RUMOR(S)CENA – CATANIA – Colpo di fulmine o accurata operazione giornalistica, o soltanto curiosità ben indirizzata e ambizione vincente; chi insegue i ricordi e gli articoli apparsi sulle pagine patinate dei rotocalchi di anni lontani sorriderà al pensiero del mormorio curioso che seguì l’incontro, allora inconsueto, tra una celebre e mitica attrice del cinema, Gina Lollobrigida, convertitasi per noia o curiosità del bel mondo al fotogiornalismo, e il più celebre dei capi della gran rivoluzione cubana, Fidel Castro. Di quell’incontro si parlò, si scrisse, si fecero illazioni tirando fuori sentimenti e ipotesi amorose. Nessuno seppe mai la verità, ma Zsolt Pozsgai, drammaturgo ungherese certamente curioso di incontri e sentimenti nella storia minima di quegli anni e pronta ad incrociare quella massima, ne ha tratto una commedia, “Gina e Fidel”, andata in scena per il Teatro Stabile di Catania.
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Commedia piacevole, frutto certo di una puntigliosa ricerca tra i giornali, ma anche molto fantasiosa e ricca di intuizioni possibili e non riscontrabili. Fantastica quindi e immaginaria, ma capace d’intrecciare le sue battute con ansie di quegli anni e fremiti contemporanei, affidata com’è al bel lavoro, in coppia d’attori fantasiosi, di Emanuela Muni e Claudio Di Palma, e con la regia di quest’ultimo. “Gina e Fidel” è così gioco intrigante, incontro sorridente, scontro di sentimenti, rivelazione di cronache carpite e piegate alla memoria vera e forte di una storia anche crudele che forse colpi l’attrice, quella di allora, che non era una sciocca sprovveduta ma una donna battagliera e bella su cui la Muni si modella bene ed aggiunge invenzioni e brividi, sussulti e scarti d’umore, gesti sapienti di un “allure” sciupato in cambi d’abiti lussuosi e di tenerezza desiderata che s’impenna ed asseconda il burbero scusarsi del capo, il Líder Máximo, a cui Claudio Di Palma offre rigidità di soldato e gentilezza da conquistatore capace di sedurre.
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Ecco che ne esce fuori, in frammenti ed incontri, il percorso diviso nel tempo di poche giornate che qui diventano porte socchiuse da cui sbirciare e ricordare ancora. Compaiono i ricordi e qualche sogno nell’ombra del bar con i suoi specchi intriganti e il bancone pieno di bottiglie e bicchieri di rum da bere in gran sorsate scostumate, o della camera blindata per rendere sicuri gli incontri di un Fidel sospettoso e guardingo nel terrore di attentati sempre organizzati e sventati, nell’affetto dell’amico irruento che ritrova il volto generoso fatto icona del più caro e fedele Che Guevara. Ricordi rapidi di guerra e di orgogliosa povertà che s’esalta al pensiero di una rivoluzione che fu culturale e sociale contro molti dei poteri politici del tempo e che esaltavano la donna disinvolta del gran cinema che s’avventurava per nuove strade da conquistare in società del benessere.
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Bel lavoro di severa scenografia a moltiplicare lo spazio del piccolo palcoscenico della Sala Futura, e bei costumi creati per Emanuela Muni da Noemi Intino in scialo di eleganza indossata con lieta bravura disinvolta. Insomma uno spettacolo in cui ci si incuriosisce e ci si diverte, parteggiando forse più per l’attrice ardimentosa che per il prudente intervistato pronto a capovolgere i ruoli e a fare domande o a dare impertinenti risposte trattenute. Ma spettacolo rappresentato per soli pochi giorni, e con successo, ma destinato all’oblio come purtroppo accade di frequente nello spreco incolpevole dei protagonisti e in ossequio alle norme inutili e crudeli che regolano, da tempo e in sofferenza, il sistema italiano dei teatri.
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“Gina e Fidel” di Zsolt Pozsgai. Regia di Claudio Di Palma. Con Emanuela Muni e Claudio Di Palma. Traduzione e adattamento di Emanuela Muni. Aiuto regia Marianna Di Martino, light designer e video Gaetano La Mela, musiche Vince Tempera, costumi Noemi Intino, spazio scenico Claudio Di Palma, Produzione del Teatro Stabile di Catania. Crediti fotografici: Antonio Parrinello.
Visto in Sala Futura del Teatro Stabile di Catania In prima nazionale il 25 gennaio