RUMOR(S)CENA – RAVENNA – In una epoca di edonismi esasperati e di edonisti autoreferenti, c’è uno stato d’animo, che è un sentimento ma è anche ciò che lo precede, che sembra sempre di più messo ai margini, cercando di dimenticarlo ovvero quasi scotomizzarlo mentre, contraddittoriamente, si diffonde, e penetra quel che sembra restare del nostro essere nell’oggi, gridando sempre più forte e insieme sempre più inascoltato. Questo stato d’animo, questo stato dell’esserci, di esso costituivo sin dal subito della cacciata dall’Eden, è quel dolore che cerchiamo di cacciare a nostra volta, sempre più in fondo e sempre più lontano, inutilmente.
È quasi, questa nostra intima e liquida, fluttuante modernità, un pervertire ritmi e gerarchie di una coscienza autentica che di quegli essenziali e irriducibili fondamenti si alimenta, insieme ai corollari che l’accompagnano per illuminarcene il senso e illuminarci il cammino inevitabile verso la morte, anch’essa oggi tanto rifiutata da essere diventata sconosciuta. Ma l’esito è infelicità, poiché tra questi corollari che accompagnano il dolore dell’esistere e lo trasfigurano da abisso a energia affettiva, intimamente intrisa di eros e carità, trasformandolo così in motore della nostra identità, stiamo dimenticando quello più essenziale e fondativo, la compassione cioè.
Con THE GARDEN, definito un “polittico video-concerto per voce e musica elettronica”, Luigi De Angelis, insieme a Fanny & Alexander, ha lavorato in drammaturgia figurativa e spazio sonoro questi due materiali, dolore e compassione, li ha manipolati per mostrare la strana vertigine che ne accompagna il loro mostrarsi insieme, quella strana e sublime bellezza della sofferenza che l’arte ha saputo mostrare e mostrarci, una bellezza che senza la luce della compassione è trasformata oggi quasi in pornografica e apotropaica esibizione della sofferenza (altrui), come tanta televisione e tanti social sanno mostrarci in continuazione fino ad assuefarci.
Oggi, con le continue interferenze e distorsioni prodotte dal proliferare di media e di immagini artefatte, in una superfetazione di significati che equivale all’assenza di senso, è in effetti assai difficoltoso porgere sulla realtà contemporanea uno sguardo artistico il più possibile limpido ma insieme problematico, e questo De Angelis cerca e riesce a fare, per registarne i vuoti o le aporie e riattivare così percorsi di ricerca. È, questo, uno spettacolo giocato, felicemente, sull’intersecarsi e sul reciprocamente potenziarsi di suggestioni sonore e figurative, di corpi proiettati in luce sullo schermo e di ripetute, tra loro interne, eco mimetiche che la forma del polittico asseconda ed esalta, quasi fosse in bilico sul profondo e sull’intimo che, uomini e donne, ci circonda senza svelarsi.
Passione e trasfigurazione diventano la carne di una umanità che stenta a riconoscersi, in continua e confusa metamorfosi e, per questo, sempre più assetata di quelle metaforiche e metafisiche immagini che la determinarono e che ancora dovranno determinarla. Sette ‘atti’ scenici con al centro tormenti e arrovelli di Pilato, pieno di dubbi interpretato da Marco Cavalcoli espressivo oltre le possibili parole che leggiamo nel suo silenzio, messo di fronte alle mutazioni di quella antica e sempre presente Passione (da Dioniso a Cristo in fondo), nelle mille e una forma della sua irriducibile unità.
Ognuno di questi ci ricorda momenti centrali e tragici nell’umanità di oggi, tra guerre, esecuzioni, massacri, infelici e diseguali migrazioni. Uomini e donne (una poco conosciuta iconografia medioevale le raffigurava anch’esse crocifisse), in un reiterato Ecce Homo che da sempre ci chiama alla nostra responabilità, verso il passato e verso il presente, affinché un futuro sia possibile. Un Ecce Homo immediatamente cristiano e per questo anche profondamente laico, raffigurazione anticipatoria dei tanti dolenti passaggi che costellano l’esistere. Suggestivamente si intuisce il richiamo al Nietzche, che vediamo presente nel lavoro di De Angelis, della omonima e postuma autobiografia, anche per la capacità di questo spettacolo di richiamare al presente ciò che è profondamente inattuale ma anche del tutto necessario.
Necessario a liberare lo sguardo su un attuale incerto e oscuro, che le parole tardive e postume, riferite da Giorgio Colli nei suoi Scritti su Nietzche, del filosofo tedesco mostravano crudelmente e senza infingimenti: <<e per non lasciare nessun dubbio su cosa io disprezzo, su chi io disprezzo: è l’uomo d’oggi, l’uomo di cui fatalmente io sono contemporaneo. L’uomo di oggi – soffoco per il suo fiato impuro…il mio sentimento si rivolta, erompe, non appena entro nell’età moderna>>.
Sul proscenio la bravissima soprano Claron Mc Fadden e l’altrettanto bravo musicista Emanuele Wiltsch Barberio compongono, a ricordarci che l’atmosfera del mondo, metaforicamente anche quella che respiriamo ogni momento, è fatta anche di suono e armonie, di ritmi e melodie, e danno coerenza con la loro arte raffinata allo svolgersi di quello che assomiglia, man mano e sempre di più, ad un rito antico, ad una figurativa cerimonia di tonale accompagnamento alla visione (del mondo e di sé). Uno spettacolo multimetaforico, essenziale nelle sue suggestioni e profondo nei suoi significati in cui si percepisce un respiro estetico europeo e internazionale. Alle Artificierie Almagià, il 4 luglio, prova generale per la stampa dello spettacolo definitivo nel suo esordio nazionale a Ravenna Festival.
The Garden Polittico video-concerto per voce e musica elettronica ideazione, regia, video Luigi De Angelis, costumi (video) Chiara Lagani, vocals Claron McFadden, musiche – live looping Emanuele Wiltsch Barberio, regia del suono Damiano Meacci (Tempo Reale). Performers (video) Andrea Argentieri, Mirto Baliani, Consuelo Battiston, Ilenia Carrone, Marco Cavalcoli, Mirko Ciorciari, Adama Gueye, Chiara Lagani, Beth Lihem, Roberto Magnani, Fiorenza Menni, Mauro Milone, Joshua Maduro, Marco Molduzzi, Stefano Toma. Organizzazione Marco Molduzzi, Maria Donnoli. Produzione Muziektheater Transparant, E Production/Fanny & Alexander, coproduzione Romaeuropa Festival, Klarafestival in collaborazione con Cosmo Venezia