RUMOR(S)CENA – BOLOGNA – “Quando si viveva fuori dalla Torre di Avorio”, questo ho la sensazione sia il filo rosso che lega Nanni Moretti, e la sua(nostra) generazione, con Natalia Ginzburg, e la sua generazione, un filo che coinvolge e rende in qualche modo profondamente coerente la messa in scena che il primo, per la prima volta regista teatrale, fa di due atti unici della seconda. Diario d’amore è il titolo che riunisce in un unico spettacolo appunto due scritture della Ginzburg (Dialogo e Fragola e panna) andato in scena, per una pluriproduzione coordinata da ERT Emilia Romagna Teatro e diretta appunto da Nanni Moretti, al teatro Arena del Sole di Bologna, stracolmo.
Credo che ogni sensazione, se suggestione che potrà essere condivisa, vada comunque illuminata a partire dai due poli di quello che abbiamo chiamato dialoghi, dall’energia estetica prodotta in scena e dal relativo esito. Natalia Ginzburg, nata Levi da padre ebreo e madre cattolica, amica di Elsa Morante, è come a tutti noto figura essenziale dell’intellettualità italiana forgiata dalla Resistenza (il marito Leone, antifascista, morì per le torture subite dai nazisti in carcere a Roma) e formata nell’idea che l’attività culturale avrebbe perso consistenza e legittimità se non avesse guardato non solo a sé stessa ma anche alla Società, al mondo, e alla Storia, al fine di contribuire al superamento delle classi e di ogni dittatura, economica o politica che fosse. Un “intellettuale organico”, come veniva chiamato allora nel solco di Antonio Gramsci, e che trovò nella sinistra promozione ma non sempre piena benevolenza come nel caso di Pier Paolo Pasolini..
Non si trattava solo di politica, ma di un nuovo umanesimo che arricchiva, insieme ai gangli profondi della società, anche le più varie forme espressive e artistiche, come la stessa Ginzburg dimostra. Pur distanti per età l’uno dall’altra c’è però un nodo generazionale che li coinvolge entrambi, ed è la svolta nel 1968 e nel 1969, anni che segnano il maggior impegno politico della Ginzburg che nel 1983 sarebbe stata eletta in Parlamento come Deputata del Gruppo “Sinistra Indipendente”, tra rivolta e strategia della tensione che cominciava a formare una nuova generazione di militanti (famosa fu la sua appassionata difesa di alcuni giornalisti di “Lotta Continua” dopo l’omicidio Calabresi) in uno spettro che copriva quasi l’intera società e le diverse intenzionalità che l’attraversavano.
Natalia Ginzburg e Nanni Moretti sono stati così, in qual modo, compagni di un viaggio e alleati in un percorso della cui fine Natalia Ginzburg, scomparsa nel 1991, ebbe modo di vedere e capire solo l’inizio. È sotto questa luce che credo vada interpretata la scelta dei testi e anche le modalità estetiche della loro visitazione registica, inevitabilmente aggiornata, ma che guarda da quel dopo (storico, sociale e politico) che si è man mano e fino ad oggi strutturato. Buona borghesia, che è il titolo di questo articolo, dice evidentemente di un approccio ironico e disincantato, ma anche profondamente nostalgico, ad un mondo che si conosceva e non si ri-conosce più, un mondo, quello della borghesia in genere e, della borghesia intellettuale in particolare, che pur nella sua crisi, anzi proprio per la sua crisi, ha saputo proporre e incentivare, producendo fermenti forse degni di miglior sorte.
Ora quei nomi e quei termini non ci sono più, ce ne sono altri magari più popolari ma chissà anche più violenti e volgari, come se la generazione di Nanni Moretti avesse condiviso e poi raccolto il testimone dalla generazione di Natalia e Leone Ginzburg per poi perderlo e non riuscire a passarlo a quella che seguiva. Ma, andando anche un poco oltre, non si tratta solo di semplice nostalgia di un tempo che fu, si tratta della nostalgia di un modo di raccontare la vita che riguarda soprattutto l’etica, non solo l’estetica, della sua narrazione.
È una suggestione che nasce dalle ultime prove cinematografiche di Nanni Moretti e che trova una sua, per così dire, validazione nella stessa messa in scena, con modalità che appaiono in senso lato filologiche, che privilegia scenografie, movimenti, prossemica e la stessa recitazione in forme che sembrano più del passato che del presente, quasi che esprimessero il desiderio di essere riportate non tanto ‘in vita’ quanto a ‘quella vita’. Un approccio che talora entra in frizione con gli stessi attori, legati più agli sviluppi di tutto un teatro di ricerca che Moretti sembra non conoscere (e non lo credo) ma comunque sembra non voler considerare.
È comunque una frizione positiva che produce e spiega più di tante altre cose la suggestione che si cerca, usando il linguaggio cinematografico, di ‘mettere a fuoco’. Tutto ciò oltre lo stesso contenuto, comunque coerente, di una narrazione che mostra lo sfaldarsi della famiglia ‘borghese’ che allora si annunciava e che ora è giunto a maturazione, una famiglia che costituiva un nucleo da rivoluzionare se si vuole, ma comunque da considerare. La rappresentazione di due ambienti familiari diversi (una famiglia alle prese con le tensioni che la deformano, e una coppia dominata dall’ipocrisia reciproca), in cui però la donne, di fronte all’immobilismo degli uomini, sono le sole ad esprimere una dinamica ed una evoluzione che si apre a nuove soluzioni.
Uno spettacolo interessante, messo in scena con equilibrio e buona misura, con attori di spessore a partire dal bravo Valerio Binasco e da Daria Deflorian che della cameriera da un interpretazione molto ricca figurativamente, uno spettacolo forse con lo sguardo rivolto all’indietro ma così da capire meglio un oggi complicato. Tornando alla Torre d’avorio’, infatti, è un oggi in cui molti intellettuali sono rientrati, chi per stanchezza chi per condivisione, al suo interno.
Visto al teatro Arena del Sole di Bologna il 31 ottobre 2023, sold out e con molti applausi.
Diari d’amore. Dialogo | Fragola e panna, due commedie di Natalia Ginzburg, regia Nanni Moretti, con Valerio Binasco, Daria Deflorian, Alessia Giuliani, Arianna Pozzoli, Giorgia Senesi, scene Sergio Tramonti, luci Pasquale Mari, costumi Silvia Segoloni, assistente alla regia Martina Badiluzzi, direzione di produzione, casting Gaia Silvestrini, assistenti al casting Martina Claudia Selva, Benedetta Nicoletti, sarta Antonella Ranisi, responsabile area artistica, programmazione e formazione Barbara Ferrato, responsabile area produzione Salvo Caldarella, responsabile area allestimenti scenici Marco Albertano, direttore di scena Gianluca Tomasella, capo elettricista Fabio Bozzetta, fonico Paolo Cillerai, macchinista Riccardo Betti, sarta di scena Benedetta Nicoletti,
produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Carnezzeria Srls, Emilia Romagna Teatro ER T / Teatro Nazionale, LAC Lugano Arte e Cultura, Châteauvallon-Liberté scène nationale, TNP Théâtre National Populaire à Villeurbanne, La Criée – Théâtre National de Marseille, Maison de la Culture d’Amiens, in collaborazione con Carrozzerie n.o.t, coordinamento Aldo Miguel Grompone, con il sostegno di Fondazione CRT, foto Luigi De Palma.
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