RUMOR(S)CENA – FORCELLA DEL SASSOLUNGO – SELVA DI VAL GARDENA –Assistere ad una performance di Nathan Paulin è un’esperienza estrema ma non quanto lo possa essere per lui stesso, anche se non lo da a vedere. Il celebre highliner francese spiega che per lui «praticare highline è come camminare, quasi volare. Devi fare i conti con la forza di gravità e allo stesso tempo cammini su un filo sottile, molto leggero, che si muove con il vento (…). Adoro calarmi in questo momento in cui mi sembra di vivere tutto con una maggiore intensità: sicuramente molto dipende anche dal luogo della traversata: se il luogo è potente, se libera le emozioni, so che quando sarò sul filo avrò delle sensazioni ancora più forti, ed è proprio questo che cerco». Emozioni vissute anche da chi ha potuto assistere all’esibizione di Nathan Pauiline, sospeso in aria sulla Forcella del Sassolungo a Selva di Val Gardena, protagonista de Les Traceurs (Coloro che tracciano), un site specific pensato nell’ambito del Bolzano Danza Festival.
L’intento è spiegato dal coreografo Rachid Ouramdane titolare del concetto/idee, una produzione Chaillot – Théâtre national de la Danse, di cui egli è direttore: «(…) spingere la riflessione sulla nostra capacità di rispettare i luoghi nei quali si praticano gli sport più estremi e su una diversa lettura del paesaggio che li accoglie. Il rapporto intimo con la pratica dello stare sospesi in aria…». Spettatori e turisti presenti al rifugio Toni Demetz a 2685 metri d’altitudine hanno potuto assistere con lo sguardo verso il cielo, non senza una certa apprensione emotiva, al cammino sulla highline posta ai due estremi della Forcella preventivamente interdetta ai voli (siamo di fronte alla Marmolada e gli elicotteri che perlustrano il ghiacciaio volano quotidianamente), dove il funambolo o highliner si è esibito nella traversata accompagnato dalla musica di Jean – Baptiste Julien.
Un controllo del corpo e una concentrazione che ne fa un vero sportivo-artista tra i migliori al mondo, Nathan Paulin che detiene tra l’altro una decina di record mondiali, ha dato riprova della sua abilità suscitando profonda ammirazione tra il pubblico. La sua carriera nasce anche come sfida con se stesso e lo dichiara apertamente: «Quando ero giovane ho fatto brutte esperienze con il vuoto. Mi ricordo di aver pianto in montagna, su una cima nel vuoto, non mi sentivo per niente bene, pensavo che non ce l’avrei mai fatta a vincere le difficoltà anche se i luoghi mi attiravano, li trovavo magnifici e alla fine con il tempo ho imparato a vincere la paura e a controllarmi ed è stato benefico per la mia vita in generale. Ho imparato a fidarmi di me stesso, perché si ha paura quando non ci si fida abbastanza delle proprie capacità.
Ne sono uscito più grande: vincere una paura può aiutare ad affrontare le altre, ci si sente meglio con sé stessi ed è più facile realizzare i propri sogni. Direi che questo lavoro su me stesso nel vuoto mi ha aiutato a vivere meglio la mia vita ed affrontare altre paure». A quasi duemila metri d’altitudine Nathan Paulin ha dimostrato quanto sia stato capace di mettere in pratica il suo intento, facendo vivere a chi era presente, un’esperienza che si può definire estrema nel condividere assieme ciò che lui prova mentre cammina a piedi nudi, bilanciandosi con le braccia nell’attraversare il vuoto dove lui sa cosa trovare: «Penso che quello che sto cercando sia la libertà.
È questo il pensiero che mi anima e mi spinge a essere sempre in aria». Una ricerca interiore che prosegue nell’intento di arrivare a conquistare quella libertà che da sempre l’essere umano desidera conquistare. E di esperienze estreme anche la prova di Rachid Ouramdane ne è ricca: si intitola Corpi estremi, la sua creazione per la scena pensata come sfida alla gravità attraverso i corpi e realizzata con un gruppo di atleti – artisti, climber e highliner ( Nathan Paulin che ha interagito ) dove l’esibizione significava affrontare una parete da arrampicata. Scesi dall’alto i bravissimi e atletici performer si sono cimentati in una prova fisica che gli ha visti scalare a più riprese la parete come dovessero conquistare una vetta. La coreografia originale di Ouramdane pensata come rappresentazione in verticale veniva alternata da passi di danza velocissimi, una volta scesi sul palcoscenico, dove si assistono anche a cadute libere dall’alto per essere trattenuti dalle mani dei compagni. Estreme, vertiginose in un continuo gioco di equilibri.
Esercizi acrobatici di alto livello sia fisico che artistico capaci di suscitare reazioni di puro piacere visivo “No limits”, come il titolo del Festival riportava: promessa mantenuta di cui si è discusso anche nell’interessante convegno “Creature performanti, tra danza e sport moderato dal filosofo Simone Regazzoni, a cui hanno partecipato il coreografo Rachid Ouramdane, la performer e coreografa Francesca Pennini, il regista e scalatore Simon Messner e l’altleta Judit Rubner.
Visti al Teatro Comunale di Bolzano il 13 luglio e alla Forcella del Sassolungo il 24 luglio 2022