omertà” di un nipote, ma una frenetica danza di voci stridule, di verità urlate ma non comprese, rivela ciò che poteva e doveva essere rivelato. Senza accanirsi sugli errori degli uomini e sulle loro ombre, l’imponenza di un Magnificat rende grazia ad ogni autenticità umana.
Sulla scena accanto al narratore solo una sedia. Una sedia che è poltrona, nascondiglio o bara, coperta o svelata da un bianco lenzuolo. La stessa sedia su cui siede il nonno a raccontare, su cui siede lo spettatore ad ascoltare. Non serve che una sedia per prendersi il tempo d’ascoltare una voce, di immaginare guidati dalle sue parole un’umana polaroid: un battito di ciglia ed ecco consegnataci prontamente dal teatro l’istantanea di un frammento di vita.
Atto coraggioso, dunque, quello di Granata: Antropolaroid è la sprezzante denuncia da parte di un figlio che ha saputo la sua famiglia tormentata per decenni dalla nefasta presenza di “quel mafioso”. Ha grande valore la sua testimonianza. Lo spessore etico ed umano della sua testimonianza viene senza dubbio enfatizzato dalla giovinezza dell’artista: cominciando da lontano il suo racconto familiare, arriva fino al presente e ci racconta di sé, della sua sfida per un sogno, delle offese subite, di un dolore che in quella terra di Sicilia striscia sempre nell’anima. Impossibile percepire con distacco una storia che arriva così vicina.
Non c’era nessuno tranne lui sul palcoscenico, eppure c’erano tutti: uno alla volta, salvati dalla memoria di un giovane uomo che ricorda, tutti i Granata si fanno presenza, ombre che rimangono impresse sul fondale, voci senza corpo, fino a quando Tindaro, nuovamente solo, non ci apparirà più singolo, ma unione di storie, corpi, pulsioni delle generazioni che l’hanno preceduto.
Antropolaroid di e con Tindaro Granata
Rassegna IN.OFF Teatro Stabile del Veneto
visto al Teatro Goldoni di Venezia il 22 ottobre 2012