Debutta la nuova coreografia di Roberto Zappalà dedicata al mondo artistico di Auguste Rodin.
C’è nella danza contemporanea una struttura profonda di senso che, spettacolo dopo spettacolo, gesto dopo gesto, finisce spesso con l’essere attratta dalla dimensione metafisica (filosofica e tipicamente occidentale) dell’atto artistico: non la singola cosa bella, ma la “bellezza in sé”, non il singolo gesto o episodio coreografico bello o denso di senso, ma la “danza in sé”. Un’attrazione importante e che è particolarmente visibile nel percorso artistico (e di ricerca e di crescita umana) del coreografo catanese Roberto Zappalà, il quale, nel contesto della sua città e nella dimensione ormai pienamente internazionale del lavoro del suo ensemble, continua felicemente nella sua ricerca artistica. Particolarmente significativo appare in questo senso l’ultimo spettacolo che ha debuttato, in prima assoluta, a Scenario Pubblico giovedì 20 dicembre scorso.
Si tratta di “Rodin, l’uomo, la sua musa” la cui genesi è lo stesso Zappalà a spiegare: nel contesto della tappa parigina del suo ultimo tour, lui e i suoi danzatori sono stati particolarmente colpiti dalle sculture di Auguste Rodin (1840 – 1917), dalla dinamicità interna e implicita di quei corpi, dalla loro torsione vitale, dalla musa mobile e inquieta che li ha ispirati. E di qui, naturalmente, il tentativo d’interpretare con la danza questa esperienza estetica legata alla fruizione di quelle sculture. Un tentativo che Zappalà mette in atto e dispiega, per altro, mettendo a frutto una metodologia di lavoro che da qualche anno va affinando e concretizzando: ovvero una metodologia di continuo scambio e di intensa collaborazione creativa con i suoi danzatori che diventano coreografi e docenti di altri più giovani artisti della danza.
In questo caso specifico la regia e il disegno complessivo dello spettacolo sono appunto di Zappalà, le coreografie di Gaetano Badalamenti, Maud de la Purification, Alain El Sakhawi, Liisa Pietikainen, Roberto Provenzano, Fernando Roldan Ferrer, Ilenia Romano, i danzatori interpreti (tutti allievi del corso di perfezionamento “Modem pro”) Alessandra Bordino, Amalia Borsellino, Alessandra Contarino, Stellario Di Blasi, Francesca Di Tizio, Pau Estrem Tintore, Flaminio Galluzzo, Marta Galvez Moncasi, Laura Lo Piano, Luisa Memmola, Judith Nagel, Michela Silvestrin, Laura Zamora Soler, Valeria Zampardi; notevoli inoltre, il disegno luci curato, con Sammy Torrisi, dallo stesso Zappalà e le musiche di Steve Reich (bellissime, se questo aggettivo non fosse riduttivo per definire la complessità degli intrecci sonori di Reich) curate ed elaborate da Salvo Noto. Ma si diceva della dialettica serrata tra astrazione metafisica della danza e concretezza del singolo episodio coreografico: in questo lavoro è evidente che tale dialettica si mostra in tutta la sua fortissima tensione e nella serietà con cui attraversa l’elaborazione di questo artista.
I corpi scolpiti da Rodin cercano con veemenza di uscire da qualsiasi gabbia formale concettualmente autoritaria, da qualsiasi astrazione metafisica (astrazione che poi è il segno distintivo di ogni classicismo e neoclassicismo) ma, nello stesso tempo, proprio in (e per) questo sforzo, per l’intensità stessa di questa tensione (che è strutturalmente tragica) finiscono col realizzarne un’ulteriore e straordinaria possibilità. Così i danzatori di Zappalà, gesto dopo gesto, passo dopo passo, intreccio dopo intreccio, costruiscono e, immediatamente, decostruiscono la danza, danno vita a immagini tagliate nel buio dalla forza della luce, incarnano (ed in questo superano i confini dell’ autocitazionismo) e contemporaneamente allargano i confini tipici del linguaggio artistico di questo coreografo (le corse, le allusioni, gli agganci, l’ uso degli arti inferiori, i micromovimenti, le posture contratte, i passi a due appena accennati e poi il dispiegarsi e il respirare largo e corale della compagnia). Uno spettacolo che segna una tappa importante nel percorso di crescita e di autoconsapevolezza di questo coreografo e che è straordinariamente feconda di sviluppi. Uno spettacolo da correre a vedere.