Chi fa teatro, Teatro — 02/08/2014 at 16:13

Collinarea: l’urgenza di raccontare le inquietudini di oggi

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LARI (Pisa) –Che il festival diventi una sorta di giostra delle anime, quelle che vivono e attraversano la scena per poi scenderne e continuare a mettersi in gioco, tra la gente che viene a vedere lo spettacolo e con gli artisti che condividono questo unico, grande palcoscenico che è Lari”. Sfogliando il programma del Festival edizione numero 16 di Collinarea nella prima pagina si legge questa sorta di annunciato alle proposte teatrali di Scenica Frammenti (diretta da Loris Seghizzi)  e Fondazione Pontedera Teatro. Un festival che si congeda oggi 2 agosto durato 9 giorni con l’evento straordinario dedicato a Lari: “INAREA, Il VOLO” , un Castello errante. Alle 21.30 cinquanta artisti , allievi dei laboratori gestiti durante il festival , e gli stessi abitanti del paese, daranno vita ad una performance spettacolare ispirata alla poetica del celebre autore e regista di animazione Hayaao Miyazaki, su idea di Sabino Civilleri e Emanuela Lo Sicco.

Prove del laboratorio di Carrozzeria Orfeo
Prove del laboratorio di Carrozzeria Orfeo

Il palcoscenico all’aperto all’interno del borgo medievale e sui bastioni del castello. Trampolieri, danzatori, musicisti e attori coordinati dai vari responsabili si muoveranno tra scenografie fantasiose ed effetti speciali. Le compagnie che hanno realizzato la messa in scena sono: Civilleri/Lo Sicco, Teatro Dei Venti, Carrozzeria Orfeo, LeVieDelFool, Ammonia Danza Corrosiva, Compagnia dell’Ordinesparso, Neapolis, Uthopia/Ciro Masella, Scenica Frammenti. Finale in musica con l’Associazione Culturale Bandão diretta da Francesco Petrini e L’Aragona Jazz Trio con Aurelio Di Tullio, Enzo Salerni, Giuseppe Iubatti. Nei giorni di festival si sono tenuti sette laboratori inseriti nella sezione Dinamica:Da Gramsci e le sue lettere a un racconto teatralediretto da Francesco Niccolini e Fabrizio Saccomanno; Augusto Timperanza che ha introdotto “Il Samkya”, filosofia indiana molto antica; Stefano Tè regista del Teatro dei Venti con il suo “Tempo perso”; Ciro Masella con “VoloinVerso”; Giovanni Beretta sull’uso del corpo dei sensi dal titolo “prex-La Preghiera”.

Laboratorio di Stefano Tè Teatro dei Venti
Laboratorio di Stefano Tè Teatro dei Venti

Il laboratorio di danza di Valentina GalloUrban Contamination Dance” e “Il sogno” condotto da Carrozzeria Orfeo. Gabriele Di Luca e Massimiliano Setti. Giorni di prove che hanno visto la partecipazione di decine di giovani appassionati e qualche artista desideroso di apprendere le tecniche da chi ormai è un professionista della scena. Gli allievi seguiti dalla Compagnia Carrozzeria Orfeo (sono in scena domenica 3 agosto al Festival Teatro nel bicchiere di Scansano – Grosseto, con Thanks forVaselina, insieme al Teatro dei Venti) hanno provato per giorni seguendo le indicazioni dei due formatori grazie ad un training collettivo e individuale, e di improvvisazione. Sulle scale del castello di Lari si potevano vedere movimenti sincronizzati e di abilità ginnica, nel formare coreografie molto dinamiche. Macchie gialle in movimento per via del costume scelto da indossare e interpretare gli “Uomini di gomma”. Esercizi di abilità condotti per ore fino alla scena finale che vedrà la scalata sul bastione aggrappati ai mattoni con le mani. Insegnamenti certosini affinché i giovani possano apprendere le prime regole dello stare in scena.

Gestire corpo e voce, la fisicità espressiva e mentale. Fare teatro a partire da un allenamento intenso e completo. I due attori di Carrozzeria mostrano di possedere doti anche di insegnanti artisti, creando nel gruppo dei partecipanti quella giusta motivazione e coesione nel dare forma ad una rappresentazione scenica. Dopo il tramonto le strade e la piazza del paese si popoleranno di personaggi variopinti, uomini di gomma, folletti, uomini e donne con costumi coloratissimi. Nelle ore precedenti all’evento sono stati appesi indumenti di ogni fattura su fili che attraversano da casa a casa, come tante bandiere composte da camici, pantaloni, grembiuli. Turisti stranieri incuriositi nel vedere sventolare tessuti e frotte di ragazzi e ragazze impegnati nelle prove. Un frenetico alveare umano in cui tutti sanno cosa fare. Il paese partecipa nella misura in cui gli abitanti possono e desiderano farlo. C’è chi mette a disposizione le proprie abitazioni per dare alloggio agli artisti e ai critici,tecnici e ospiti. Ville immerse nei parchi, storiche, o nuovi edifici ristrutturati. Un festival crea sempre un indotto economico al di là del semplice incasso ( modesto visto il prezzo politico dei biglietti) a beneficio dei commercianti in generale.

lab Stefano Te

A Lari capita di fare colazione nella piazzetta del paese insieme agli anziani in pensione e sentire la parlata toscana così colorata e sonora. La cortesia del piccolo borgo e degli organizzatori del festival è risaputa; la si può riscontrare anche nei gesti più minimi. In un clima meteorologico incerto nei primi giorni del festival per le piogge facendo spostare alcuni spettacoli in programma dall’aperto al chiuso, nel piccolo teatro e nella sala del castello, si è arrivati al finale con temperature afose e un tasso di umidità elevatissimo. Dal freddo serale e ventoso alla canicola che fa sudare, specie chi come i tecnici e gli artisti lavorano sotto il sole di un agosto promettente di far tornare il sorriso ai turisti e agli albergatori. Ogni festival quest’estate ha fatto i conti con il maltempo durato per quasi un mese. Si diceva della “giostra delle anime” iniziale, immagine forse utile per entrare nel merito del lavoro prettamente teatrale. Rimandando ad una successiva pubblicazione delle recensioni ai singoli spettacoli visti, il focus vale la pena indirizzarlo verso una riflessione generale sullo stato dell’arte delle singole compagnie giovanili.

Una realtà italiana del tutto particolare, non scevra di contraddizioni e specificità, dove è possibile cercare di indagare e rintracciare una poetica comune a molti giovani desiderosi di affermarsi sulla scena del contemporaneo. Ogni festival che si rispetti include nuove formazioni o realtà emergenti. Così è anche per Collinarea dove per fare un primo bilancio consuntivo (ma parziale) si sono visti lavori drammaturgici a fasi alterne.  Non tutte le proposte convincevano a fronte di un cartellone molto denso di titoli (forse sarebbe utile ripensare il numero di spettacoli da inserire), in cui hanno trovato ospitalità anche i Babilonia Teatri- Amici di Luca con il loro Pinocchio, un successo ormai conclamato, compagnie nate da pochi anni o in cerca di una loro identità che deve ancora prendere una forma compiuta. Un bravissimo attore come Simone Perinelli in Luna Park Do you want a cracker? di cui Rumor(s)cena ha già scritto, segnalato come un interprete della scena tra i più meritevoli visti di recente.

Tornando alle compagnie e artisti più giovani, sembra quasi vi sia un’urgenza per queste nuove generazioni di raccontare storie sociali, di emarginazione, di disagio, fatti desunti da una cronaca mediatica e trasformata in narrazioni squisitamente teatrali. Titolo esemplificativo, uno per tutti: “Chi ama brucia. Discorsi al limite della frontiera. Un’idea di Alice Conti che firma la regia del suo monologo firmato insieme a Chiara Zingarello. Vincitore di Anteprima 2014, il concorso dedicato alle giovani compagnie, organizzato da Scenica Frammenti e promosso dal Comune di Ponsacco. C’è una necessità di raccontare storie sociali anche drammatiche da parte di chi si sta avvicinando al teatro da poco tempo. Un desiderio di affrontare tematiche etiche/sociologiche, altrimenti in balia di un’informazione mediatica capace di esaltarle un giorno e dimenticarle quello successivo. Si ha come la sensazione che sia il teatro a doversi far carico di problematiche altrimenti non risolte, a volte irrisolvibili, destinate all’indifferenza dove saltano poi le più elementari regole del vivere civile.

Alice Conti Chi ama brucia
Alice Conti Chi ama brucia

Brutale realtà di una nazione a cui sembra aver smarrito la giusta coscienza di preservare una convivenza democratica anche solidale. Chi ama brucia è stato realizzato dopo aver raccolto delle interviste nel Campo di identificazione e di espulsione (CIE) di Torino con lavoratori o detenuti: “Gli sguardi, i punti di vista sono perciò diversi, ma entrambi di persone su cui la permanenza nel Campo agisce, modificando il loro rapporto con l’esterno e la loro visione della realtà”. Argomento difficile su cui torneremo a breve per analizzare lo spettacolo. I giovani artisti sembrano farsi carico per necessità o impegno morale, nel voler fare un genere di teatro che non sia più di intrattenimento o funzionale ad una visione estetica e formale. Molte compagnie hanno superato e concluso la loro fase creativa dove trovava spazio una poetica quasi indefinita o astratta, giocata sui non detti. Ora sembra più una necessità di ritornare sulla drammaturgia della parola.

Forse anche eccessiva a quanto visto. Da sempre il teatro esplora la condizione umana, diventando coscienza critica sulle condizioni dell’uomo, stando attento a far emergere quelle tensioni in arrivo nel nostro futuro prossimo, le idealità e le speranze progettuali e sociali di una comunità o gruppo. Alice Conti persegue in qualche modo questo filo conduttore e lo fa con grande enfasi e passione. Il problema che accomuna lei e molti altri giovani dediti alla recitazione che mancano dei supporti registici esterni al proprio vedere e agire. Come la scelta degli oggetti scenici a cui spesso manca un’attribuzione o un significato drammaturgico o per lo meno di un uso scenico concreto e decifrabile. Le condizioni di difficoltà economica in cui riversa il contemporaneo (ambito in cui si possono riscontrare polarità diametralmente opposte, c’è che investe tanto a fronte di scarsi risultati, e altri spinti dal sacro furore di fare teatro con pochi spiccioli), fanno si che spesso si debba sacrificare molto per poter comunque andare in scena. L’interrogativo pone una questione delicata su cui sarà necessario ritornare: il teatro diventa l’unica forma sostanziale di comunicazione di una libertà di pensiero, di una idealizzazione intellettuale e culturale capace di affrontare i turbamenti e le inquietudine che attraversano la vita ma non trovano dignità di essere comprese e superate, se non sulla scena. il problema è come fare teatro, cosa significa al giorno d’oggi per questi artisti fare teatro.  Sembrano dare più importanza alle tematiche che alla rappresentazione teatrale vera e propria.

Spettacoli di questo tipo sorgono un po’ ovunque e hanno, spesso, una vita breve, limitata a poche repliche. Meccanismi tali da far si che molti lavori in genesi poi spariscano o non trovino sufficiente attenzione. Teatro  sociale politico  è anche “Gramsci, Antonio detto Nino” di Fabrizio Niccolini e Fabrizio Saccomanno, quest’ultimo  da solo in scena. Teatro di narrazione con l’intento di rievocare un dramma di un intellettuale e uomo destinato a soccombere per le sue idee. Incentrato sulla vita privata di Antonio Gramsci e desunto dal carteggio delle sue lettere con la sua famiglia. Il racconto della sofferenza di un uomo che, incarcerato per dieci anni, ha vissuto in una disperata solitudine. Si è spento nel dolore e nell’assenza delle persone che amava spiegano nelle note del programma gli autori. Un primo studio su cui sarà interessante capire l’effettiva evoluzione.

Gramsci, Antonio detto Nino Fabrizio Saccomanno
Gramsci, Antonio detto Nino Fabrizio Saccomanno

Un teatro che racconta senza bisogno di “inventare” nulla, lasciando allo spettatore solo il desiderio di saperne di più. Teatro divulgativo? Ai posteri l’ardua sentenza. La drammaturgia contemporanea si sta sempre più avvicinando a temi che lasciano un segno tangibile per impegno morale e civile. Come ha pensato di fare anche Savino Paparella con il suo “Al forestér. Vita accidentale di un anarchico”, di Matteo Bianchini.La storia di come un ragazzo diventa un uomo. E di come un uomo diventa un uomo libero”. Un ferroviere che partecipa agli scioperi, va sulle barricate, finisce in esilio in Francia e nella guerra di Spagna. “Sempre dalla parte sbagliata, dalla parte degli sconfitti. Una vita accidentale e piena di immaginazione”. Attore di talento visto recitare anche con la Compagnia di Pontedera Teatro, diretta da Roberto Bacci, si distingue sempre per la sua presenza scenica e interpretativa. Anche in questo caso narratore di una storia in cui il valore documentaristico della vicenda prende il sopravvento su tutto. Gli sforzi di questi artisti di rievocare personaggi e vicende altrimenti destinate all’oblio, è sicuramente un valore aggiunto ma si torna all’inizio quando il discorso verteva su come affrontare la scena del contemporaneo al giorno d’oggi.

Savino Paparella “Al forestér. Vita accidentale di un anarchico”,
Savino Paparella “Al forestér. Vita accidentale di un anarchico”,

Più che analizzare una singola messa in scena è forse utile provare a sondare un movimento in continua trasformazione, dettata da spinte propulsive e da fattori meramente opportunistici in cui le scelte delle direzioni artistiche dei tanti festival sembrano aderire. L’idea di discutere con gli artisti dopo gli spettacoli, proponendo Empatica, sezione post festival curata da Andrea Cramarossa del Teatro delle Bambole, ha una sua giustificazione valida e interessante. Il teatro raccontato da chi lo fa e da chi lo vede. Da ripensare per la prossima edizione l’orario. Purtroppo l’inizio dopo la mezzanotte diventava spesso un impegno mentale faticoso (primo fra tutti per chi ha recitato) ma anche per lo spettatore o l’osservatore critico.

Dopo il festival merita di fare un’escursione nella zona della Valdera, una zona del territorio della Provincia di Pisa, vista con gli occhi di chi nel, 1800, si spostava a bordo di una carrozza e aveva il tempo di osservare tanti particolari, che una volta superati i 40 chilometri all’ora, non si notano più. La Valdera vista con gli occhi di chi si faceva aiutare nel trovare i sentieri migliori (anche nel trasporto dei bagagli) dagli asini amiatini, compagni di viaggio affidabili e tranquilli. Vicino a Lari nella frazione Quattro Strade c’è la Fattoria San Torpè che insieme all’agriturismo il Meletto a Croce di Lari, (www.ilmeletto.it) organizza passeggiate in carrozza e trekking con gli asini Brontolo e Giasina. Gli appassionati di trekking possono provare come singolare mezzo di trasporto, anche l’asino per raggiungere destinazioni non molto lontane, cenare godersi i tramonti che infuocano il cielo, oppure fare delle passeggiate notturne per Lari, visitare il castello. Giasina e Brontolo sono ben felici di portare i bambini che si stancano, o perdersi a passeggio per le verdi e rigogliose colline.

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