Teatro, Teatrorecensione — 03/11/2014 at 22:21

Ma chi è Gesu? Jesus pone interrogativi ancora irrisolti

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VICENZA – In una fase in cui la Rete, l’under 25 di fascia geografica cristiano-centrica, si appassiona a certe vignette sul Cristo e la cristologia fino a farne un cult apocrifo- Toc toc, chi è? Dio. La mamma mi ha detto di non aprire a cani e porci- oppure si spalma su Ipad, effe book, Iphone, video su you tube di Lady Gaga coi crocioni al petto, improbabilissime icone Harley Davidson per la new poor italian generation, collanine del rosario alla moda dei maschi greci isolani e simbologie sadomaso cadaveriche (ma non lo faceva anche Madonna, la cantante, a suo tempo e con altri più rozzi mezzi mediatici?), e che dire a commento della moda dilagante delle disco-cristoteche (che sempre al tecno house siamo da vent’anni); e allora, che fare? Certo, mettere al mondo e poi far crescere ed educare- oggi- un bambino nella confusione dei simboli-archetipi multimediali, non è affatto come bere o affogare dentro una tazza di tè, per dirla alla Mannarino? Altro che Lipton o Twining delle madri o nonne mediamente borghesi. Che così incomincia l’affabulazione in salsa rapper a due- la coppia genitoriale di questo Jesus dei Babilonia Teatri, nella cornice di quell’architetto che fu Palladio, dentro una location teatrale unica al mondo: il Teatro Olimpico di Vicenza: per la microstagione vicentina a direzione artistica di Emma Dante e dopo la prima modenese .

E’Jesus : in scena irrompe l’energia a tutto tondo di un bambinetto età dell’asilo, Ettore, anche figlio della coppia in scena, Valeria Raimondi e Enrico Castellani in jeans e magliette con stampigliato sopra il logo 33 (che a quell’età, pare-sia morto Gesù). La coppia genitoriale affronta in un monologante doppio il tema, con in braccio un imbarazzante pallone-pancione da basket – a volte in palleggio: Gesù chi è costui? E giù tutta una serie di slogan sulla iconografia-iconoclastia a partire dalla pubblicità invasiva ed invadente di questo ingombrantissimo Figlio dell’occidente cristiano, ma alla maniera del duo performers Raimondi /Castellani a cui i Babilonia ci ha abituati – in doppio cantilenato. Certo da Chi mi ama mi segua della pubblicità (targata Oliviero Toscani)sui cartelloni di certi jeans primissimi anni Settanta, ne ha fatta di strada il brand del “crocifisso”. Parte una micro sezione- a cui ne seguiranno altre-di testualità dove è tutto un incrociarsi di meta-narrazioni sulla cristità. Il plot narrativo si snoda alternato a pezzi musicali pop al limite della banalità (attualissima e generazionale) e dal Vasco Rossi al Personal Jesus dei Depeche mode, mentre il bambino chiede (si chiede?): “Papà mamma perché Cristo muore? Perché si nasce e poi si muore? Magari ammazzati come Gesù?” Difficile pensare che queste siano domande che si pone un bimbetto di quell’età. Certamente se le pongono i genitori di quel bimbo nella loro funzione, appunto, adulta-genitoriale. Anche nella scena, fissa, l’unico riferimento è un neon scomponibile/ ricomponibile formato da paroline dell’alfabeto, modello scuole elementari d’antan o di certa arte concettuale (che scorre con richiami da Alighiero Boetti a Cattelan), certo non quelle attuali del bimbo dell’asilo.

crediti foto di Marco Caselli Nirmal
crediti foto di Marco Caselli Nirmal

Ecco che allora questo nuovo lavoro di Babilonia sembra voler rimandare ai temi di Vita versus Morte (ma anche eros-thanatos visti in Lolita) di cui ci siamo appassionati – quasi un rilancio in chiave post regressiva del Pinocchio (dove il tema era quello del coma e della sopravvivenza alla tragedia dell’incidente stradale che avrebbe potuto essere mortale ma che invece trasferisce ad un’altra dimensione pur sempre vitale, anche nelle sue limitazioni fisiche s/oggettive) e può far pensare ad un inno naturalistico alla prevalenza della corporeità e ad un darwinistico principio di élan vital o dell’equivalente del classicissimo amor vitae.
Chissà, forse la risposta genitoriale alla domanda del oro figlio che il loro Bambin Gesù, si trasforma in risposta esistenziale della coppia: non vogliamo un Cristo martirizzato ma un personal Jesus, un Paradiso in terra. Uno spazio dopo la cacciata di Adamo ed Eva ma hic et nunc, materiale, dove il corpo può avere dimensione di splendore e luce come la vita e la sua trasmissione attraverso la copula-insomma, il dionisiaco e|ma senza peccato originale?
Un messaggio anti-intellettualistico che può lasciare perplessità. La sensazione del non-finito. Insomma, non che un spettacolo debba dare risposte, altri spazi politici e sociali dovrebbero darceli, a noi adulti e come semplici spettatori e persone. Lo spettacolo dei Babilonia risulta ancora un lavoro non definitivo. Il volo finale del corpo come utopia finale sia del bambino Jesus sull’altalena della vita come quello del risvegliato dal coma del precedente Pinocchio, non convince del tutto. Come soluzione artistica può essere e neanche troppo esotericamente un’ipotesi validissima. Quantomeno della speranza.

Visto a Vicenza, Teatro Olimpico, 25 ottobre

di Valeria Raimondi, Enrico Castellani e Vincenzo Todesco
con Enrico Castellani e Valeria Raimondi
Scene e luci di Babilonia Teatri ( Luca Scotton)
Costumi Babilonia Teatri (Franca Piccoli)
Produzione Babilonia Teatri in coproduzione con La Nef/ Fabrique des Cultures Actuelles Saint Dié-des Vosges (France) e MESS International Theater Festival Sarajevo (Bosnia and Herzegovina) in collaborazione con Emilia Romagna Teatro Fondazione con il sostegno di Fuori Luogo La Spezia con l’Associazione ZeroFavole- Alta Mane Italia
Spettacolo scelto da Emma Dante per il 67esimo Ciclo di spettacoli Classici al Teatro Olimpico di Vicenza

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