RUMOR(S)CENA – VORNO DI CAPANNORI – (Lucca) – Un luogo a ‘lato’ dell’Universo, così può essere suggestivamente definita l’Associazione Culturale Dello Scompiglio custodita nell’omonima Tenuta tra il movimento dei boschi in quel di Vorno di Capannori, presso lo sguardo di Lucca. Un luogo, fisico e mentale, razionale e sentimentale, in cui, per la stessa intuizione generatrice della sua ideatrice e costruttrice Cecilia Bertoni, si accede con la chiave estetica dell’Arte intesa in ogni sua fecondità. Per questo, forse, può tentare più di altri i meandri del ‘non detto’, o meglio di ciò che non si vuole dire, non si può più pronunciare e dunque si tenta di dimenticare, e tra questi il tabù contemporaneo forse più spigoloso, quello della Morte e del suo essere in relazione con la vita.
Rubedo, l’itinerante performance ideata e costruita dalla Bertoni in feconda collaborazione con Claire Guerrier, Fernando Marquez e soprattutto Carl G. Beukman che cura anche le sonorità musicali e non, è questo tentare un terreno difficoltoso, ma in fondo non sconosciuto perché oltre la cecità del presente ci è sempre appartenuto e ci appartiene sempre. Un terreno che la performance in concreta metafora percorre attraverso i sentieri della Tenuta in cui ci incamminiamo e, soprattutto, con una modalità profondamente figurativa, tra pietrose costruzioni, virtualità video, flussi e orizzonti naturali ed insieme onirici, talmente figurativa anzi da paradossalmente trasfigurarsi in drammaturgia senza che la parola venga detta, ma lasciandola maturare nel silenzio che ci viene consigliato. Un silenzio che, come il vuoto fisico e quantistico è un pieno di cose, è pieno di suoni che vengono silenti dal cuore e dall’anima perduta e che siamo quasi chiamati a recuperare da fuori, con l’empatia che i due asinelli che ci accompagnano per un tratto sprigionano dagli occhi profondi.
Ci immaginiamo così che la ‘impermanenza’ che ci caratterizza nel vivere transeunte, e di cui il continuo mutare ed evolverci è il segno evidente, non è in fondo che il modo, l’essere della morte nel tempo della nostra vita. E se l’impermanenza si mostra come carattere della morte, allora anche la morte, come la vita in cui si manifesta è impermanente, costituendosi tutto ciò alla fine come un paradosso all’apparenza irrisolvibile in cui vita e morte emergono solo, ed in relazione tra loro, come due, due tra i tanti, ‘stati’ dell’universo come lo conosciamo o pensiamo di conoscerlo.
Senza rivolgerci all’eterno ritorno o alla metempsicosi che circuita le anime, basta ricordare quei due maestri Zen i quali, al loro medesimo allievo che domandava, a uno dopo l’altro, “cos’è la vita e cos’è la morte”, rispondevano “né vita, né morte”, un enigma che intendeva che l’una con l’altra, e dunque l’una senza l’altra, non possono essere pensate. Oppure, tornando all’occidente e a tempi più prossimi, si può andare al Paradosso del Gatto di Erwin Schrodinger, per il quale solo guardando dentro la scatola possiamo sapere se quel gatto sia vivo o sia morto, per cui solo guardando la morte possiamo sapere di essere veramente in vita, conoscendola, e viceversa. Rubedo, cioè il compimento della scienza alchemica, non ci indica dunque un luogo che non esiste ma un luogo che ancora non sappiamo, e forse mai sapremo, come effettivamente potrebbe ovvero potrà essere, ce lo mostra nell’Arte che è anche riflesso della Natura, oltre scienza e religione che comunque di quel luogo fenomenico si alimentano da sempre.
Una performance molto intensa nel complesso, in ognuno dei suoi molteplici linguaggi, dal teatro itinerante, alle affascinanti installazioni in cui l’assenza si fa presenza e, appunto, la permanenza si fa impermanenza, al video in cui il corpo della Bertoni tras-colora nel rosso vivo che danza alla ricerca di un confine che non può essere trovato. Protagonista di ogni linguaggio e di ogni passaggio, Cecilia Bertoni non vuole dare alcun insegnamento ma, socraticamente, stimolare in noi, che sappiamo di non sapere, il pensiero consapevole di essere in ‘un’ Universo.
A rendere tutto omogeneo, a mescolare ogni sentire con il magma profondo del nostro essere, la voce di Angelica D’Agliano, che sorge improvvisa e bellissima tra i suoni fruscianti della natura, spingendoci ‘dentro’ fino a capire. Una performance infine che parla direttamente alla affettività di ciascuno, agganciandola oltre la parola in un messaggio scritto e rapidamente bruciato tra le fiamme, in un fuoco che ricorre quasi ossessivo nei momenti principali. Il fuoco, ciò che sublima la materia e che si fa metafora nella Fenice la quale, risorgendo dalle sue stesse ceneri, riconduce ogni fine ad ogni suo ciclico inizio.
RUBEDO performance itinerante, ideazione Cecilia Bertoni, in collaborazione con Carl G. Beukman e Claire Guerrier, Fernando Marques Penteado, regia Cecilia Bertoni, musica, suoni e rumori Carl G. Beukman. Con dal vivo Cecilia Bertoni, Fernando Marques Penteado, Angelica D’Agliano e Siria Tasselli, asinari Deniel Balestra, Andrea Michelucci, Daniele Biagioni e con Totò & Nina, nei video Cecilia Bertoni, Carl G. Beukman, Claire Guerrier, Fernando Marques Penteado bardamenti di Totò & Nina Cecilia Bertoni, video riprese On the corner Simone Alderighi, Nadia Baldi, Cecilia Bertoni, Alice Mollica, riprese ed effetti visivi RUBEDO Nadia Baldi, editing Nadia Baldi, Cecilia Bertoni, realizzazione costume RUBEDO Lucia Castellana, direzione tecnica e allestimento Paolo Morelli
assistente Giulia Bonito, produzione Michela Giovannelli, ufficio stampa Angelica D’Agliano.
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