Teatrorecensione, Va in scena a — 05/02/2025 at 20:30

Pirandello inesorabile, crudo e crudele ne la Trilogia di un visionario di Michele Placido

di
Share

RUMOR(S)CENA – GENOVA – Non ci sono dubbi che Michele Placido sia innamorato di Pirandello. Lo ha dimostrato girando recentemente un film dal titolo Eterno Visionario, in cui racconta la storia del drammaturgo premio Nobel mostrandolo per ciò che era, senza indulgenza, perché , come ha affermato lui stesso, è quello il modo migliore per onorarlo.

E lo onora altrettanto e molto bene nella Trilogia di un visionario spettacolo teatrale che ha debuttato a Ferrara e che il 4 e 5 febbraio era in programma al Teatro Modena di Genova. In questo caso, a differenza del film, Placido è protagonista non solo come regista, ma anche come attore vestendo a pieno i personaggi raccontati da Pirandello in tre straordinari testi:  L’uomo dal fiore in boccaLa carriola e Sgombero, celebrando la maestria di un autore che come nessun altro ha saputo sondare le profondità dell’animo umano.

Unendole in una drammaturgia originale Placido svela una prospettiva di sguardo sulle inquietudini e le tensioni di Pirandello presentando prima due figure maschili e poi una femminile molto forte e cruda. E mentre ne L’uomo dal fiore in bocca, celebre atto unico del 1923, si fa artefice di un dolente flusso di coscienza di chi di fronte alla morte si sente perso , smarrito, e non può che cercare di cogliere ogni istante che gli rimane da vivere per contemplare quello che fanno gli altri, ne La carriola è come se si mettesse davanti ad uno specchio per non riconoscersi. Placido è bravissimo nel rappresentare un avvocato rispettabile che davanti alla porta di casa si rende conto che non è lì che vorrebbe essere, e soprattutto non in quei panni che riveste.

Pirandello ancora una volta presenta quella crisi di identità che, forse, prima o poi, capita ad ognuno di noi. l’Io-narrante affronta improvvisamente la sua realtà e inizia così a porsi delle domande sulle etichette che la sua professione e la sua condizione familiare gli impongono di rispettare. Ed allora quella crisi sembra trovare conforto solo in un attimo di momentanea follia, piccolo, ridicolo, di nessuna importanza, ma così appagante quando lo compie.

Totalmente diversa la situazione raccontata in Sgombero, novella rifiutata dall’autore, il quale la eliminò dal volume XIV, Berecche e la guerra, in cui dapprima l’aveva inclusa, e di cui non volle tenerne conto preparando il sommario del volume XV, Una giornata. Già composta probabilmente nel 1916-1917, Sgombero è un testo duro, violento come la protagonista. Lora, interpretata dall’attrice Valentina Bartolo, arriva prorompente dal fondo della platea per salire sul palco dove disteso sul letto di morte c’è il padre. Ma lei non può piangere un padre che da vivo le ha fatto tanto male sia fisicamente, prendendola a calci da bambina, che da grande, quando finita sulla strada non si è neanche chiesto il perchè.

Accanto a lei la figura di una madre mesta, silenziosa, che snocciola il rosario e piange sommessamente. Lora è infastidita da una madre così poco reattiva, una madre anche lei complice della sua vita disgraziata, segnata anche da una maternità  che l’ha lasciata priva di un figlio morto troppo presto per essere amato, ma di un figlio mai dimenticato, forse l’unico che sarebbe stato in grado di riscattare un’esistenza così inutile, brutta e (ai suoi occhi) anche sporca.

Valentina Bartolo carica la mano nella sua interpretazione, lo fa un po’ troppo. Certamente la Lora di Pirandello è più addolorata che”incazzata”, ma soprattutto sebbene sia una prostituta, la immaginiamo meno triviale, più stile Filomena Marturano di Eduardo. Ci sono puttane e puttane, potremmo dire. Ma ciò non toglie che l’intepretazione dell’attrice piemontese sia d’effetto, “Il mio personaggio è stato un transfer, la “mia” Lora proviene da qualcosa di intimo” ha confessato l’attrice stessa, e si vede.  Anche se non crede in Dio e nei Santi, Lora si aggrappa a qualcosa. Forse il ricordo del bimbo perduto?…Passa dalla rabbia al senso di colpa, per arrivare al perdono che coinvolge la figura della madre, rappresentata da Brunella Platania. Una donna che Placido ha voluto in scena, in una raffigurazione quasi pittorica: la donna che è stata zitta davanti alle violenze e ai soprusi, una donna immobile, che oggi non vogliamo più.

Visto al Teatro Gustavo Modena di Genova il 4 febbraio 2025

leggi anche la recensione del film Eterno Visionario

Share
Tags

Comments are closed.