Va in scena al Teatro Studio di Scandicci in prima nazionale fino al 10 febbraio, “Finale di partita” di Samuel Beckett, per la regia di Giancarlo Cauteruccio che recita in scena insieme al fratello Fulvio Cauteruccio. Dopo aver indagato nelle ultime stagioni pagine pirandelliane in “Uno, nessuno, centomila”, dopo aver messo in “OA – Cinque atti teatrali sull’opera d’arte”, al centro del suo teatro, opere di artisti contemporanei quali Kounellis, Castellani, Pirri, Cecchini e Volpi, e dopo aver incrociato la tragedia euripidea con le voci di Anna Politkovskaja e Yolande Mukagasana nel recentissimo “CRASH TROADES”, Giancarlo Cauteruccio torna al suo autore guida:Samuel Beckett. E torna a “Finale di partita”, il capolavoro beckettiano, la tragedia comica, dichiarando che dirigere e recitare ora questa pièce è una “necessità”, una “esigenza vitale”.
A distanza di quindici anni dal primo allestimento, tradotto in calabrese con il titolo di “U juocu sta’ finisciennu”, Cauteruccio indossa di nuovo i panni di Hamm, in una edizione rinnovata in italiano in cui l’affondo nelle viscere del testo si fa più maturo e scientifico. Inchiodato alla sua poltrona a rotelle, cieco, egli governa come Lear, re, la scena. Gli sta accanto, coprotagonista, Fulvio Cauteruccio nel ruolo del servo-figlioccio Clov, il quale non può sedersi. Entrambi incatenati nel dialogo, inframmezzato da splendidi monologhi, essi “giocano” la loro partita, riproducendo in scena un conflitto reale che li affligge nel privato, un conflitto fra fratelli ma anche tra regista e attore.
“Non c’è niente di più comico dell’infelicità” dice Nell, la madre, sbucando dal bidone. Ed è forse questa la battuta più rivelatrice di “Finale di partita”, una drammaturgia che si apre a molteplici letture ed interpretazioni, senza che nessuna in realtà esaurisca la possibilità di senso dell’opera. Tutto questo dolore, questa infelicità senza desideri, questo interminabile gioco di sopravvivenza che sottende morte, fine, rassegnazione, rabbia, ispirano a Cauteruccio una dedica all’universo carcerario, (e non è casuale che uno dei maggiori interpreti beckettiani fu l’ergastolano Rick Cluchey).
“In questa regia – dichiara Cauteruccio – penso al sovraffollamento delle carceri, ad un “dentro” ad alta tensione, all’assenza del “fuori”. Superata l’idea della condizione post-atomica, in cui molti hanno ambientato “Finale di partita”, io mi riferisco oggi ad una condizione di post-libertà, frutto di un’epoca in cui ci sentiamo tutti prigionieri dell’eccesso di controllo”.
“Finale di partita”
di Samuel Beckett traduzione di Carlo Fruttero
con Fulvio Cauteruccio, Giancarlo Cauteruccio, Francesco Argirò,Francesca Ritrovato
una produzione Teatro Studio Krypton
prima nazionale 5 febbraio 2013 ore 21
repliche fino al 10 febbraio ore 21
Teatro Studio – via Donizetti, 58 – Scandicci FI – info e prenotazioni: 0557591591 – biglietteria@teatrostudiokrypton.it