Recensioni — 07/03/2017 at 19:59

Lo stupore della fiaba e l’ironia nel rutilante mondo di “Edda”. Prima mondiale di Robert Wilson a Oslo

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OSLO  (Norvegia) Controllo formale assoluto e fresca energia del movimento. Minimalismo ispirato al teatro giapponese classico e spiazzanti sorprese legate al rutilante, roboante mondo occidentale delle immagini e dei suoni. Anche il nuovo spettacolo di Robert Wilson, Edda“, sulla poco frequentata mitologia nordica, che ha debuttato in anteprima mondiale al Norske Teatret di Oslo il 4 marzo scorso, si sviluppa lungo queste coordinate estetiche. Ma, affrontando un universo mitico, come accadde nella prima grande esperienza del regista con la cosmologia asiatica dell’isola Sulawesi narrata in “I La Galigo“, l’approccio di Wilson si rivela non solo, come stupore suscitato dalla favola antica ma anche come ironia giocosa, che trasforma le remote creature divine in una stirpe di contemporanei supereroi da fumetto e, nel caso di “Edda“, perfino in una parodia dei film Lego Action per bambini. “Ogni grande artista ha un bambino nel cuore”, scriveva Baudelaire.

 

 

Edda di Robert Wilson @Lesley-Leslie Spinks

Il titolo dello spettacolo, “Edda”, riprende il nome della raccolta in poesia e in prosa datata XIII secolo sulle complesse vicende delle generazioni di dèi e dèe scandinavi. Come quella raccolta, anche il lavoro di Wilson si divide in cinque parti, alimentate ciascuna da musiche fluttuanti e oniriche di Arvo Part, da testi sulla solitudine e l’incertezza delle canzoni del gruppo pop americano Cocorosie e dall’elaborazione del materiale epico originario realizzata dal grande drammaturgo norvegese Jon Fosse. Sue, o riconoscibili come tali, sono infatti le atmosfere sospese, l’idea del vuoto vitale che nei suoi testi avvolge solitamente gli esseri umani e che in “Edda” si trasferisce a quelli divini. Wilson li annuncia e li rende fruibili, palpabili con un incipit spettacolare, un video di immenso respiro, avvolgente, con le nuvole del cielo nevoso norvegese assolute protagoniste. Poi, sospeso sui rami di un fulmine, appare subito in scena, fascinoso come una rockstar vestita d’argento, il dio nordico Odin (l’attore Henrik Rafaelsen) che suona la chitarra e canta scatenato.

 

Edda di Robert Wilson @Lesley-Leslie Spinks

Mescolati anche in altri momenti dello show a giganteschi, mostruosi e artificiali animali striscianti, presentati da una voce ora maschile ora femminile, contornati da filiformi luci al LED orizzontali e verticali, sfilano quindi in parata – un topos dei recenti spettacoli wilsoniani – i tredici protagonisti, componenti della stirpe divina, che esibiscono i loro simboli identificanti, accennano ai loro “numeri” come fossero artisti da cabaret, docilmente rivolti al pubblico e nello stesso tempo astratti, irreali, concentrati in una ripetizione sistematica, in una griglia di otto passi, di movimenti meccanici che parlano senza parole, oltre ogni lingua, comprensibili a tutti.

Li vedremo a un certo punto riuniti in un banchetto, una improbabile “Ultima cena”, una riunione di famiglia tra parenti-serpenti pronti a farsi la guerra. Ecco infatti Thor, il dio della forza (l’attore Frode Winther), inguainato in una tuta di pelle color della notte, che agita uno scintillante martello; e il perfido Loke (Eivin Nilsen Salthe) che ha invece una testa irta di lunghe spine rosse e indossa una veste lucida nera. Tra le figure femminili spiccano per stranezza l’azzurra Froya (Renate Reinsve) che ricorda un automa in tutto simile a una donna e che per ultima lascerà la scena con movimenti ai limiti dell’umano. Ai confini del maschile e del femminile, del divino e del bestiale, compaiono ovviamente in coppia i Trolls, gli spiritelli dispettosi e immorali oltre che immortali della mitologia nordica.

 

Edda di Robert Wilson @Lesley -Leslie Spinks

I brani musicali del compositore estone, ultraottantenne, Arvo Part vanno da “Credo” a “Tabula rasa” passando per “Collage uber Bach”, una musica “spaziale” nel senso che riesce ad ampliare lo spazio fino all’infinito, un infinito che fa da sfondo spirituale ad una esibizione follemente fisica e mai naturalistica di corpi. Poi sono da memorizzare i colori, unici, inimitabili degli spettacoli di Wilson, realizzati a partire dal terzo millennio. La tessitura viene affidata ai colori freddi, alla sensazione della natura senza sole e della pelle degli animali striscianti, sintetizzati nella figura inquietante di una creatura, Ty (Joachim Rafaelsen) con un pappagallo sulla spalla, che unisce maschile e femminile, umano e bestiale. Ma nelle scene successive si inserisce come per caso la proiezione di una confortevole capanna che diventa per contrasto caldo elemento cangiante, acceso di rossi e di gialli. Potente in questo nuovo spettacolo di Bob Wilson risulta l’uso delle ombre, di silohuettes che danzano con oggetti. E la scena finale, dopo la lotta che distrugge i vecchi dèi e fa presagire un nuovo tempo di armonia, torna ad essere solo poesia e allude alla derivata saga wagneriana: una piccola barca attraversa la nebbia e non ci parla di dèi ma di un uomo e una donna, forse di Tristano e Isotta, e allude alla potenza della magia e dell’amore.

 

Visto al Norske Teatret di Oslo Norvegia il 4 marzo 2017

www.detnorsketeatret.no/framsyningar/edda/

 

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