RUMOR(S)CENA – GENOVA – È una storia vera – quasi dimenticata – avvenuta durante il secondo dopoguerra nel nostro Paese e tornata alla luce proprio quando una contemporaneità di dolore, miseria e speranza si materializza ogni giorno davanti a i nostri occhi. Il passa-parola che diventa tam-tam inizia tra le donne forti e semplici dell’Emilia-Romagna post Resistenza – per spargersi poi su gran parte della nostra penisola – è di una levatura sociale e civile altissima, rappresentando appieno la realizzazione dell’Unità del nostro Paese.
Oggi i tempi sì, sono cambiati, ma guerre e carestie continuano ad abbattersi su di una metà dell’emisfero, mentre una certa parte dell’altra metà si rimbocca le maniche per andarne in aiuto.
Questa storia, evento di migrazione da una parte all’altra della nostra Italia, narra di mamme del sud che lasciavano salire il loro amore verso i propri figli su treni che li avrebbero portati ed accolti da altrettante madri e famiglie che li aspettavano: per crescerli con un amore per procura ma vero, che dove si mangiava in sette vi era posto anche per otto, strappando questi bimbi, sfortunati per luogo di nascita, a miseria e sofferenze certe.
Circa codesti fatti si è incentrato il dibattito “I treni della felicità – Solidarietà verso i minori stranieri, riflessioni e testimonianze di oggi”, moderato dall’abile Caterina Grisanzio e tenutosi nella sala foyer del Teatro della Tosse il 24 febbraio scorso , con il saluto della Presidente nazionale U.D.I. Vittoria Tola collegata da Roma. Protagonisti ed organizzatori i rappresentanti dell’Unione Donne Italiane Genova e dell’Anpi provinciale, prosecutori ed eredi di quelle madri, che soprattutto in Emilia-Romagna, ma anche in Liguria Toscana e Marche, coordinarono ed accolsero con grande spirito di sacrificio e solidarietà i piccoli meridionali stipati sui treni cosiddetti della felicità: dei quali gli scrittori Giovanni Rinaldi prima e Viola Ardone poi hanno descritto le storie.
Tempo fa uscì la notizia che anche il cinema pare abbia dimostrato il proprio interesse verso questa vicenda, tanto che una major italiana ha acquisito i diritti cinematografici del libro della Ardone – (n.d.r)
Un tema ancora di assoluta attualità all’inizio dell’odierno terzo millennio che con questo dibattito si è voluto affrontare attuando una sorta di parallelismo con la nostra storia post Resistenza. Per sensibilizzare e informare che le necessità non sono purtroppo cambiate.
Davvero tante le testimonianze di solidarietà umana che hanno elettrizzato il foyer della Tosse, associazioni liguri che si occupano di bimbi ed adolescenti italiani in sofferenza come La Piuma Onlus, l’Associazione Tutori Volontari Liguria, figura introdotta soltanto nel 2017 con la cosiddetta Legge Zampa e che viene affiancata nel percorso di crescita dei minori stranieri non accompagnati, anch’essi spinti dalle loro famiglie ad intraprendere viaggi ben più drammatici sulla strada della salvezza e della speranza. Presente con il suo contributo istituzionale ed empatico il Garante per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza Francesco Mazza Galanti, nonché la regista dello spettacolo I treni della felicità, della quale riportiamo il finire delle note di regia “… Lo spettacolo prosegue la mia ricerca sulla storia delle donne, degli eroi perdenti e dimenticati, sui viaggi nello spazio e nel tempo. Niente si perde. Tutto si trasforma”.
La storia che Laura Sicignano (già direttrice del Teatro Cargo di Genova ora in forze al Teatro della Tosse – Teatro del Ponente e per quattro anni del Teatro Stabile di Catania, condotte unitamente alla sua attività di regista), ha scritto insieme ad Alessandra Vannucci, e che ha ripreso una delle più belle pagine dell’Italia, agisce sulla scena insieme a quella di tre donne e attrici, Fiammetta Bellone, Egle Doria e Federica Carruba Toscano: le quali si confessano sia interpretando quelle madri che si privano dei loro figlioletti sia quelle che invece pur senza averli generati li accolgono, mettendosi a nudo anche con la loro personale storia, a volte di non madri, ma di donne.
Forza, rabbia, dolcezza, energia fisica e mentale, parlantina sciolta, canto, mentre si immedesimano in faccende affaccendate di ordinaria quotidianità. Ed un unico uomo, il musicista polistrumentista Edmondo Romano, che riproduce dal vivo la colonna sonora originale attraverso una miriade di strumenti. Simbolico che l’artista resti discreto ad un lato del palco, per tutta la durata dello spettacolo. È una rappresentazione di donne che dagli anni ’46 al ’52, decidono di curare con amore e dedizione sia i figli propri, sia quelli di altre donne in condizioni di miseria a causa della guerra e della fame.
Più storie speculari e scambi di ruoli sul palco della sala Trionfo della Fondazione Teatro della Tosse, che ha co-prodotto lo spettacolo unitamente all’Associazione Madé, sviluppata in non più di un’ora e dove non può non venire alla nostra mente la nota trilogia di Emma Dante: donne, con il loro dolore tragico, la loro vita di figlie, sorelle e madri.
una macchina di pace che abbraccia di cura ed amore materno settantamila bambini dai 6 ai 12 anni provenienti da Napoli, Roma, Foggia, Cassino. Una politica fatta di consolazione per quei frugoletti che non comprendevano né dove si trovavano, né il perché non avrebbero più potuto scaldarsi al calore del seno delle proprie mamme che avrebbero riabbracciato soltanto dopo vari anni a seguire. È la storia vera di una cura, spinta da solidarietà e non da elemosina, fatta a forma di anfora inclinata. Ogni bimbo e bimba portava al collo una medaglietta con il proprio nome e la propria età, come forma di certezza della loro identità e dignità. I tre tavoli da cucina che costituiscono con altri pochi attrezzi la scenografia dello spettacolo, diventano il microcosmo sul quale le tre donne-attrici si interrogheranno, interpreteranno, piangeranno, canteranno la ninna nanna; dove accarezzeranno una di quelle bimbe diventata grande e anch’essa madre e che, negli ultimi affannati attimi della propria vita, ancora intravede quel viaggio di paura e smarrimento, come segno indelebile nella propria memoria.
Poi tante piccole casette in legno, ognuna con una foto di bimbo, riempiono la visuale. Finalmente a casa, qualsiasi essa sia. Condensare così tante emozioni e aneddoti e storia in una sola ora di spettacolo avrebbe potuto essere impresa assai ardua, quasi impossibile. Invece è avvenuto, senza alcun artifizio visivo o scenografico o salto mortale: ma con rara capacità di narrazione ed introspezione grotowskiana.
I treni della felicità ha debuttato sul finire dell’estate 2022 al Festival Asti Teatro per la regia di Laura Sicignano e proseguirà in tournée in varie città della nostra penisola.
7 marzo Teatro Due, Parma
8 marzo Teatro Rossini, Lugo di Romagna (Re)
9 marzo Teatro Ruggeri, Guastalla (Re)
10 marzo Teatro Quaranthan, San Miniato (Pi)
11 marzo Teatro Sacco, Savona
12 marzo Fondazione Luzzati Teatro della Tosse – Teatro del Ponente (Ge)
16 marzo Auditorium Concordia, Pistoia
18 e 19 marzo Teatro Florian, Pescara
21 e 22 marzo Sala Assoli, Napoli
25 26 27 marzo Teatro L’Idea, Sambuca di Sicilia (Ag)
Visto il 24 febbraio, Teatro della Tosse, Genova