La vittoria passa dal Sud e premia il desiderio di emergere, di fare teatro con l’intento di raccontare storie di vita, di solitudini, di riscatti morali. Piano piano, con fatica e sudore, ecco che arriva il riconoscimento in una città che ha in comune con Mattinata e Messina, il caldo e l’afa estiva, il mare vicino, la solarità, il piacere di vivere all’aperto di notte. Siamo a Santarcangelo di Romagna, capitale di un festival tra i più blasonati, giunto alla sua quarantunesima edizione.
Quest’anno ospitava anche il Premio Scenario con ben quindici finalisti, decisi nel contendersi il premio che poi permetterà di farsi notare sui palcoscenici di alcuni tra i festival più rinomati da nord a sud. Il teatro è qualcosa che divide culture e tradizioni diverse, anime speculari, creatività e passione. E soprattutto, come nel caso di Scenario – “nuovi linguaggi per la ricerca e l’impegno civile” – offre ai giovani una vetrina dove “mettere in mostra” le proprie abilità nell’intraprendere un mestiere che non è certo tra i più remunerativi. Se però sei preso dal sacro furore di fare teatro, allora tanto vale rimboccarsi le maniche e sudare sette camicie e sperare di essere apprezzati, e meritarsi il premio Scenario 2011. Così è accaduto a Matteo Latino di Mattinata, cittadina della provincia di Foggia, autore e interprete di “Infactory”, insieme con Fortunato Leccese. Originale visione di una condizione di vita dove due uomini giunti alla propria maturità di trentenni, rivivono le loro precarietà e condizione d’isolamento sociale, con la particolarità di rivedersi attraverso una metafora (crudele) di “indossare” la pelle di due vitelli costretti alla stabulazione fissa, in attesa della loro macellazione. Un linguaggio meta, scarnificato, dove i movimenti si susseguono nella sincronicità che crea una sorta di assenza emotiva, indifferenza che prelude a una fine impietosa.
Dalla Puglia alla Sicilia, attraversato lo stretto si arriva a Messina dove il premio Scenario per Ustica è stato assegnato a Giuseppe Carullo e Cristiana Minasi, per “Due Passi sono”, del gruppo Il Castello di Sancio Panza. Un uomo e una donna invece che soccombere, dove la vita t’impone uno stile genere “vado al massimo”, alla Vasco Rossi, tirano fuori le unghie e diventano intraprendenti quanto basta per venire fuori da un anonimato a rischio sopravvivenza. Giocato con il garbo di chi sa prendersi in giro da solo, senza paura di far ridere. I due interpreti raccontano poeticamente che al mondo c’è spazio anche per gli umili, i sognatori, e che l’amore trionfa sempre. Senza falsa retorica, né proclami. Basta poco per conquistarsi un posto dove far nascere una storia di buoni sentimenti.
La giuria presieduta da Isabella Ragonese, attrice, Silvia Bottiroli del coordinamento critico-organizzativo Santarcangelo 2009-11, Claudia Cannella, critico teatrale e direttore di Hystrio, Stefano Cipiciani direttore Fontemaggiore, presidente Associazione Scenario, Cristina Valenti docente Dams Università di Bologna e direttore artistico Associazione Scenario, ha ritenuto anche assegnare le Segnalazioni speciali Premio Scenario a:
Spic & Span di foscarini, nardin, dagostin (Bassano del Grappa – Vicenza), con la seguente motivazione: “La rincorsa all’adesione a un astratto modello di bellezza, che azzera ogni differenza e riduce tutti i corpi a macchinette impazzite, porta a una riflessione sulla persistenza e sulla vuotezza dell’immagine.
Spic & Span crea la sua struttura drammaturgica su un vocabolario gestuale dotato di ritmo, precisione e forza iconografica, aprendo una dialettica tra costruzione e distruzione dell’immagine. Le scene, organizzate in sequenze paratattiche, si stagliano su un fondo bianco come fosse un fumetto pop e si nutrono di un immaginario non solo contemporaneo nella creazione di figure e pose, scelte musicali e sapienza compositiva.
L’Italia è il paese che amo di ReSpirale Teatro (Bologna.)
“Una riflessione sulla contemporaneità che affronta con coraggio il passato recente attraverso un’originale e serrata sequenza di scene e quadri di vita dell’Italia anni Novanta. Un’indagine teatrale che rivela le radici prossime del nostro presente, dove l’illusione di un movimento vorticoso nasconde un sostanziale e asfittico immobilismo.
La genuina capacità di prendere posizione e parola si realizza attraverso un linguaggio teatrale multiforme, che sovrappone e monta stili diversi, generi e ambienti abitati da tipi nazionali d’immediata riconoscibilità. L’Italia è il Paese che amo segna il ritorno a un teatro politico, declinato al presente con audace e scanzonata freschezza”.
Menzione al progetto:
Nil admirari di inQuanto Teatro (Firenze)
“Per l’arguzia di un gioco scenico che coinvolge il pubblico con intelligenza e ironia e per la creazione di un linguaggio originale che inventa un mondo parallelo popolato di oggetti e governato dall’accumulo.
Due giornate intense, faticose per il ritmo serrato di presentazione dei quindici studi che si susseguivano tra lo spazio del Lavatoio di Santarcangelo e il Teatro Petrella di Longiano. Una ricerca tra i gruppi tendente a dimostrare nuove idee, forse drammaturgicamente non tutte dotate di senso compiuto. Era evidente in alcuni dei lavori portati in scena, se pur ancora in forma di studi preliminari, la struttura narrativa presentasse delle lacune. In più di un lavoro c’era uno sforzo prettamente estetico piuttosto che scenico – recitativo, dove è richiesta anche una dizione necessaria per l’attore o perfomer intento nell’esibirsi. Non è sufficiente lavorare sul progetto performativo che esalti l’idea o l’obiettivo da raggiungere. L’uso dello spazio scenico, la stessa presenza in palcoscenico, gli elementi scenografici non utilizzati a dovere, ma solo come riempitivo della scena.