RUMOR(S)CENA – ROVERETO – Sa di rinascita e sottile euforia l’atmosfera che ha avvolto le strade di Rovereto durante i giorni di Oriente Occidente, storica kermesse dedicata alla danza internazionale. Si avvertiva tutto il desiderio di tornare fuori, dopo i lunghi mesi di isolamento sociale causati dalla pandemia; ma si percepiva anche la consapevolezza del peso specifico della transizione epocale in atto, il bisogno di riflettere, la necessità di affacciarsi a questa nuova realtà in divenire con il giusto mix tra entusiasmo e discernimento.
“Sguardi all’orizzonte, per vedere dov’è il futuro”: questo il motto scelto da Lanfranco Cis per sintetizzare il ricco programma dell’edizione numero 41. Ogni evento, dagli spettacoli alle performance, dalle mostre agli appuntamenti della sezione Linguaggi, era permeato da questo intento. Le compagnie in scena lo hanno declinato sapientemente e lo hanno definito in modo chiaro ma non saccente; e da parte del pubblico è stato recepito.
Tutto ciò che ha attraversato Rovereto in quei giorni era intriso di spirito di condivisione. Traspariva dagli occhi dei volontari e delle volontarie, dai movimenti sinuosi e silenziosi delle fotografe di scena, dalla vibrazione nella voce di chi lanciava, sera dopo sera, l’attesissimo annuncio in sala: «Benvenuti e benvenute, lo spettacolo sta per iniziare!».
E che inizio!: il Festival ha letteralmente aperto le danze con l’energia deflagrante di Hofesh Shechter e della sua compagnia che ha presentato il primo, magnifico lavoro del coreografo, musicista e compositore israeliano ovvero Political Mother – del 2010 – in versione Unplugged. Già, perché la reinterpretazione proposta nella meravigliosa cornice del Teatro Zandonai di Rovereto era davvero “non amplificata”: la danza dei giovanissimi interpreti si fa foriera di quella veemenza e di quel furore che Shechter attribuisce alla violenza cieca delle ideologie totalitarie. Lo spettacolo si apre e si chiude con il rituale dell’harakiri; in mezzo scorrono orde di folli e disperati, vortici sonori e visivi si intrecciano alla magistrale partitura di movimenti tutta costruita in bilico; si alternano aggressività e passività, terrore e compassione, rabbia e obbedienza.
Il viaggio di Oriente Occidente ha fatto quindi tappa in una sorta di terra di nessuno, parafrasando il titolo della performance di Daniele Ninarello: Nobody Nobody Nobody. It’s Ok not to be Ok. Creazione evidentemente figlia dei mesi di lockdown che tuttavia sconfina in una dimensione più profonda: in questo solo non c’è, semplicemente, un corpo in stato di costrizione fisica ma un essere umano che manifesta in carne e ossa le diverse sfumature della vulnerabilità, innescando un processo catartico e liberatorio.
Una catarsi che ha raggiunto vette altissime con Peeping Tom: il duo, composto da Gabriela Carrizo e Franck Chartier, non ha bisogno di grandi introduzioni. Il lavoro presentato a Oriente Occidente è l’anteprima nazionale di un dittico molto speciale in cui gli storici The Missing Door e The Lost Room si fondono in un racconto unico. Entrambe le coreografie stupiscono per l’intensità delle interpretazioni, l’eminenza della maestria tecnica, l’efficacia reale e straniante della drammaturgia, delle scenografie, delle luci. Ma ciò che ammalia e quasi commuove è la transizione da una “stanza” all’altra. Il ponte che collega i due titoli è costituito da un sofisticatissimo cambio palco a sipario aperto, un momento a tratti pirandelliano, in cui lo scomporsi e il ricomporsi delle strutture sceniche diventa l’occasione per mettere a fuoco, ancora una volta, quant’è labile il confine tra finzione e realtà.
Focalizzato sull’esilio, sull’estraneità, sull’essere ai margini, il lavoro di Stefano Mazzotta per Zerogrammi è andato in scena en plein air, nel Giardino delle Sculture del Mart, sotto il cielo, sull’erba, alle luci del tramonto. Ispirato al romanzo I Poveri dello scrittore e storico portoghese Raul Brandão, l’Elegia delle cose perdute si è manifestata come un’oscillazione in forma di danza tra direzioni eternamente opposte, inconciliabili, una messa celebrata da sette personaggi-stereotipo – anche in questo caso torna in mente Pirandello – diversissimi eppure identici nella loro condizione di miseria che rasenta il poetico. Spaesati in ogni senso, letterale e metaforico. Ancora un riconoscimento, di nuovo una connessione che ha emozionato e al tempo stesso incupito.
Il secondo, e ultimo, week end di Oriente Occidente è stato infine un’immersione nell’universo poetico e politico di Michela Lucenti. Danzatrice e coreografa, fondatrice dell’ensemble Balletto Civile, l’artista ha presentato a Rovereto due lavori profondamente connessi. Ispirata dagli studi dello storico dell’arte Tomaso Montanari sulla centralità del corpo in età barocca, Michela Lucenti sta tuttora indagando i madrigali di Claudio Monteverdi in un processo di rielaborazione dei temi pastorali, amorosi, guerrieri adatta alle sue esigenze e alle identità del suo progetto artistico nomade. È così che è nato 20 Di/Versi. Madrigali contemporanei, una delle tre tappe dell’articolato percorso che l’artista spezzina sta realizzando nel biennio 2021-2022. Negli spazi della Sala Kennedy all’Urban Center di Rovereto, è stata allestita una mostra-performance letteralmente incantevole: 20 cittadini e cittadine hanno offerto il loro personalissimo madrigale, tracciando una storia che riguarda non solo con le singole identità ma la vita collettiva di un intero territorio.
Le composizioni monteverdiane sono state annodate alle partiture fisiche e poetiche dei performer; transitando da una postazione all’altra, si è percepito progressivamente il tratto in condivisione di questa piccola rappresentanza di umanità diversissima per età, genere, occupazione, esperienze che ha generato meraviglia, stupore, commozione. Anche sul palco ha portato in scena un vero e proprio spaccato di umanità. In Figli di un Dio ubriaco dodici interpreti – tra cui una bambina e il padre settantaseienne dell’artista – raccontano storie quotidiane in un connubio davvero equilibrato con l’Ensemble Cremona Antiqua diretta da Antonio Greco. Si susseguono, senza sosta, gesti ordinari e straordinari del quotidiano: operai e operaie, padri e figlie, mariti, mogli, amiche, corrieri, periti, travestiti. In rapida sequenza, si aprono e si chiudono una serie di scorci, concreti e forse anche un po’ banali, che riflettono e fanno riflettere sui grandi temi del nostro tempo: la precarietà del lavoro, l’immigrazione, la crisi della famiglia tradizionale, l’identità di genere e così via. Lucenti dipinge un grande, potentissimo affresco sulla società contemporanea traendo ispirazione da storie autentiche rielaborate con precisione chirurgica, tanto dai movimenti quanto dalle parole. E confermando – se mai ci fossero stati dubbi – di essere una delle figure di massimo rilievo del panorama artistico italiano.
A chiudere la 41esima edizione del festival Mixed Doubles, quattro duetti con interpreti abili e con disabilità realizzati nell’ambito del progetto quadriennale Europe Beyond Access di cui Oriente Occidente è promotore. La straordinaria qualità dei lavori, la loro urgenza, la totale attinenza alle più importanti questioni sociali del presente trovano perfetta corrispondenza nell’organizzazione della kermesse, una delle poche – per non dire l’unica – in Italia che da tempo sperimenta forme di fruizione delle arti performative adeguate alle persone con disabilità.
Grazie alla collaborazione con ENS (Ente Nazionale Sordi), alcuni degli spettacoli in programma sono stati accompagnati dalla possibilità di usare i Subpac, innovativi strumenti audio-tattili che si indossano come zaini e che vibrano al ritmo della musica, permettendo la percezione sonora attraverso il tatto. E ancora: traduzioni in LIS, accoglienza a cura di uno staff segnante composto da volontari e volontarie, audio-descrizioni e materiali in braille per le persone cieche e ipovedenti, posti riservati per persone con mobilità ridotta e in carrozzina con ingresso in autonomia al foyer, alla platea, ai bagni.
Non a caso, è da questa realtà che a maggio scorso è nata la Rete italiana Europe Beyond Access 2021-2023, un network attualmente sottoscritto da 26 istituzioni culturali italiane che si interroga e invita il panorama culturale nazionale alla discussione sui temi dell’accessibilità e dell’inclusione nelle arti performative.
Spettacoli visti a Rovereto al Festival Oriente Occidente dal 3 al 12 settembre 2021.