MILANO – Alcune azioni sono ripetute come dei rituali seguendo un realismo estremo: bere il te, scrivere (con la penna o col computer, nel sesto capitolo, forse banale), sedersi su un’unica poltrona. In questa sorta di triangolo gestuale rassicurante, familiare si apre e si chiude continuamente il viaggio della straordinaria figura del romanzo di Virginia Woolf, che il monologo di Stefano Scandaletti “Orlando – Orlando” ha appena portato in scena al Teatro Elfo Puccini di Milano, per adattamento e regia di Stefano Pagin.
Tra quei tre punti, quasi fossero segni d’orientamento si scatena la fantasia, la corsa attraverso i tempi e gli spazi, i sessi e gli amori, più che alla ricerca alla felice perdita di identità. Basta un manto di seta per avvolgere il corpo seminudo dell’attore e trasformarlo in un cavaliere del ‘600 o in una dama dell’800, in ogni veloce passaggio trattenendo attorno al polso come una dimenticanza o un indizio un pizzo antico.
C’è senza dubbio la memoria dell’Amleto di Robert Wilson in questo trasformismo minimale che ricorre a pochi oggetti simbolici: qui sono la tazza, il manto, la poltrona già nominati, attorno ai quali si descrive, si traccia come vivesse nell’aria una storia, un incontro. Ma nel pezzo mostrato da Scandaletti il distacco dal personaggio supera l’intento narrativo, epico e si concede delle discese intime attraverso i pensieri detti ad alta voce e soprattutto in un movimento dei piedi come di inizio di danza o di sensuale contatto col terreno, a tastarne la fisicità prima del volo immaginario. Con leggerezza, padronanza del linguaggio del corpo, autoironia nell’intercalare il racconto con interiezioni proprie del dialogo tra sé e sé, dall’incitamento al conforto, l’attore trasmette allo spettatore una grande tenerezza creaturale, stratificata dall’originario atteggiamento dell’autore verso il personaggio, poi dell’interprete verso l’altro che vive attraverso di lui, infine della persona che egli stesso è, creando così specificamente per il teatro altre dimensioni che si intrecciano a quelle ricavate dal testo del romanzo. Un bel lavoro di umiltà, a servizio della scena e del pubblico che genera accoglienza.
Visto al Teatro Elfo Puccini di Milano il 3 aprile 2014