RUMOR(S)CENA – SOS CINEMA –Esegesi del film NOPE di Jordan Peele – Sintesi. Jordan Peele ha firmato due film strepitosi “Get Out” e “Noi” . Ha uno stile pazzesco, nuovo, pop cult autoriale che gli ha permesso di affrontare in chiave black una revisione sociale, politica, psicologica degli Usa. Nel suo Cinema il doppio :due verità, due volti, due personalità. Fantastico! La teoria della duplicità soeculare oggi è indispensabili, il mondo non è più unidimensionale. Al terzo film Peele parte da una maledizione biblica,prosegue con uno scimpanzé che a differenza del Kubrickiano di “2001 Odissea nello spazio” non aspira all’umano,ma massacra gli umani che sul set di una fiction lo han ridotto a un pagliaccio. Poi arrivano i cavalli,simbolo sublime di forza e libertà, ma anch’essi sono ridotti a comparse per i set Hollywoodiani da due fratelli allevatori neri, uno un po’ catalettico l’altra lesbica ipercinetica(“ogni tanto mi faccio un’ analista”…battuta davvero pessima). Poi arriva una sorta di ufo, che i due vorrebbero filmare per farci soldi nel videosalotto di Oprah(la Warhol dei poveri). Rispunta il bimbo cinese , enfant prodige che si salvò dalla strage del reality, dando un accenno di umanità al gorilla assassino. Oggi gestisce un luna park in stile western per turisti a un passo dai due allevatori-sempre in quel nulla che è il deserto nei dintorni di Hollywood- e che ha il volto bellissimo dello Steven Yeun di”Burning” di Lee Chang- Dong. I cavalli fuggono, l’ufo incombe e divora a sua volta l’oralità distruttiva degli umani. Animali capestati in terra, Ufo divini in cielo, uomini in un limbo simile a un nulla demenziale. Sulla carta e in sintesi tutto ok. Diligenza. Per assoluta diligenza alla mia cinefilia estrema e irriducibile ho visto due volte “Nope” in due giorni consecutivi. Per senso di colpa. Peele geniale fino a ieri non può aver lanciato tanti pezzi di un puzzle sublime,senza riuscire a comporlo. Peele ha sbarellato, mischiato le carte fino a non ricomporre il mazzo. Perché non è Kubrick,non è Spielberg, ma qui pare solo un altro Christopher Nolan quando fa i casini di “Tenet” (ha usato guarda caso lo stesso bravo direttore della fotografia, ma anche qui inutilmente). Il film resta, nonostante il grande stile innegabile, un casino, una maionese impazzita, un tentativo non riuscito, una prova da dimenticare sperando in tempi migliori.
Nope, un puzzle cinematografico scomposto
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