NOTO (Siracusa) – È sempre un privilegio seguire, sin dalle prime battute, la nascita e il graduale concretizzarsi di un’opera o di un progetto artistico. Parliamo in particolare di “Machine Tool_maneggiare con cura”, la coreografia di Melissa Gramaglia, anche interprete (siciliana di Noto, ha studiato in Germania e in Italia nell’ambito della scuola di Roberto Zappalà), nell’ambito del Codex Festival. On stage, accanto all’autrice e danzatrice, a danzare e suonare dal vivo il versatile contrabbassista Antonio Aiello. Uno spettacolo che la giovane coreografa ha costruito in un paio d’anni, tassello dopo tassello, segmento dopo segmento, con una serie copiosa di studi e riflessioni e che sembra aver trovato un suo definitivo ed apprezzabile equilibrio formale. È il rapporto amoroso il focus su cui si concentra la coreografa, il rapporto amoroso nella sua infinita (e quindi inesauribile) gamma di situazioni, emozioni, improbabili incastri, fratture, tragicomici paradossi che l’arte ha preso a esplorare sin dalle origini dell’uomo e che si disvela, in tutto il suo senso e la sua potenza vitale solo a condizione che di esso si sappia e si possa a parlare con autenticità.
Ed è questo in fondo lo scarto che, fatta salva qualche acerbità e qualche eccesso d’ansia, rende apprezzabile il lavoro, questo lavoro, di Melissa Gramaglia: la consapevolezza che tra la finzione della resa scenica, limitata nello spazio e nel tempo, la dinamica della costruzione del segno e del gesto coreografico e l’autenticità di quanto si esprime c’è uno iato, una dialettica aperta che necessitano di cura, di attenzione, di delicatezza, di consapevole ironia. La cura e la consapevole ironia che consentono a qualsiasi arte di non trasformarsi in puro mestiere, che consentono al danzatore di far vibrare di senso il proprio corpo e al musicista di rendere lingua vivente le note del suo strumento. Ed è cosi che dialogano in scena Gramaglia e Aiello, che s’intersecano positivamente movimenti e note, gesti e sguardi, cadute e corse. Riescono a incrociarsi, con leggerezza e misura, ironia e profondità, naturalezza e disciplina. Meno utile appare invece, nell’economia complessiva dello spettacolo, l’utilizzo di parole che, nella loro nudità, davvero poco aggiungono al senso complessivo ed anzi ne limitano la poetica connotatività.
Visto al Codex Festival di Noto il 25 settembre 2015