RUMOR(S)CENA – MILANO – La vocazione della compagnia Alma Rosé per i temi afferenti alla Shoah nasce oltre 25 anni fa, quando due giovani attrici, Elena Lolli e Annabella Di Costanzo, si erano imbattute nel libro di Fania Fénelon, C’era un’orchestra ad Auschwitz, ove si narrava della musicista Alma Rosé (nipote di Gustav Mahler), anch’essa – come Fania – deportata ad Auschwitz, che sarebbe morta nel 1944, in circostanze mai chiarite, probabilmente avvelenata. Ne era nato, nel 1996, uno spettacolo denso di innesti musicali, grazie alla collaborazione dell’ancor più giovane ma già poliedrico musicista Mauro Buttafava.
Chi scrive aveva avuto la ventura di assistere alla gestazione di quel lavoro, che aveva ottenuto i suoi primi successi e conseguito il premio Eti Scenario nel 1997. Intanto, nel 2000 era stato istituito per legge il Giorno della Memoria, allo scopo di “conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano mai più accadere”. Da allora, Alma Rosé era stato messo in scena decine di volte in tale ricorrenza: ricordo con emozione un’edizione speciale, al conservatorio Giuseppe Verdi di Milano, con la partecipazione della sua orchestra, nel 2007.
Fu in una di tali occasioni che la compagnia, che aveva deciso di darsi appunto nome Alma Rosé, ebbe modo di incontrare Liliana Segre che, assieme ad altri deportati sopravvissuti (mi è grato ricordare almeno i nomi di Nedo Fiano e Goti Bauer), a metà degli anni Novanta, avevano deciso di rompere un silenzio durato cinquant’anni, e avevano cominciato a testimoniare le loro indicibili vicende vissute nel campo di sterminio di Auschwitz Birkenau.
Nel frattempo, fin dal 2001, si è unito alla compagnia Alma Rosé l’attore argentino Manuel Ferreira, e l’interesse etico e l’impegno civile del gruppo si era ampliato, affrontando temi afferenti alla situazione dell’Argentina, con la trilogia Gente come uno del 2003, Mapu Terra e Fabricas (Premio Milano per il Teatro 2009).
Questa estensione dei temi in repertorio non impedisce ad Alma Rosé di mantenere un forte legame affettivo con le proprie origini, mentre, a poco a poco, i sopravvissuti della Shoah stanno scomparendo: anche Liliana Segre, insignita del titolo di senatore a vita, aveva smesso di andare nelle scuole a testimoniare, pur non rinunciando a prendere pubblicamente posizione su importanti questioni politiche e civili. È in occasione della sua ultima testimonianza, che si svolge presso la Cittadella della Pace, in un piccolo borgo presso Arezzo, di fronte a rappresentanti delle istituzioni, giornalisti, e soprattutto tante ragazze e ragazzi, che sorge nella compagnia l’esigenza di dare un seguito alla missione di Liliana.
Non si tratta di riprodurre il messaggio testimoniale di Liliana, ma – in una stagione in cui la coscienza civile sembra essersi atrofizzata, e il Giorno della Memoria corre il rischio (dopo oltre vent’anni) di ridursi a un vuoto rituale ripetitivo – è opportuno rimettere a fuoco le singole realtà umane; i tasselli personali che compongono l’immane tragedia epocale della Shoah. Con questo spirito nasce il “Progetto Pro Memoria 2022”, vincitore del bando della Chiesa Valdese in forma di reading, che viene proposto in tutta Italia, e che si evolve finalmente nello spettacolo Io Ricordo: un percorso rivolto alle nuove generazioni, con momenti formativi collaterali su temi legati alla Memoria e alla cittadinanza attiva e consapevole. Il progetto ha incontrato i giovani delle scuole, grazie anche alla collaborazione con associazioni, cooperative sociali e festival di teatro, percorrendo la Sicilia, la Sardegna, la Lombardia, e chiudendo con un’ultima tappa a Milano presso la Casa della Memoria.
Nel suo itinerario ha incontrato varie realtà italiane per parlare a quanti più giovani fosse possibile, compresi quelli che più difficilmente hanno accesso alla cultura. Ha creato occasioni di dialogo con gli studenti per stimolare e accogliere domande, per generare riflessioni sul nostro presente, cercando di far comprendere lo stretto legame che c’è tra quello che il reading racconta e la nostra contemporaneità
Lo spettacolo ha una scenografia molto semplice, costituita essenzialmente da sgabelli quadrati che, spostati a vista, alludono, di volta in volta, ai vari ambienti del racconto di Liliana: da un’aula scolastica, a un treno, fino a Palazzo Madama, sede del Senato. In questi diversi contesti si muove con professionalità attorale e immedesimazione Elena, che aderisce emotivamente al personaggio, pur essendo altrettanto lontana, per età, dalla bambina evocata dal racconto, quanto dalla Liliana di oggi. La scelta – sicuramente felice – sottesa al progetto di Elena e di Manuel, alla drammaturgia di Elena e alla regia di Claudio Orlandini, non è quella di riproporci una testimonianza degli orrori di Auschwitz, ma di parlarci di una testimone, del corto circuito fra nonna Liliana e l’ossessione insopprimibile per la bambina espropriata a tredici anni di una vita normale; riferirci della sua odierna realtà familiare, del suo impegno di cittadina, prima ancora che di senatrice a vita, che ci segnala le preoccupanti assonanze fra ieri e oggi, la discriminazione e l’odio, non rivolte solo agli ebrei, ma anche ad altre minoranze.
Chi scrive, quasi trent’anni fa, ha dato il suo umile apporto alla memoria della Shoah, contribuendo a fissare sulla carta alcune testimonianze importanti della tragedia di Auschwitz. Ma oggi è forse tempo di trovare una diversa strategia per evitare che quegli eventi si ripetano, e guardare negli occhi, con affetto – come ha fatto Alma Rosé, quell’amabile e coraggiosa signora anziana, che ancora convive dolorosamente col fantasma della bambina cui fu negata l’adolescenza: una persona che oggi – credo – ognuno di noi sarebbe fiero di avere come nonna.
IO RICORDO, ispirato alla vita di Liliana Segre; un progetto di Manuel Ferreira ed Elena Lolli, di e con Elena Lolli; regia di Claudio Orlandini
Visto a Campo Teatrale Milano l’11 febbraio 2024