RUMOR(S)CENA – LIDO DI VENEZIA – È una ferita aperta che non rimargina e continua ad alimentare reazioni di delusione, nostalgia e anche feroci critiche rivolte a chi ha permesso di abbandonare al degrado, l’incuria e lo smantellamento di un complesso ospedaliero considerato il secondo più importante d’Europa del Ventesimo secolo. L’Ospedale al Mare al Lido di Venezia, un tempo vanto per l’eccellenza delle cure elioterapiche e considerato all’avanguardia per le terapie termali, oltre ad avere reparti specialistici per la poliomielite, l’ortopedia, la pediatria e la ginecologia. Migliaia di bambini venivano qui ricoverati e curati da medici e infermieri arrivati da altri ospedali, tanto era il prestigio dell’Ospedale del Mare, un presidio sanitario all’avanguardia in tutta Italia.
I veneziani non lo hanno dimenticato, a differenza degli amministratori e politici che si sono susseguiti negli anni fin da quando è stato chiuso. Venerdì 1 aprile si svolgerà una mobilitazione popolare organizzata da Venezia Verde e Progressista in programma alle ore 16 a Santa Maria Elisabetta in cui verrà presentata la richiesta di rivedere il progetto che prevede la realizzazione di due resort (THE e CLUB MED), ma la realizzazione è in una fase di stallo tra i soggetti coinvolti: il Demanio e e la Cassa Depositi e Prestiti. Il Movimento chiede di realizzare nuovi servizi sanitari per gli abitanti del Lido e dell’Isola di Pellestrina. Attualmente il distretto sanitario è ospitato nel Monoblocco (ex Padiglione Rossi) e il suo trasferimento in altra sede è sospeso. La variante del progetto prevede anche l’abbattimento di cinque ex padiglioni ma che sono sottoposti a vincolo.
Nel 2021 il Consiglio direttivo di Italia Nostra di Venezia rende pubblico in un comunicato stampa che il Tar del Veneto aveva accolto il loro ricorso “da noi presentato contro l’autorizzazione della Commissione regionale per il patrimonio culturale del Veneto alla demolizione di cinque padiglioni dell’ex Ospedale al Mare, che di fatto ne annullava il vincolo. I giudici hanno ravvisato l’esistenza di «esigenze cautelari», dichiarando che le «questioni prospettate necessitano approfondimento». La proprietà (Cassa Depositi e Prestiti, quasi interamente partecipata dal Ministero dell’economia e delle finanze), attendendo il giudizio di merito fissato nel primo trimestre 2022, non può procedere ad alcuna demolizione, ma può procedere con il progetto, che non è ancora definito (….)”.
Italia Nostra segnala anche che “Il Mibact e la proprietà hanno dovuto depositare al Tar, il ‘ dibattito pubblico’ previsto dall’art.25 del Protocollo d’Intesa sottoscritto da Comune, regione e Cdp il 14 giugno 2019, e che il Sindaco Brugnaro non ha mai voluto avviare, e per organizzare un convegno sull’opera dell’ingegner Antonio Spandri, progettista del nucleo originario dell’Ospedale (….)”. Un altro dato non trascurabile su cui verte il ricorso è che “l’insieme dell’Oam è sottoposto a vincolo apposto nel 2008 quale complesso di valore architettonico oltre che testimoniale di una cultura sanitaria, frutto anche di donazioni private e talora perpetue, e che beni vincolati per legge non si possono abbattere”.
In un precedente comunicato emesso nel dicembre del 2020 viene segnalata la “Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale del Mibact (Corepacu) ha autorizzato Cassa Depositi e Prestiti (proprietaria del complesso) “a demolire 5 edifici vincolanti dell’ex Ospedale al Mare al Lido di Venezia ci ha lasciati interdetti. Gli edifici a cui è stata autorizzata la demolizione sono i seguenti: Padiglione Vicenza, Padiglione Verona, Padiglione Venezia, Padiglione Belluno e Padiglione Orfani di Guerra. Si tratta di di edifici dichiarati tutti di interesse culturale (…) e interessanti esempi di architettura del primo novecento”.¹ Dopo aver pubblicato le foto su rumor(s)cena, di quello che resta dell’Ospedale del mare, scattate durante un sopralluogo nel mese di febbraio del 2021, i commenti sulla pagina facebook: “Insieme per il Lido di Venezia e Pellestrina”, non si sono fatti attendere: “L’ospedale al mare è stata una autodistruzione non comprensibile. Fino al giorno di chiusura era efficiente e non aveva bisogno di interventi manutentivi. È stato un furto a noi tutti, fatto da incapaci e maledetti politici” scrive Roberto Clocchiatti. “Io ho passato la mia giovinezza lavorando in questo ospedale che era la bellezza più grande e vederla distrutta così fa male chissà perché abbiamo politici ed amministratori così incapaci” è il commento di Graziella Peroni che è stata infermiera professionale caposala in medicina e riabilitazione cardio respiratoria: “Funzionava tutto a meraviglia, ci sono passati medici di grande capacità ed esperienza. Era in assoluto all’avanguardia in alcuni settori della medicina. Ed è stato abbandonato, come altri, per una scelta politica che aveva deciso di raggruppare tutto in mega ospedali dove regna la burocrazia e che ha segnato l’inizio delle lunghe, interminabili attese”.
È il giudizio di Sandro Trevisan che vale più di ogni altra considerazione per la sintesi perfetta nel descrivere il fallimento delle politiche comunali, regionali e statali nel riuscire a distruggere un bene collettivo e indispensabile per la sanità, e la vita di un’isola come il Lido, la stessa città di Venezia che ha abdicato in nome dello sfruttamento turistico di massa, senza comprendere come: “La cosa triste è che in una città come Venezia, visitata ogni giorno da migliaia di persone e con manifestazioni come la Mostra del cinema che ne richiama altrettante, non abbia per niente dei servizi sanitari .Se qualcuno si sente male rischia la vita prima di essere soccorso, trasportato al Civile, ammesso che si sia posto e che sia dotato dell’attrezzatura necessaria, oppure all’Angelo” (ospedale di Mestre, ndr), è quanto scrive Daniela Mazzini.
Anche i medici insorgono dopo aver visto lo scempio di quello che resta, documentato da uno sconvolgente reportage fotografico di Luca Marella, che ci ha concesso generosamente la pubblicazione delle sue fotografie scattate nelle sale operatorie abbandonate, gli ambulatori e le degenze, in cui si possono notare le cartelle cliniche dei pazienti abbandonate, materiali e strumenti sanitari usati fino all’ultimo giorno di lavoro, come se da un istante all’altro il personale sanitario fosse fuggito all’improvviso.
“Io ho lavorato agli Orfani in laboratorio con il professore Martelli e il dottor Cosentino, due medici fantastici con tecnici stupendi come Ferruccio e Egidio e Silvano Deon e con colleghi che mi hanno aiutato moltissimo”, scrive Renato Vianello di professione infermiere. “Mio suocero, il professor Corso Ciceri è stato il primario chirurgo in questo ospedale negli anni d’oro nei quali arrivavano prenotazioni per consulti e interventi da tutta Italia. Tali e tante erano le richieste che non esistevano orari fissi di lavoro ma solo un orario continuato che talvolta non consentiva un necessario riposo. Tra il personale medico c’erano nomi che sono rimasti tra gli annali storici della scienza, le cui preziose pubblicazioni ancor oggi fanno parte del bagaglio universitario. Tutto perduto, anche l’umanità varia che aveva forgiato un grande polo di conoscenza e civiltà”.
Sono le parole di Elena Dusso Ciceri. Una testimonianza come questa dovrebbe far vergognare chi ha permesso una perdita di tale portata, mentre, al contrario, nonostante diverse inchieste sui giornali, prese di posizione da parte di movimenti spontanei della popolazione, appelli ad una riqualifica dell’Ospedale del Mare e in alternativa almeno un tentativo di bonifica e conservazione di un complesso monumentale qual è, nulla è stato fatto.
Commenti che si sono susseguiti per giorni creando una sorta di catena che appare come una sollevazione popolare, segno di una sensibilità difficile da evitare, anche per chi nelle stanze del potere fa orecchio da mercante: “Per fortuna questa giunta maledetta – e anche quelle precedenti – non vi ha ancora abbattuto il Monoblocco padiglione Rossi, il quale serve a Lido. Ridateci l’Ospedale al Mare, il Teatro Marinoni e la Chiesetta”, scrive Valeria Dalle Vacche Joval e “C’era una volta: l’ospedale al mare, il casinò, la pineta, la fontana con le pietre colorate, c’era la terrazza a mare, gli alberghi di lusso e chi veniva a fare i film. ( Morte a Venezia) Ora non ci resta che la nostalgia e le lacrime”, è il caustico commento di Patrizia Sauri.
Anche Sandro Trevisan descrive con precisione quanto è stato sacrificato: “Funzionava tutto a meraviglia, ci sono passati medici di grande capacità ed esperienza. Era in assoluto all’avanguardia in alcuni settori della medicina. Ed è stato abbandonato, come altri, per una scelta politica che aveva deciso di raggruppare tutto in mega ospedali dove regna la burocrazia e che ha segnato l’inizio delle lunghe, interminabili attese”. “Il mio primo lavoro di medico … era una cittadella .. pure col fornaio .. quanti ricordi profumati di mare e di giovinezza … una ferita vederlo così …”, commento poetico se non fosse tragico nella sua descrizione scritto da Maria Scalari.
Nel 2012 Tello De Marco pubblica su https://no-miedo.blogspot.com/2012/12/venice-ex-ospedale-al-mare un’inchiesta sulla devastazione dell’Ospedale (documentato anche dalle fotografie di Luca Marella) in cui scrive: “Nel 2003, dopo proteste dei veneziani, scioperi della fame, falò, e cordoni umani per difendere l’orgoglio di Venezia, esattamente il 2 Ottobre, si spengono le luci degli ultimi reparti dell’Ospedale al Mare. Vengono chiuse solo quelle, perché invece rimangono aperte porte e finestre, attraverso le quali oggi, riescono ad entrare nei vari padiglioni persone bisognose, o peggio professionisti del furto del rame”. Anche nel 2021 i vari padiglioni sono “abitati” da emigrati irregolari, persone senza fissa dimora, tossicodipendenti, la cui presenza è testimoniata da tende, rifiuti, vestiario appeso alle grate, luci di torce e candele la notte. “Io ho passato la mia giovinezza lavorando in questo ospedale che era la bellezza più grande e vederla distrutta così fa male chissà perché abbiamo politici ed amministratori così incapaci”, scrive Graziella Peroni.
Maria Luisa Cantoni: “Venivano a curarsi da tutta Italia tanta era l’efficienza dell’ospedale”. Risale al 1933 la sua fondazione per Decreto Regio sul terreno dove era stato edificato in precedenza l’Ospizio Marino nel 1922 su 250mila metri quadrati e in poco tempo diventa il centro sanitario per curare migliaia di piccoli pazienti grazie al clima che favoriva la possibilità di ricevere beneficio per le patologie tra cui la scrofolosi (adenite tubercolare). Qui esercitano la professione medica i migliori specialisti che chiedono di essere trasferiti all’Ospedale del Mare. Il 2003 cessa definitivamente la sua attività lasciando i reparti in preda a saccheggi, occupazioni abusive e deterioramento progressivo fino a quanto è possibile osservare ai giorni nostri.
¹ Italia Nostra (23 dicembre 2020)
1) i Padiglioni Verona e Vicenza sono estremamente rilevanti per la storia delle istituzioni collettive sanitarie, in quanto furono i primi realizzati anche con finanziamenti privati (in cambio il reparto venva intitolato alla città di provenienza e veniva riservato un numero di posti letto); il Padiglione Verona fu anche il primo ad ospitare tubercolotici di ogni età; per cinquant’anni, infatti, l’ospizio marino era stato adibito esclusivamente alla cura dei bambini e l’introduzione degli adulti segnò la sua definitiva trasformazione da ospizio in ospedale.
2) Il Padiglione Orfani di Guerra (1933) ha una caratteristica forma a “L” con due spettacolari loggiati ai piani secondo e terzo chiusi da una balaustra che non hanno similitudini in altre parti del complesso monumentale.
3) Il Padiglione Venezia, realizzato tra il 1923 e il 1924 su progetto dell’ingegnere Antonio Spandri, è una delle costruzioni che meglio hanno conservato le loro caratteristiche rispetto all’originaria realizzazione. (Il Consiglio direttivo della Sezione di Venezia di Italia Nostra)
All’interno del complesso monumentale dell’Ospedale al Mare di particolare pregio architettonico, storico, culturale, e ora ridotto in condizioni fatiscenti, c’è anche il Teatro Marinoni che faceva parte integrante dei servizi sanitari per offrire momenti di svago ai bambini ricoverati e al personale medico e infermieristico che ci lavorava. Costruito in stile Liberty il cui soffitto affrescato dall’artista Giuseppe Cherubini, pittore veneziano appartenente alla “Scuola di Burano”, ha subito la stessa sorte di tutti gli altri edifici che componevano una vera e propria cittadella sanitaria. “Teatro Marinoni, particolare del soffitto dipinto da Giuseppe Cherubini, valente pittore veneziano appartenente alla famosa “Scuola di Burano” (Ancona 1867 – Venezia 1960) frequenta a Roma l’Accademia di Belle Arti e successivamente decora il famoso Caffè Aragno. Dal 1902, come pittore, a Venezia esegue opere di grande valore in alcune chiese e nei teatri Malibran e La Fenice. Importanti anche alcune opere realizzate nella Chiesa del Santo a Padova ed ad Aquileia.
Di grande rilievo sono anche i lavori di restauro eseguiti nella Chiesa dei Frari a Venezia, nel Duomo di San Giusto a Trieste, nella chiesa di Sant’Andrea a Chioggia ed in quella di Biadene a Montebelluna.
Partecipò alla Biennale di Venezia nel 1905 e nel 1926. Ha esposto in città quali Londra, Berlino, Monaco di Baviera, Venezia, Roma e Monza. Nel 1947 Venezia gli riconosce la cittadinanza onoraria” (dalla pagina facebook del fotografo Luca Marella).
Nel 2011 il Teatro fu occupato in segno di protesta per il suo stato di degrado e abbandono, da parte del Movimento del Teatro Valle Occupato di Roma in concomitanza della Biennale Cinema che si stava svolgendo. La protesta voleva richiamare l’attenzione delle istituzioni presenti al Lido al fine di sollecitare l’avvio di lavori per la sua messa in sicurezza. Una promessa non mantenuta che era stata offerta in cambio dello sgombero poi avvenuto in cambio della garanzia della sua salvaguardia. Tra i commenti che sono apparsi, sempre sulla pagina “Insieme per il Lido di Venezia e Pellestrina”, c’è anche quello di Maria Grazia Delrio che scrive: “ Al Teatro Marinoni ricordo quanti ospiti venivano e tra questi ci fu anche Adriano Celentano e il suo clan”.
Nonostante le ripetute denunce alle autorità competenti, il Coordinamento delle associazioni ambientaliste del Lido, non è stato fatto nulla per evitare il progressivo deterioramento dell’immobile che di proprietà del Comune di Venezia. Daniele Frison documentarista di Venezia ha realizzato “Prossimi al mare” un docu-film che testimonia con immagini e testimonianze preziose di quello che era luogo d’arte e cultura in cui tanti artisti famosi si erano esibiti.