RUBIERA (Reggio Emilia) – Quando il teatro si fa carico di una valenza anche sociale e va incontro a realtà emarginate, socialmente difficili, in cui risiedono storie di vita da riscattare, ecco che la rappresentazione sul palcoscenico diventa un’occasione di cambiamento, grazie ad un percorso laboratoriale e teatrale condotto dal Teatro dei Venti di Modena, condotto attraverso una residenza artistica con i detenuti degli istituti di pena di Modena e Castelfranco, e una classe di studenti, promossa dalla Corte Ospitale di Rubiera. L’esito finale è stato la messa in scena di “Angeli e Demoni”, spettacolo-studio sulla Gerusalemme Liberata di Torquato Tasso per la regia di Stefano Tè e visto al Teatro Herberia di Rubiera. Un evento reso possibile grazie alla collaborazione con il Coordinamento Teatro Carcere Emilia Romagna i penitenziari di Modena e Castelfranco Emilia, insieme agli allievi della classe Quinta A dell’Istituto Spallanzani di Castelfranco.
Una fase iniziale di studio preparatorio si è svolta in carcere, dove gli attori/formatori del Teatro dei Venti si sono confrontati con i detenuti e poi con gli studenti stessi. L’obiettivo comune era quello di dare vita ad una rappresentazione dedicata al contemporaneo, avvalendosi anche di linguaggi non verbali, e in particolare, utilizzando il corpo come strumento di interazione e in relazione con gli altri corpi/attori. L’aspirazione di creare del teatro in carcere funzionale al teatro stesso. La scelta del testo non è stata casuale in quanto si voleva sensibilizzare una questione che si presenta drammaticamente ogni giorno: gli eventi luttuosi e tragici determinati da feroci e crudeli azioni di terrorismo. Lo scontro tra civiltà in Gerusalemme Liberata parla anche del nostro presente storico.
La trama del racconto epico parla di un esercito musulmano intento a conquistare Gerusalemme e la volontà di sconfiggere i cristiani. I diavoli chiamati per far vincere i musulmani e al contrario, i crociati a rischio di sconfitta. L’arrivo degli eroi liberati rovescia le sorti della battaglia e la Città Santa sarà salva. Lo stesso regista ha scelto questo testo per elaborare un’esperienza in cui si potessero confrontare i detenuti dei carceri e la società civile, così da poter instaurare un dialogo costruttivo mirato alla creazione artistica. Il regista Stefano Tè spiega che «nell’opera del Tasso, conflitti ideologici e spirituali, motivi epici e amorosi, intenzioni religiose e profane, si intrecciano in maniera convulsa, intensa. Lo studio vuole mettere a fuoco suggestioni, suoni e azioni, che aprono ad una ambientazione desertica, un immaginario bellico che inevitabilmente conduce a vicende contemporanee.»
Parole tradotte in una scena dove l’azione avviene in un’arena di sabbia dalle tinte pastello, posata sulla platea del Teatro Herberia a cui sono state tolte le poltrone, in una sorta di ribaltamento dello spazio scenico. Qui l’azione si concentrava tutta come su un campo di battaglia dove gli attori si dividevano i ruoli tra Angeli e Demoni, tra Cristiani e Mulsumani. Un deserto in cui i corpi scatenavano una lotta tra il Bene e il Male. Sdraiati sulla sabbia, in pose immobili, stavano ad indicare delle rappresentazioni plastiche in grado di offrire allo sguardo l’istante prima dell’azione, un contorcimento di movimenti improntati alla fisicità espressiva corporea, capace di rappresentare con efficace dinamismo, le gesta dettate dalla regia, sempre attenta a restare sempre in un ambito teatrale o meta -teatrale, a seconda del significato che lo spettatore era libero di cogliere.
Una forte drammaticità dell’azione basata sulla gestualità espressa dagli attori detenuti, i quali mostravano di possedere anche un’energia compressa (la vita quotidiana del carcere crea una sorta di immobilismo), lasciata defluire progressivamente. Il merito maggiore del Teatro dei Venti, e del suo regista, in questa esperienza condivisa (la residenza alla Corte Ospitale insieme agli studenti, al pubblico), è stata quella di lavorare entro in confini dell’esperienza artistica – teatrale, dove i partecipanti avevano la possibilità di sperimentare un ruolo a loro assegnato. Cosi facendo si evitava il rischio di gestire un’esperienza terapeutica e venire collocati nella dimensione di un genere di teatro sociale o civile, etichetta limitativa e a volte fuorviante, per le reali motivazioni di chi lo fa. In Angeli e Demoni si assiste ad una rappresentazione in cui si avvicendano delle creazioni coreografiche, grazie anche alle musiche di scena, determinanti nel scaturire un’intensa carica emotiva. Stefano Tè ha lavorato con con gli attori detenuti, riuscendo a far emergere un impegno e un’adesione eccellente.
L’esperienza residenziale ha creato una comunità d’intenti e un affiatamento capace di riversarsi sulla scena. Condividere con loro alcuni momenti della giornata, anche fuori dalla scena, ha permesso uno scambio proficuo e relazioni più significatiche che andassero al di là dei propri ruoli di osservatore critico. Il teatro diventa cosi momento collettivo di conoscenza reciproca, superando quella distanza tra chi sta seduto in platea e chi sale sul palco. La rappresentazione cattura lo spettatore e lo porta dentro l’agone drammatico carico di pathos, in cui le figure femminili che interagivano, esprimevano alla pari la capacità di lottare e di vincere. Angeli e Demoni declinati in molte forme che si contrastano e cercano la supremazia. L’incontro in scena (e fuori scena) nei momenti di convivenza, (altrettanto importanti) tra attori, detenuti e studenti: le nuova generazioni che devono fare i conti con una società sempre più priva di riferimenti morali e culturali, fa si che l’esperienza condotta dal Teatro dei Venti, sia un incubatore per far germinare possibili forme di coesione sociale, e impedisca di fatto forme di discriminazione ed emarginazione. Il risultato assume un valore intrinseco superiore rispetto alla mera qualità artistica che di per sé aveva un suo fascino indiscutibile e ha saputo convincere.
Visto nel Teatro Herberia di Ruberia il 21 febbraio 2015