RUMOR(S)CENA – ORIENTE OCCIDENTE – CENTRALE FIES – PERGINE FESTIVAL – DOPO IL COVID – 19 QUALE TEATRO? – Il tempo sospeso a causa dell’emergenza sanitaria dovuta al coronavirus ha richiesto una fase di ripensamento e di riflessione per riorganizzare il lavoro artistico dei maggiori festival in Regione programmati per l’estate. La responsabilità delle direzioni artistiche si è trovata di fronte ad una situazione imprevista senza poter aver delle certezze a riguardo. Uscire dalla fase di chiusura totale per ripartire in condizioni di sicurezza e tutela è l’impegno che ciascuno si è dato in questo periodo.
Festival Oriente Occidente Rovereto (Trento)
Lanfranco Cis è il direttore artistico: qual è la situazione attuale ad Oriente Occidente e cosa state facendo per far ripartire l’Ente da questa grave crisi di settore a causa del COVID-19? Quando pensa potrete ricominciare a lavorare e quali saranno secondo lei i problemi da affrontare nel prossimo futuro?
«La situazione in cui ci troviamo noi è quella in cui si ritrovano tutti gli operatori dello spettacolo dal vivo, della musica, del cinema. E anche noi, come tutti, siamo in attesa di indicazioni precise, di disposizioni sui tempi e sulle modalità in cui potremo riprendere a fare il nostro lavoro. Stiamo pensando a reimpaginare il Festival, ma non abbiamo preso decisioni definitive e non ne prenderemo finché il quadro non sarà chiarito. Per noi è fondamentale rimanere dentro una logica di festival, uno spazio in cui potersi incontrare, confrontare, in cui condividere, nella ricerca di una ritrovata volontà di partecipazione che conviva finché necessario con il distanziamento fisico, ma che non ceda al distanziamento sociale.
Per quanto riguarda la nostra attività abbiamo continuato a lavorare in smart working e abbiamo coltivato i rapporti con gli artisti con cui eravamo in contatto sia per la programmazione del Festival, sia per le residenze artistiche del CID – Centro Internazionale della Danza (che è parte del più ampio centro di residenza regionale Passo Nord). Con gli artisti il contatto rimane costante sia per riprogrammare le nostre collaborazioni ma anche più semplicemente e umanamente per continuare a stimolarci nelle riflessioni su questo periodo. Il rapporto è stato costante anche con il pubblico con newsletter, piccoli progetti di comunicazione sui nostri canali social e con la messa in onda sul canale History Lab (602 del digitale terrestre) e su You Tube (canale della FMST) del programma Qui e Ora, un progetto nato dalla collaborazione con la Fondazione Museo Storico del Trentino e Centrale Fies: quattro puntate, ciascuna delle quali ruota attorno ad un tema – INTERAZIONI, CORPO, NATURA e TECNOLOGIE – che oggi suonano più che mai dirompenti e attuali attraverso una selezione di spettacoli, performance e residenze artistiche presentati a Oriente Occidente Dance Festival e a Centrale Fies».
Come sono i vostri rapporti col Ministro del Turismo e Spettacolo Dario Franceschini, rispetto alla ripresa del vostro lavoro?
«Naturalmente abbiamo dei rapporti con il Ministero ma le relazioni sono anche mediate dalle organizzazioni che ci rappresentano – C.Re.S.Co, Agis e Federvivo – e che siedono ai tavolo della discussione con le istituzioni. Ci aspettiamo la definizione di protocolli il più precisi possibile e chiediamo che questo venga fatto con una certa sollecitudine: prima avremo le indicazioni, prima saremo in grado di riprendere a programmare il lavoro. Per noi certamente una delle situazioni più complicate si propone per la programmazione di compagnie internazionali, resa complessa dalle normative sui viaggi e sull’obbligatorietà di quarantena, una regola che ha molto a che fare anche con le complicazioni del settore turistico. Da parte delle compagnie e di tutti noi c’è grande voglia di fare ma in alcuni casi sarà difficile poter realizzare quel che avevamo programmato. Per ora, attendiamo indicazioni con moderato ottimismo e continuando a tessere i fili delle nostre relazioni con la città, con le compagnie, con il pubblico, con i musei di Rovereto, spesso teatri delle nostre performance ».
Cosa pensa del dibattito attuale sul ruolo dell’artista di teatro in tempi di Covid 19 e Social? È favorevole a questo spostamento di campo dal teatro dal vivo al digitale?
«Sono convinto che non possa esserci una sostituzione: passare al digitale significherebbe affossare l’elemento costitutivo dello spettacolo dal vivo, ovvero il rapporto unico e irripetibile tra artista e spettatore, in una ritualità laica che dura da secoli, superando guerre e pandemie. Nessuna forma di virtualità può sostituire un rapporto diretto e per noi l’obiettivo più ambizioso è proprio trovare forme che mantengano viva questa relazione. Proprio la cultura in questo momento è strumento politico: il prodotto culturale non è merce ma ha in sé un prezioso valore per la promozione di una società civile più coesa, di cui oggi abbiamo grande necessità. La cultura ha in sé un grande potere trasformativo e il mondo oggi ci sta dicendo che una nuova consapevolezza è necessaria: abbiamo bisogno di una nuova relazione viva con la natura, che non sia più prevaricatrice. Nell’ultima edizione di Oriente Occidente erano in programma diversi spettacoli che parlavano proprio di questo: ecco il ruolo anticipatore dell’arte e dell’artista. Oggi più che mai si sovrappongono etica ed estetica» .
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Festival Centrale Fies Dro (Trento)
Barbara e Dino vivono a Dro vicino alla Centrale Fies uno dei luoghi e spazi più conosciuti per la produzione e attività artistica teatrale e non solo in tutta Italia. Il loro festival richiama ogni anno un’attenzione sulle nuove proposte che vanno dal teatro alla sperimentazione di linguaggi inediti e creativi capaci di ampliare lo sguardo al di là della semplice rappresentazione scenica. Ora – come tutti gli altri loro colleghi – sono in attesa di capire cosa accadrà nei prossimi mesi e quali decisioni saranno adottate per ripristinare (almeno in parte e con tutte le dovute cautele sanitarie) le attività con il pubblico. Secondo i due founder di Centrale Fies «teatro e la performance art saranno e sono anche capaci di muoversi all’interno dell’ambito virtuale, ma questo non potrà mai sostituire del tutto il senso di scambio tra artisti e spettatori: senza i pubblici che negli anni ha saputo costruire, lo scambio relazionale è fortemente alterato. È possibile invece fare, come in questi giorni, un lavoro transitorio e a distanza con gli artisti e le artiste, per capire quali saranno le forme di fruizione del futuro più vicino, ma soprattutto per capire le condizioni emotive e professionali di questo scenario inaspettato».
Barbara: «La prima parola che mi viene in mente è coesione, per pensare a come rifondare tutto insieme una comunità anche se fatta di “realtà eterogenee”. La mancanza di rete, a livello nazionale, nel passato è stata un problema da risolvere trovando una coesione d’intenti: difatti molti artisti si stanno organizzando come nel caso di AWI (art workers Italian), e sarà molto importante intercettarne le istanze e le necessità. C’è bisogno anche di più coesione tra le diverse realtà che ospitano in residenze artistiche e producono arte cercando meno visibilità a livello individuale e moltiplicandosi invece in spazi dove agire: per esempio con Passo Nord (residenze artistiche Trentino Alto-Adige), cerchiamo di ospitare più artisti possibili a seconda degli spazi e dei progetti eterogenei che portiamo avanti.
Credo che in questi giorni sia stato molto utile lo studio e la riscoperta di un tempo dedicato alla riflessione e all’impegno intellettuale e politico: le rivendicazioni devono essere ascoltate dalle istituzioni e arrivare anche da realtà come i festival, compagnie, e artisti performativi. Abbiamo anche riflettuto su una cultura che tenga conto di una “rieducazione” e maggiore contatto con un pubblico più eterogeneo, questo vuole dire poter chiedere che i parametri ministeriali mantengano -anche in futuro- un’elasticità che consenta di dialogare con i diversi segmenti di una comunità, come nel caso del progetto Enfant Terrible, per portare nelle scuole la conoscenza della performance art storica, che fatica però a trovare spazio all’interno di una programmazione festivaliera estiva che chiede una concentrazione iperbolica in pochi giorni, quando invece la cultura e l’arte dovrebbero fluire quotidianamente… Un’iperproduttività -quelle estiva- su cui ora dobbiamo ragionare per il futuro. La qualità artistica va inoltre salvaguardata anche con giornate di prove e di studio e su questo ultimo punto ci stiamo organizzando al meglio. Non ci siamo fermati ma cerchiamo di pensare a progetti fattibili per mantenere alta la professionalità.»
Dino: «rispetto alla Provincia Autonoma di Trento è indispensabile riformulare radicalmente il fondo unico dello spettacolo provinciale che nella sua attuale versione appare scollato dalla realtà e dall’esistente. A livello nazionale, come festival e centro regionale di residenza abbiamo invece contribuito attivamente alla stesura di un documento sottoscritto da 56 festival e 82 spazi per residenze e inviato al Mibact. Lì dentro una richiesta di garanzia di sostegno economico e soprattutto massima flessibilità in moda da salvaguardare l’ecosistema di struttura e artisti.»
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Pergine Festival (Pergine – Trento)
Carla Esperanza Tommasini è la direttrice artistica del Pergine festival a cui abbiamo chiesto come sta affrontando la situazione attuale: «Siamo in contatto con le amministrazioni per poter garantire una proposta artistica in grado di tutelare noi stessi e il pubblico e ripensare a delle soluzioni alternative così da poter evitare la cancellazione di tutti gli eventi programmati in precedenza. Al pubblico dobbiamo fornire una giusta comunicazione su cosa verrà deciso per permettere la condivisione della responsabilità a cui tutti siamo chiamati. Pochi possono permettersi il lusso di cancellare del tutto un programma artistico. Per me è importante valorizzare la figura dello spettatore consapevole che fa parte di un comunità capace di sostenere la linfa vitale nell’ambito culturale del territorio in cui noi lavoriamo e agiamo. In questi mesi ho dedicato molto tempo a restare in contatto con gli artisti e con la mia comunità in cui vivo, questo è stato essenziale per darci un orizzonte su come proseguire. Certo è stato difficile per via delle condizioni di sospensione i cui tutti ci siamo ritrovati. Ora dobbiamo cercare di capire come organizzare gli spettacoli all’aperto con un’affluenza contingentata di spettatori per evitare il contatto ravvicinato, sia tra di loro che tra artisti e pubblico. Nella danza questo è un problema e non è possibile risolverlo facilmente.
Ci stiamo confrontando con tutti anche a livello umano, ricontattando gli artisti per dialogare e creare dei progetti in essere là dove era previsto lo spettacolo al chiuso. C’è poi il bando OPEN sezione Creazione (Urbana) contemporanea, rivolto ad artisti (singoli, compagnie o collettivi) che operano nell’ambito della creazione per lo spazio pubblico a livello nazionale ed internazionale. L’obiettivo è la valorizzazione dello spazio urbano e della sfera pubblica attraverso progetti e interventi artistici che riescano a reinventare/immaginare/esplorare lo spazio, trasformando temporaneamente i luoghi e le traiettorie relazionali che li percorrono, pensato non solo come luogo, ma come forma del tempo e area di ricerca, come un orizzonte o paesaggio dove lo spettatore possa riconnettersi con il tessuto urbano, storico e relazionale del luogo. Lo spazio urbano si è trasformato negli anni riuscendo a mettere in piedi una rete di collegamenti in cui l’interesse artistico comune ci ha permesso di presentarli insieme. Un percorso produttivo realizzato tramite le residenze urbane che in questa fase abbiamo trasformato in residenze digitali per poter mantenere il contatto .
In questo tempo siamo riusciti a portare avanti la progettualità trasformando alcune azioni, come la residenza che si è svolta digitalmente e la tavola rotonda (prevista per il festival periferico) in una tavola rotonda digitale con Altre Velocità. Ci siamo impegnati in questa fase per non fare una corsa disperata nel mettere un’etichetta sulle cose da farsi. Il nostro festival di per sé è libero di pensare e sperimentare perché ha la possibilità di trovare un terreno fertile per la sperimentazione. OPEN ci permette di creare delle idee molto belle e definirle solidificando le proposte e se non ci fosse stata questa sospensione non avremmo avuto la possibilità di concretizzarle pienamente. La domanda resta comunque: cosa riusciremo a fare? Al di là dello spazio sul palcoscenico vanno pensate delle alternative e ci viene in aiuto la creatività, essendo un festival meno istituzionale rispetto ad altri. Noi possiamo utilizzare modalità e format diversi nel coinvolgere il pubblico, il territorio».
In copertina foto di Mauro Conti (Berliner Ensemble Theater )