CASTROVILLARI (Cosenza) – La rappresentazione di una città. Delle sue viscere, il suo bassoventre: il sottosuolo, il sottoproletariato, la suburra infestata da surici e puzzo di piscio. E i surici sono i napoletani, metafora di individuazione, tra consapevolezza e bramosia di ribellione. Ambiente che connota, immedesima, ingloba. Da un testo giovanile di Enzo Moscato, una Napoli avvolta nei misteri, nella magia, memoria di riti eleusini tramandati e travestiti. Travestito è il protagonista, segno della teatralità d’una gente che appare altro da ciò che è, che sta in maschera e nuda, a cui la notte da lavoro e protezione. Gente che finge per essere. E i segni si moltiplicano, intrecciandosi in una dinamica dai codici non facilmente intellegibili, amplificandosi per l’uso tecnologico di suoni e effetti luce, ficcandosi nell’attenzione dello spettatore per mezzo della parola, del logos, linguaggio arcano, stretto, verace.
Il dialetto in bocca a Imma Villa, straordinaria interprete dello spettacolo, potrebbe creare qualche problema di comprensione a spettatori viziati o in aspettativa di didascalie e suggerimenti. La scena, come arte, quanto meno è finita, indirizzata, maggiormente connota la sua fruibilità, l’attrazione, il transfert tra palco e platea. Andando a teatro si decide di non assistere a una lezione accademica o un tutorial su cosa si sta assistendo. La parola teatrale è suono, corpo, carne, terra. L’identità dell’uomo in risonanza. Conoscenza speculare. Le manfrine in posa e le pedagogie per addetti ai lavori sono altra cosa. E il dialetto napoletano stretto in bocca a Imma Villa si fa luogo, verbo, mistero: formula liberatoria per consegnarsi all’attenzione, al rapimento di sguardo e spirito. Un’empatia tra attrice e pubblico coadiuvata dalla mirabile scenografia di Roberto Crea, gli incanti del suono di Hubert Westkemper, una regia, di Carlo Cerciello, al servizio della potenza drammaturgica composta in partitura fluente, ritmata con gli accenti e i colpi di scena giusti, mai eccessivi o ruffiani, dividendo spazio e contesto, disegnando anziché dirigere. Un’empatia rifiorita per il talento e la mole attoriale di Imma Villa, così a suo agio da trasmetterlo, espressiva senza sbavare, capace di far rivivere ogni sfumatura mimica nell’animo di chi osserva, far comprendere le intenzioni del personaggio con una smorfia, uno sguardo di sghiscio, un gesto chirurgico. E il linguaggio si fa al contempo silente, immaginifico. Per altrettante immagini lo spettacolo scorre parallelo e perpendicolare alla parola, e la scena continuamente in verticale, assume geometrie di approdo ellittiche, arabeschi.
Imponente la scenografia: impalcatura figurante l’ipogeo, caro alla tradizione spirituale napoletana, abitazione del femminiello anima pezzentella e portabandiera di un popolo ambiguo, guappo e signore, scugnizzo e lacché, borbone e barbone. Struttura scenografica primo segno di comprensione: i livelli sociali, il sotterraneo, l’ombra e il labirintico in cui il popolo minuto si muove. Uno spettacolo magico. Che provoca, sconvolge, ammalia, infatua, affascina, stordisce il pubblico. Che crea dissenso, che distorce, che scava. Terra di Sud, terra di mistero.
Scannasurice
Di Enzo Moscato
Con Imma Villa. Regia Carlo Cerciello. Scene Roberto Crea. Costumi Daniela Ciancio. Luci Cesare Accetta. Musiche Paolo Coletta. Suono Hubert Westkemper.
Prod. Teatro Elicantropo Anonima Romanzi, NAPOLI – Prospet, NAPOLI
Visto al Teatro Sybaris di Castrovillari – Festival Primavera dei Teatri 31 maggio ‘15