“Il teatro non è indispensabile. Serve ad attraversare le frontiere fra te e me.” – Jerzy Grotowski
SANTES CREUS (Aiguamurcia, Catalunya, Spagna) – Un castello medievale e un monastero reale, un tempo residenze di nobili e di monaci. Il maniero si trova a Montefiore Conca in provincia di Rimini, il secondo in Catalogna, nella provincia di Tarragona, una comunità autonoma spagnola situata all’estremità nord-orientale della penisola iberica, tra i Pirenei e il Mediterraneo. Barcellona è il capoluogo.
È qui che l‘Atelier della Luna, un’associazione internazionale di formazione di alto livello dedicata al teatro di figura e di circo contemporaneo, dedita anche all’insegnamento, ha dato modo ad un gruppo di allievi di conoscere i segreti e le tecniche per diventare artisti. Una scuola senza frontiere in grado di coordinare in patria e all’estero workshop incentrati sulle tecniche di costruzione e corsi di formazione per attori. Allievi ospitati in residenze architettoniche e storiche dove ci si può isolare dalla vita quotidiana, favorendo scambi interculturali ed esperienze artistiche con esperti e maestri di teatro di figura, come è accaduto nel Monastero di Santes Creus quando è arrivato da Praga Matěj Forman, per condurre il Forman Brothers Theatre che ha visto il suo esito finale il 20 luglio scorso con una rappresentazione finale del Masterclass dal titolo: “Momenti”.
Giovani guidati da un’equipe di specialisti hanno dato vita ad una creazione suggestiva con l’ausilio delle arti teatrali visuali. L’Atelier della Luna è diretto dall’italiano Luca Ronga e dal catalano Eudald Ferré Serra, due artisti di teatro di figura a loro volta, affiatati e “complici”nel creare esperienze per chi è interessato a questo particolare settore del teatro. Luca Ronga è considerato tra i più bravi interpreti di Pulcinella – burattino, vincendo premi e riconoscimenti in molti festival e nazioni di tutta Europa. Per questo workshop hanno richiesto la competenza di Matěj Forman, figura di riferimento internazionale per il teatro di figura. Nato nel 1964 a Praga ha un fratello gemello ed è figlio del celebre regista Miloš Forman, autori di capolavori cinematografici come “Qualcuno volò sul nido del cuculo” e di “Amadeus”, film pluripremiato con gli Oscar. Matěj nel 1980 insieme al fratello Petr ha fondato il Teatro Forman Brothers. Il duo dei “Fratelli Forman” divenuto famoso in tutto il mondo, in grado di progettare, costruire, manipolare pupazzi e oggetti animati, dando vita a spettacoli itineranti e poetici. Loro stessi sono attori-marionettisti capaci di manipolare altri attori di legno, eseguire rapidi cambi di scena, diventando insieme ai burattini come dei “doppi dei personaggi”.
In uno spettacolo tenutosi in Italia nel 2012 i fratelli Forman fecero questa dichiarazione: «Con noi il palcoscenico diventa un luogo sacro, un mondo d’ altri tempi, dove l’ arguzia e l’ umorismo sono le armi vincenti». Il Forman Broters Theatre workshop è stato condotto da Matěj Forman insieme ai suoi collaboratori Andrea Sodomková, Veronika Švábová, Martin Lhoták, Anna Krtičková, Irena Vodáková. Per il masterclass l’Atelier della Luna ha scelto il “Reial Monestir de Santa Maria de Santes Creus”, (in lingua catalana), un monastero cistercense costruito all’inizio del dodicesimo secolo, eretto nel territorio della città di Aiguamurcia, (provincia di Tarragona). Divenuto nel tredicesimo secolo, su volere di Pietro III di Aragona, anche il pantheon reale dove è sepolto insieme al figlio Giacomo II di Aragona. Residenza estiva dei reali raggiunse il suo massimo splendore e potenza, grazie alle numerose donazioni ricevute fino al 1340, quando Pietro IV di Aragona decise di trasferire pantheon reale in un altro monastero.
Nel 1835 la comunità di frati abbandonò l’edificio divenuto “Monumento Nacional con decreto regio” (Real Orden) il 13 luglio 1921. È l’unico monastero incluso nella “Ruta del Cister”nel quale non è presente vita monastica. Vi sono sepolti reali e nobili spagnoli ma anche italiani, tra cui la regina Bianca di Napoli e l’ammiraglio Ruggiero di Lauria. Tombe reali di marmo imponenti e tra queste quella della “Reina Bianca d’Anjou”, deceduta a causa del parto e ritrovata in un pozzo del monastero. Una macabra scoperta di cui non si conosce la reale causa dell’occultamento del cadavere. Uno mistero che aleggia da secoli dove vivevano frati circestensi e nobili della corte reale insieme. La chiesa all’interno del monastero contiene pale d’altare, paramenti preziosi, uno sfavillare di oro e argento, candelabri, sculture mitologiche, architetture che attraversano stili differenti. Qui si è svolto il corso di alta formazione a cui hanno partecipato giovani provenienti dall’Algeria, Spagna, Italia, Inghilterra e perfino dall’Australia. Sono Mercedes Tienda Braulio, Isabel Muñoz Rodríguez, Glòria Arrufat Carrasco, Marc Raventós Pagès, Laura Galli, Carlos Martínez Cazalilla, José Antonio López Parreño, Mª Inmaculada Reyes Palomar Barroso, Pere Vidal Domenech, Aleix Vallverdú Palau, Lilith Schaap, Mina Ledergerber, Andreu Martínez Costa, Anne-Natacha Oriano.
Giovani entusiasti nel partecipare ad un’esperienza di vita comunitaria in cui credere, non solo per acquisire competenze tecniche professionali e artistiche, ma anche come crescita umana. Luca Ronga uno dei due coordinatori dell’Atelier della Luna lo abbiamo incontrato nei primi giorni del laboratorio durante la visita al monastero. «Il nostro lavoro si svolge su due sedi e l’attività artistica viene condivisa come anche la parte economica. Lavoriamo affinché si possano trovare delle piccole strategie per costruire dei gruppi che diventino duraturi o momentanei, in evoluzione ma senza farli divenire istituzionali. Il pensiero dei teatranti è quello di Leo de Berardinis quando sosteneva che i politici devono stare fuori dal teatro.
L’attore – spiega Luca Ronga – deve essere come un mecenate, dentro al lavoro sociale e noi artisti non vogliamo avere a che fare con la politica. Noi crediamo nella libertà creativa del nostro lavoro. In Italia lavoriamo purtroppo in un sistema teatrale dove ci sono direttori di 50, 60 anni e lo scarto generazionale tra i giovani e loro è così ampio che si fa fatica a far comprendere come sia importante anche il teatro di figura. Qui in Spagna è più facile vedersi riconoscere i talenti, le professionalità italiane. All’Istituto del Teatro di Barcellona tra le discipline che vengono impartite c’è anche quella del teatro di figura, una scuola di primaria importanza per il teatro, mentre in Italia alla Paolo Grassi di Milano non esiste un corso di questo genere».
Il teatro visuale è una particolare arte teatrale che utilizza burattini, marionette, pupazzi, ombre, come protagonisti dello spettacolo stesso caratterizzato da un linguaggio prettamente visivo e sensoriale.Vedere all’opera Matěj Forman quando spiega agli allievi come farsi suggestionare dallo spazio monastico e trovare le ispirazioni necessarie per la creazione artistica, è un’occasione da non farsi sfuggire. La sua calma interiore, l’esperienza acquisita, il talento innato, gli permette di insegnare, consigliare, suggerire, sempre con il sorriso e la pazienza di chi sa formare i futuri artisti, facilitati se vivono in paesi come la Spagna o altri stati, molto meno se abitanti in Italia.
Matěj Forman dopo una giornata trascorsa nel farsi suggestionare dalle imponenti architetture sacre facendo dei sopralluoghi e seguendo tracce immaginarie – per evocare sensazioni, emozioni da materializzare e costruire – affidando ai suoi collaboratori la parte pratica del lavoro, ci spiega il senso artistico e culturale del laboratorio. «La questione importante è quella di prestare molta attenzione nel lavoro che facciamo con questi allievi, al fine di ispirarli alla preparazione. Insieme a Luca Ronga e Eudald Ferré Serra abbiamo immaginato due fasi per i partecipanti. Una è quella di farli partecipare ad un’esperienza dove apprendere le tecniche e la fabbricazione di scenografie e burattini, l’altra è creare la possibilità di lavorare in gruppo e alla performance finale, partendo dalla conoscenza dei diversi angoli dell’atelier e negli spazi a disposizione. I ragazzi apprendono l’arte del modellaggio di materiali come l’argilla, la cartapesta, il disegno e la pittura di bozzetti, lavori con il legno. I primi insegnamenti per costruire delle marionette a filo. Agli allievi spiego come io intendo procedere e come poi comunicare agli spettatori e lascio a loro la libertà di esprimere come vogliono raccontare la storia animata e figurata».
Forman ha pensato anche al tema da sviluppare dando indicazioni di merito al gruppo di aspiranti artisti, alcuni di loro già con esperienze pregresse. Le suggestioni ricavate dallo sguardo nelle sale, nei chiostri, nelle stanze oscure come la prigione nera, buia, umida, dove venivano reclusi i condannati, la sala del Capitolo, le cappelle votive, il palazzo reale decorato con affreschi sui soffitti di legno, si univano alla Creazione divina e quindi cattolica cristiana, insieme a quella degli aborigeni e del popolo dell’Amazzonia. «Sono tre storie diverse della Creazione della vita pensate per offrire la diversità e per andare oltre i limiti della religione. Un’analisi per comprendere come ogni cultura e popolo vede la Creazione. Quella degli aborigeni e degli indiani dell’Amazzonia sono per noi che le ascoltiamo e leggiamo qualcosa di favolistico mentre per questi popoli non sono considerate delle favole ma qualcosa di molto realistico. Per il nostro lavoro della Creazione – spiega ancora Forman – ho pensato ad immagini astratte, ombre e luci, l’oscurità, spiriti fluttuanti, immaginazione libera, figure di animali, l’universo stesso, la natura e le cose concrete dell’essere umano.
Stimolo gli allievi attraverso tutte le tecniche a nostra disposizione per creare diverse immagini. Ma all’ispirazione comunque c’è un limite, la stessa libertà ha sempre un limite. Mi sono chiesto cosa vogliono questi ragazzi, che aspettative hanno, cosa desiderano immaginare. Nessuno di loro è interessato solo alla teoria, alla creazione delle storie e al lavoro con i burattini. Quasi tutti i partecipanti hanno risposto al questionario che è stato inviato per capire le loro motivazioni, che la cosa più importante è lavorare insieme. Serve per parlarci e conoscerci e confrontare le aspirazioni di ognuno di loro, comunicare serve a formare il gruppo, far conoscere la propria personalità, svilupparla. Il primo compito dell’artista è proprio questo»
Vedere i giovani intenti a creare maschere animali, scenografie, oggetti per la rappresentazione finale, con un entusiasmo che non conosce mai la stanchezza e la fatica è la prova di quanto il loro Maestro sa trasmettere alle nuove generazioni. Ragazzi e ragazze animati da uno spirito di corpo e dalla passione per un’arte che non deve scomparire bensì trovare spazio e interesse nei festival e nelle stagioni di teatro, così come accade in Spagna, Francia e all’estero rispetto all’Italia, poco incline a favorire un’arte scenica antica. Tra i componenti del gruppo c’era anche Laura Galli originaria di Ancona ma residente in Spagna dal 2008, grazie ad una borsa di studio, allieva dell’ Accademia delle Belle Arti di Macerata. Esperienze nel settore del sociale, ha partecipato a laboratori artistici con persone che vivono un disagio sociale. Il suo interesse è rivolto anche al campo delle arti terapie e ha frequentato l’Università della Mursia. La sua testimonianza ci dice come è arrivata a questo tipo di esperienza e quali sono state le sue scelte artistiche. «A Granada ho partecipato ad un master di tre anni per acquisire le tecniche di arte plastica come strumento terapeutico nel lavoro di assistenza ai disabili per persone affette da una forma di autismo leggero. Soffrono anche di problemi di relazione e devono imparare ad empatizzare. Un’esperienza sociale unita a quella artistica. Io utilizzo i burattini come strumento terapeutico. Dopo aver frequentato la Scuola di teatro di Granada mi sono trasferita a Barcellona per seguire su invito di Pepe Otal il suo lavoro alla “Casa Taller de Marionetas”, dove ho lavorato con i burattini senza fili».
Laura Galli è una giovane artista molto intraprendente che l’ha portata anche in Sudamerica: «Sono stata chiamata in sostituzione di una collega che doveva fare uno spettacolo di marionette in Francia, da qui siamo andati in Sudamerica dal mese di Febbraio del 2013 fino a quando sono tornata a giugno di quest’anno. Abbiamo realizzato uno spettacolo su un camion attrezzato girando molti stati. Dal Messico all’Argentina. In questi paesi non conoscevano le tecniche di costruzione delle marionette di Pepe Otal». Laura Galli insieme ai suoi compagni di corso si è fatta suggestionare dalle storie delle diverse Creazioni e dalle atmosfere mistiche del monastero, dove era facile subire il fascino di simbologie ancestrali che prendono forma di esseri umani, maschere grottesche, rielaborate secondo la fantasia creativa degli allievi. L’ispirazione nata da lunghe discussioni e dalla scrittura di proposte sceniche da discutere con Matěj Forman. “Il mondo dei burattini è una grande famiglia” ci dice ancora Laura. Una famiglia di giovani e adulti che ha dato vita alla rappresentazione finale del Forman Brothers workshop, seguita da più di 400 spettatori.