TORINO – È Le sacre du printemps che ha polarizzato l’attenzione al Festival Teatro a Corte a fine luglio. Si inizia con la performance sensoriale del canadese, tedesco di adozione, Kenji Ouellet e del suo team. A turno, 4 spettatori alla volta vivono un’esperienza della durata di circa 20 minuti che, sebbene possa rimandare anche a esperimenti di altri, risulta comunque decisamente originale. Dopo essere stati bendati e accompagnati nella sala prove del Teatro Astra, ognuno da un membro diverso della Compagnia, ci si sdraia su tappetini da ginnastica abbandonandosi alle note della Sagra della Primavera di Stravinskij. Nel silenzio e senza l’ausilio della vista, la potenza del celebre brano del compositore russo si intensifica, mentre il nostro accompagnatore comincia a utilizzare ogni parte del nostro corpo come fossimo strumenti musicali o palcoscenici da étoile. Un leggero tocco dei polpastrelli, quasi due punte di piedi, a sfiorarci le braccia. Poi un alito caldo che ci accarezza le gote o un bacio lieve come un petalo e, da supporti, ci trasformiamo nei protagonisti di questa danza sempre più conturbante.
D’improvviso è l’immaginazione a salire al potere mentre, tra colpetti e spinte, si è trascinati nel vortice degli eventi, sballottati quasi fossimo seduti in una carrozza lanciata nella steppa da una troika. La musica si fa sempre più sincopata. I nostri corpi, che devono rimanere passivi, si plasmano sotto le mani e la stretta del nostro accompagnatore (in genere dello stesso sesso), che ci indica una strada forse ancora inesplorata. D’un tratto la nostra pelle è messa metaforicamente a nudo e in contatto diretto con la potenza del ritmo, fino a fondersi in quel rito quasi tribale che Stravinskij ha concepito oltre un secolo fa. Poi è silenzio. Si esce dalla sala prove sempre bendati e accompagnati da quel corpo e quella mano che ormai ci sono familiari quanto i nostri. La mente è svuotata e in pace con se stessa. La cerimonia, conclusa, ci lascia come purificati. Il teatro ha saputo ricreare la catarsi senza l’ausilio di una sola parola. L’applauso si sovrappone a un sincero ringraziamento per l’esperienza condivisa.
A seguire Mas-Sacre, uno spettacolo plurilinguistico di Maria Clara Villa Lobos. È ancora Le sacre du printemps a immergere lo spettatore nella giusta atmosfera da Tempi Moderni, di un allevamento di polli da batteria. Mentre scorrono le immagini video della catena di montaggio – che converte migliaia di uova in bestie pronte per imbandire la nostra tavola – quattro performer mimano le medesime scene con ironia tragica. Particolarmente significativo il momento in cui, tra gli scarti dei polli, si gettano gli operai, anch’essi ormai superflui alla produzione industriale. Nell’intervallo tra questa prima parte e la seconda, tre gustosi spot pubblicitari, sempre in video, che prendono di mira i falsi miti della società del benessere. Dalla top model che peserà 40 chili ma addenta con gusto un panino a 6 strati e una bibita gassata in formato gigante; ai cuochi che presentano come pietanze naturali quei polli gonfiati artificialmente con antibiotici e ormoni. Fin qui lo spettacolo regge e il messaggio, sebbene a volte ridondante (con le immagini video che si sovrappongono alla pantomima), giunge chiaro e forte.
Meno convincente pare la seconda parte, che perde la sua carica ironica e spinge l’acceleratore su violenza e ribrezzo. Sebbene il fine sia perfettamente condivisibile, lascia interdetti vedere la performer ripetere (completamente nuda) le posizioni sempre più astratte nelle quali i suoi due compagni costringono un pollo morto. Così come, in una società ormai avvezza alla violenza anche sadica grazie ai tanti reality di genere crime, non si comprende perché sottoporre un performer sovrappeso al pubblico ludibrio di vedersi denudato, mascherato da maiale e infine appeso al gancio tra schizzi di liquido rossastro. Film dotati di poesia e decisamente ironici come Babe o Galline in fuga forse hanno servito meglio la causa animalista.
Il finale lascia altrettanto perplessi. La serie di immagini video, tra le quali spicca un uomo che “limona” (letteralmente) con un cane o un delfino che si struscia su una ragazzina, presentano forme di amore per gli animali altrettanto sclerotizzanti e manichee. Come si chiede rispetto per la differenza di genere, si dovrebbe esigere il rispetto per la differenza tra specie. A quale essere umano piacerebbe, in un mondo dominato dalla razza canina, essere costretto a camminare a quattro zampe?
Visti al festival Teatro a Corte 2015 giovedì 30 luglio
Torino, Teatro Astra
Kenji Ouellet
Le sacre du printemps: a haptic rite
prima nazionale
XL Production/Maria Clara Villa Lobos presenta:
Mas-Sacre
prima nazionale
Belgio