Teatro, Teatrorecensione — 02/06/2014 at 08:57

La fine non è il mio inizio

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CASTROVILLARI – La protesta è in atto. E da diverso tempo. Le frasi sono taglienti, come sempre, l’ironia non è borghese. Non c’è più tempo da perdere, non hanno più tempo da perdere. Per questo sono più liberi che mai, di dire, fare, senza baciare, ma facendo lettera (scarlatta) e testamento (senza eredi). In definitiva i Quotidiana.com (non ci stancheremo mai di sottolineare l’illuminazione che ogni volta dona il nome, così dentro i tempi ma anche così maledettamente ossimorico tra la realtà del reale e l’iperespansione illusoria del virtuale) portano in scena sempre lo stesso spettacolo (nel filo dei recenti “Tragedia tutta esteriore” a “Sembra ma non soffro” fino a “Grattati e vinci”, finalmente pubblicati nel volume “Trilogia dell’Inesistente”, L’Arboreto edizioni). O una sua concatenazione. Riflessioni in successione, a scansione, ad emissione di gas, a catena di montaggio, a valanga nel loro ultimo “L’anarchico non è fotogenico”, primo capitolo della nuova trilogia “Tutto è bene quel che finisce, sempre drastici e caustici.

Quotidiana
C’è del pensiero in quel di Rimini. Freddi come cow boy, uno davanti all’altro si sparano pallottole lentissime che vanno comunque a colpire il bersaglio. Qui non ci si scansa ma si apre il petto per l’impatto. Che la fuga è dei mediocri. Ma non si può parlare nemmeno di coraggio, che sarebbe troppo militaresco e guerreggiante, guerrafondaio e destrorso. Qui la Resistenza ha fatto il giro di boa: non è più passiva gandhiana ma nemmeno alla baionetta impugnata contro il nemico. Quest’ultimo si combatte regalandogli il disagio nel vederci ancora solerti e per niente abbattuti né arrabbiati molesti, si combatte con lo stare ancora, con l’esserci, anno dopo anno, a vegliare, più che vigilare o controllare, che dovrebbe essere roba da giornalisti, quando fanno il loro mestiere.

quotidiana 2
I Quotidiana (Roberto Scappin dà i ritmi, Paola Vannoni le stoccate sferzanti) hanno i pantaloni neri, perché con le gambe, come tutti noi, stanno ben piantati nel fango dell’oggi che sporca ogni passo in quest’incedere per non cadere a pelle di leone, e la camicia bianca, i polmoni, il respiro, lo stomaco, il cuore puliti pronti a scavalcare, a correre, a pulsare di nuovo. Il bianco e il nero, il bene e il male, trasversalmente. Vagamente bergonzoniani, riescono ad alleggerire la tragicità dell’esistenza, a sdrammatizzare il quieto vivere, ad appesantire di profondità in 3D le amenità frivole comuni dell’essere umano di sinistra, quello che si sente più vicino al celestiale perdono per i suoi peccati terreni. Il sarcasmo è sottile, ma attenzione, è un gancio, un amo per condurci nel loro british, politicamente scorretto (finalmente in questo mondo marchiato di insano buonismo), in quella lenta pensosità che snerva e sfibra l’avversario.

Quotidiana 3
La staticità viene interrotta da piccole coreografie, sinossi schematizzate di gesti ed attimi consueti, quelli in cui ci sentiamo, ci inventiamo, di essere felici. La loro è una cantilena senza scarti, monocorde, come lo è la vita nella sua scarnezza, nella sua essenzialità, ripulendola da falsi miti ed obblighi, bisogni indotti e certezze vane. Qui tutto sta crollando, ce lo dicono piano, non come sciabolata urlante che allerta ma come coltello che entra piano nell’intestino mentre l’assassino guarda negli occhi la vittima esterrefatta ordinandogli dolcemente il silenzio. Il rigore dell’impotenza, dopo l’iniziale divertito riso, ha il sapore di ferro e malinconia nella secchezza delle schermaglie verbali.

Quotidiana 4
C’è amarezza nelle loro parole, che parlano di fine, ma non infelicità, un non-sense, mai demenziale e fintamente piatto, di fondo che assume significati sempre nuovi, apre finestre alle idee donchisciottiane, continuamente sconfitte e perdenti e proprio per questo invincibili, inafferrabili ed indomite. Non li compri i Quotidiana. Le loro pause celentanesche, i loro silenzi che dovrebbero allarmare sono eloquenti. La loro retorica è la flemma, la loro dialettica un gioco-meccanismo che ti obbliga a mettere in moto i neuroni che si erano nascosti dietro l’ennesimo spritz. Teatro politico nel senso più alto, e nobile, della definizione.

“L’anarchico non è fotogenico”, I Capitolo della trilogia “Tutto è bene quel che finisce”. Produzione: Quotidiana.com. Con il sostegno di Provincia di Rimini, Regione Emilia Romagna, in collaborazione con Armunia/Festival Inequilibrio, La Corte Ospitale/progetto residenziale. Visto al festival “Primavera dei Teatri”, Castrovillari (Cosenza), il 31 maggio 2014.

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