Festival(s) — 03/07/2011 at 09:52

La prima notte di Inequilibrio tra furore e nostalgia.

di
Share

CASTIGLIONCELLO. Sprazzi di luce misti a sibili di acquazzoni in discesa repentina sul mare, nuvole basse bluastre e gonfie di liquidi piovigginosi. L’arrivo a Castiglioncello per il Festival Inequilibrio-Armunia, ha il sapore di una sfida contro le bizze meteorologiche di un inizio luglio riottoso a concedere la sua calura estiva. Dal nord italico arrivano echi di tempeste e nubifragi, eppure il “clima” a Castello Pasquini è quello rilassato di sempre quando si viene accolti con il sorriso e la semplicità dei padroni di casa, disponibili nel farti sentire, da subito, parte di un’unica famiglia. Il teatro è una sola casa per coloro vogliano abitarla e viverla.

Lo dice anche Andrea Nanni direttore artistico che firma il programma di sala 2011, insieme al presidente di Armunia Alessandro Franchi, quando scrive: “Un festival è prima di tutto una festa, è l’eccezionalità della domenica che sognavamo da bambini, tanto ricca di stimoli da non riuscire a esaurirli, tanto piena di occasioni da non lasciare spiragli al tran tran quotidiano…”. La prima sera è l’occasione per iniziare con qualcosa di sospirato, concettualmente “alto” e sofferto: “Attraverso il furore” – sempre di furore si parla – anche se lasci quello della Natura così intemperante, per passare ad un qualcosa di più intimistico, racchiuso in una  sala accaldata a Castello Pasquini.

 La Compagnia Massimiliano Civica radunata intorno ad un tavolaccio di legno, un leggio che sembra il messale di un sacerdote, due uomini vestiti di nero, una donna in abito rosso. I sermoni del predicatore domenicano Meister Eckhart prendono la voce di Marcello Sambati.  Un Verbo che non concede attenuanti e ti inchioda all’ascolto, senza ma e senza forse. Per pura coincidenza – forse si, forse no – si parla di mare. Siamo in una località marina dal passato celebre (qui veniva anche Mastroianni a trascorrere le sue vacanze) perché stupirci allora? “Il mare si chiama furore perché è agitato. Il furore dell’incostanza delle cose transitorie”. Tutto è transitorio nella vita, non è una novità. Ma ciò che è resta indissolubile sono i sentimenti, ma solo a una condizione: “L’amore non ama ciò che non ha bontà. La verità, l’essere, la bontà, è buona e vera, hanno la stessa estensione”. Uno spettacolo in cui sono comprese tre storie del drammaturgo Armando Pirozzi.

L’amore non ama ciò che non ha bontà. Non puoi fare a meno di ripensarti, alla luce di qualche rimando biografico. Come in qualche modo fanno i due attori in scena, l’uomo e la donna, (Diego Sepe e Valentina Curatoli), impegnati in un dialogo minimalista, a tratti sofferto, colto eppure spiazzante, dal sapore estraniante. Acido. L’uomo ascolta lei, ma è un dialogo dove non trovi un barlume di coerenza. Hanno paura di esserci, di esistere, di amare. Soffrono eppure cercano di vivere comunque, tra l’agito e l’inconscio che determina le loro esistenze annichilite. Il rimando alla scrittura di Thomas Bernhard c’è e si coglie nei dialoghi tra i due. Le parole vuote, inascoltate, a cui non segue una logica di pensiero, ma solo un solipsismo acuto e diffuso.  E subito dopo il furore delle parole si passa al “Salone di Z***”, performance sensoriale per due spettatori alla volta. Ti accoglie Stefano Parigi, un barbiere – maggiordomo molto compito. Vieni seduto su una poltrona di pelle, la vista occultata con una mascherina, e al buio senti la pelle insaponata. http://vimeo.com/26715390

Ti rade, ti massaggia, e infine un generoso spruzzo di colonia. A fare da sonoro la voce impostata di due cantori, Marco Di Costanzo e Roberto Caccavo. Fuori nello scorrere serale dello struscio turistico, nessuno sa che in quel salone, si raccontano storie di barbieri fiorentini, anche se la cosa ci sfugge un po’. Usciti dal trattamento benessere è un tutt’uno immergersi nelle sonorità suadenti e melodiose dell’Orchestrina Gli Amanti del taglio e cucito e Bobo, al secolo Roberto Rondelli, e a quel punto ti lasci andare nel godimento di un viaggio musicale dal sapore amarcord con debite incursioni sul presente storico, politico e sociale, sufficienti a far svanire la spensieratezza (ma è la nostra triste realtà nazionale), che la bellezza e la poesia di questo straordinario artista ironico quanto malinconico, sa instillare nel pubblico e nelle coscienze di tutti.

Bobo e la sua affiatata band composta da sei musicisti, quattro fiati e due percussioni, (Filippo Ceccarini, Dimitri Grechi Espinoza, Beppe Scardino, Tony Cattano, Daniele Paoletti, Simone Padovani), improvvisano, recitano melodie da swing e atmosfere latino americane. Una commistione tra eccellente musica e sprazzi di sagace ironia, sarcasmo raffinato, come solo Rondelli sa fare. E’ una notte che finisce tra le note di canzoni celebrate e tanta emozione. La pineta notturna del parco è popolata da folletti, musici, nostalgie di un tempo passato e mai più recuperato. C’è spazio anche per una commovente dedica ad Andrea Cambi, artista fiorentino, scomparso prematuramente di recente, ricordato anche per un suo spettacolo di successo: “Ostaggi”, visto anche qualche anno fa a Castiglioncello. Un viaggio a ritroso dove lasciarsi prendere per mano e sognare ad occhi aperti. La notte scorre via così.

Visti a Castiglioncello l’1 luglio 2011.

Share

Comments are closed.