BOLZANO – I cavalieri è una commedia di Aristofane, andata in scena per la prima volta ad Atene, in occasione delle Lenee del 424 a.C., (feste che si svolgevano ad Atene e dedicate al dio Dioniso Leneo) vincendo il primo premio come migliore commedia. L’autore oltre ad averla scritta scelse anche di recitarne una parte, esordendo per la prima volta come attore, forse costretto dal rifiuto da parte di altri attori di interpretare il personaggio di Paflágone, ispirato a Cleone, il politico maggiormente in vista ad Atene. La trama de I cavalieri è pensata come una metafora feroce e critica contro la classe politica ateniese.
Giovedì 3 maggio alle 20.30, I cavalieri va in scena al Teatro Studio del Comunale di Bolzano con la regia di Roberto Cavosi, su indicazione del pubblico che l’aveva votato nel mese di ottobre del 2017, in occasione di Wordbox Arena “lo spettacolo lo decidi tu” durante il match teatrale nel quale si sfidavano tre testi (Miguel de Cervantes, Lorenzo Garozzo, e appunto, Aristofane).
Durante una pausa delle prove il regista ci ha rilasciato un’intervista che si trasforma in un’amabile conversazione, dove spiega come è arrivato a scegliere di affrontare una delle commedie più celebri del drammaturgo greco.
«Qualche anno fa lessi per piacere I cavalieri di Aristofane, non conoscendo la commedia mi colpì la modernità del testo così rappresentativo, tanto da essere paragonato al nostro periodo sociale e politico. Ritengo che il Teatro Greco sia meraviglioso e moderno da tramandare ai giorni nostri. Io ho diretto al Teatro Biondo di Palermo nel 2015 “ I persiani a Caporetto”, un adattamento dalla tragedia di Eschilo (rappresentata per la prima volta nel 472 a.C , l’opera teatrale più antica che sia pervenuta a noi, ndr), ed è incredibile come l’autore abbia colto la bassa demagogia di allora che rispecchia esattamente quella attuale». Nei Cavalieri recitano Antonello Fassari, Fulvio Falzarano, Giancarlo Ratti, Andrea Castelli, Emanuele Dell’Aquila, Michele Nani, Mario Sala, Loris Fabiani e Sara Ridolfi, le scene sono di Andrea Bernard, i costumi di Elena Beccaro, le luci di Massimo Polo.
Lo spettacolo resterà in scena fino al 20 maggio.
«Paflágone rappresenta Cleone, il bersaglio principale della commedia, un dittatore eletto dal Popolo che lo aveva amato per poi detestarlo, stanchi dei suoi soprusi. La loro ribellione li porterà a di cercare un demagogo ancora più volgare e dispotico a cui affidarli il potere. Questa caratteristica appartiene di fatto al vero politico e la commedia ci dice, appunto, come sia pericolosa la demagogia del potente di turno – ci spiega il regista – dove le sue caratteristiche sono quelle di essere becero e truce. Viene scelto un salsicciaio spalleggiato dagli Onesti (che sono i Cavalieri) e dai servitori del Popolo mentre Paflágone cerca in tutti i modi di difendere la sua posizione e gli interessi commerciali facendo il pellaio e unico fornitore delle pelli all’esercito. Un appalto di tali dimensioni da farlo diventare ricco sfondato. Il paragone per chi detiene il potere politico oggi e ha gravi conflitti d’interesse è evidente, con l’unica differenza, rispetto alla contemporaneità, che Cleone andava in battaglia dove perderà la vita. Non si sottraeva al rischio di combattere in prima persona. Questo però non lo racconto nello spettacolo – prosegue Cavosi – scegliendo di tradurre adattando il testo, anche perché Aristofane nei Cavalieri si esprime con un turpiloquio scurrile e dozzinale e la traduzione letterale d’oggi sarebbe di difficile comprensione».
C’è una battuta nel testo dei Cavalieri che dice: “Insultare la gentaglia non è una colpa, ma un servizio che si rende alla gente onesta.”
Il salsicciaio appoggiato dai cavalieri affronta il suo rivale con le minacce, gli insulti, aggressioni fisiche, e alla fine avrà la meglio, vincendo anche grazie ad un’oratoria che rivela la sua demagogia di basso profilo. «Aristofane era molto legato alla classe dei Cavalieri e li ammirava, gli unici che conservavano ancora l’integrità morale. Io ho tolto queste parti dalla commedia perché si allontanavano verso altri percorsi. In questa mia scelta ho conservato tutto il divertimento, l’ironia graffiante e ho scelto di ambientare la vicenda in una sorte di periferia universale, come qualcosa di simile ad un cartone animato. È difficile trovare in Aristofane il giusto equilibrio perché sa parlare ancora a noi e dice la sua nel descrivere l’agone tragico. La sua commedia aveva vinto perché era sua intenzione scrivere per vincere».