Teatro, Teatrorecensione — 05/06/2014 at 07:42

L’anagrafe, la mannaia di Casanova. E non solo.

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FIRENZE –Minacciosa, orrenda è la vecchiaia che vi sta innanzi, e nulla ridà indietro! La tomba è più misericordiosa di lei, sulla tomba sta scritto: qui è sepolto un uomo; ma nulla si legge sui freddi, insensibili tratti dell’umana vecchiaia” (Nikolaj Gogol).

Ad aver ben seguito il percorso negli ultimi dieci anni di Sandro Lombardi, dal “grave esaurimento nervoso” del 2004 (fonte il sito lombarditiezzi.it), fino ad oggi, considerando le due pubblicazioni, che tanto, in maniera diversa, hanno smosso nel teatro italiano, “Gli anni felici” e “Le mani sull’amore”, constatando la natura delle piece in solitario (ovvero senza la compagnia attorno) soprattutto all’interno dello scenario del cortile del Bargello, da “Il riformatore del mondo” a “L’uomo dal fiore in bocca”, da “La morsa” fino a “Un amore di Swann”, possiamo vedere come questo cammino, pur partendo da classici, sia ampiamente e notevolmente ancorato all’autobiografismo, all’analisi personale ricercando in parole datate, ma sempre attuali e fresche, un appiglio, una sponda, una speranza, una salvezza, una spiegazione all’oggi intimo e vicino, proprio e individuale, privato e riservato.

Casanova
Un modo, plaudibile, di mettersi a nudo, di lasciarsi conoscere, ammirare non soltanto sul versante artistico sul palcoscenico ma anche come uomo, lasciando intravedere ferite e lacerazioni, dubbi e cicatrici. Lombardi ci è sempre sembrato etereo, lontano dalle vicende piccole dell’uomo, di passaggio tra i comuni mortali per accendersi una volta che le luci si attizzavano sul suo volto, un attimo prima di gesso ed impassibile, un momento dopo, con un’americana puntata addosso ed una musica in sottofondo, finalmente infiammato brillante di luce propria. Il palcoscenico come un interruttore per far vivere la persona.
E stavolta, con “Il ritorno di Casanova”, di un Arthur Schnitzler con molti ed evidenti richiami al suo lavoro maggiore, “Doppio sogno”, il cinque volte Premio Ubu (un record?) ci ha spiazzato per l’umanità, per la raffinata (quella l’ha sempre avuta) cura, la dovizia e la perizia nell’instradarci verso sé, portandoci, lentamente ma con decisione, nelle stanze segrete del suo io nascosto. Nel ritratto delineato dall’autore austriaco, il latin lover ante litteram ha cinquantatré anni, Lombardi dieci in più. La faccia bianca, cadaverica, come era in uso tra i nobiluomini dell’epoca, con cipria e cerone, ne fanno più un fantasma alle prese con le ultime memorie, con gli conclusivi rimasugli di vitalità, nel ricordo delle recenti vicende.

Lombardi 2
Immerso in mezzo a tanti candelabri (undici, numero indice di forte cambiamento, dall’essere al non essere più, numero primo e palindromo, per i Tarocchi la Forza, per la cabala ebraica la Corona, l’ex Re di dame, nella Smorfia i “topolini”, le donzelle che fuggono inesorabilmente da lui, in chimica è il corrispondente del Sodio, volgarmente detto “sale”, sulle ferite della vecchiaia), senza candele, quindi senza più la fiammella del desiderio, della conquista, dell’ardore, del sesso, dell’amore, sul suo scrittorio soltanto un tozzo di cera sta anch’esso senza più calore. E’ una “Morte a Venezia” decadente e ancor più straziante proprio perché lucida e consapevole, questa discesa negli inferi dell’anagrafe, nella perdita della gioia del vivere data dalla fisicità, dalla prestanza. Il mens sana in corpore sano qui è soddisfatto appieno.

Lombardi 3
La vita scivola e lo specchio (delle mie brame…) è il responso negli occhi delle giovinette da concupire con facilità un tempo che sottolineano le zampe di gallina, che infieriscono sull’amor proprio di pieghe e piaghe, “rughe, solchi e grinze”. Le labbra sono nere, la morte sopraggiunge, quella stessa che ha le vestigia (in una posa infinita da torcicollo) del sottotenente Lorenzi, giovinezza e beltà che il “nostro” sconfigge segnando il suo ultimo contrappasso finale e fatale, uccidendo il sé giovane. Un Casanova in bianco e nero, che ha perso i colori del ludibrio e del futuro, ha dissipato la primavera dell’esistenza e adesso non riesce più a ritrovarsi, visto che era stato soltanto in relazione all’altrui appoggio e considerazione. Ora, vinto e decaduto dalla Natura, la ricerca della Lolita di turno, per non sentire il mondo che se ne va, il Drago non ha più armi, non ha più carte da giocarsi, è impotente di fronte al destino, al tracollo, al tracimare solenne e insolente.

Lombardi 4
E quando, nell’atto conclusivo, quasi un j’accuse, Lombardi si toglie la parrucca da Casanova, allora il quadro si completa, si riempie, il transfer è giunto al suo culmine, la sovrapposizione ha fatto il suo corso, l’inevitabile ha stretto la mano in un “testamento” artistico. Anche i pipistrelli che volteggiano tra le pietre della Repubblica fiorentina sembrano dolersi e lamentarsi in stridori e fremiti da brividi. Parlando di autobiografismo però aspettiamo la messinscena del suo ultimo romanzo. Quello sì che sarebbe il boom finale di una carriera, volenti o nolenti, detrattori o inneggianti, critici sommessi o fan urlanti, strepitosa.

“Il ritorno di Casanova” di Arthur Schnitzler. Compagnia Lombardi-Tiezzi. Traduzione, adattamento e regia: Federico Tiezzi. Drammaturgia: Sandro Lombardi e Fabrizio Sinisi. Con: Sandro Lombardi, e Corso Pellegrini. Costumi: Giovanna Buzzi. Disegno Luci: Gianni Pollini. Musicisti dal vivo: Ginevra Pruneti, Omar Cecchi, Niccolò Dell’Aiuto. In collaborazione con: Accademia Filarmonica Romana, Conservatorio di Musica Luigi Cherubini di Firenze, Soprindendenza Polo Museale di Firenze, Museo Nazionale del Bargello, Associazione “Amici del Bargello”, Firenze Musei, Fondazione Teatro della Pergola di Firenze. Visto nel cortile del Museo Nazionale del Bargello, Firenze, il 3 giugno 2014.

 

 

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