RUMOR(S)CENA – BOLZANO – Il professor Telmo Pievani insegna come ordinario all’Università degli studi di Padova presso il Dipartimento di Biologia dove ricopre la prima cattedra italiana di Filosofia delle Scienze Biologiche, Bioetica e Divulgazione naturalistica. Presso lo stesso Dipartimento insegna anche Bioetica e Divulgazione naturalistica. Già Presidente della Società Italiana di Biologia Evoluzionistica, primo filosofo della scienza a ricoprire questa carica. Dal 2024 è “professor visiting scientist” all’American Museum of Natural History di New York. Dal 2014 è nel Consiglio Scientifico Internazionale del MUSE, il Museo delle Scienze di Trento. Autore di ben 346 pubblicazioni scientifiche nazionali ed internazionali nel campo della filosofia della scienza, (l’elenco completo si trova sulla banca dati Cineca) fra le quali: Homo sapiens e altre catastrofi (Meltemi, 2002; nuova edizione 2018); Introduzione alla filosofia della biologia (Laterza, 2005; edizione portoghese 2010); La teoria dell’evoluzione (Il Mulino, 2006, 2010 e 2017); Creazione senza Dio (Einaudi, 2006, finalista Premio Galileo e Premio Fermi; edizione spagnola 2009); In difesa di Darwin (Bompiani, 2007); Nati per credere (Codice Edizioni, 2008, con V. Girotto e G. Vallortigara); La vita inaspettata (Cortina, 2011; finalista Premio Galileo; Premio Serono Menzione Speciale 2012); Homo sapiens. La grande storia della diversità umana (Codice Edizioni, 2011, con L.L. Cavalli Sforza); Introduzione a Darwin (Laterza, 2012); La fine del mondo. Guida per apocalittici perplessi (Il Mulino, 2012); Homo sapiens. Il cammino dell’umanità (Atlante dell’Istituto Geografico De Agostini, 2012; edizioni francese 2019 e tedesca 2020.
Da oggi venerdì a domenica 10 Novembre a Bolzano al Teatro Comunale di Bolzano va in scena Futuradio organizzata da Rai Radio 3 in collaborazione con il Teatro Stabile di Bolzano. Il programma prevede la partecipazione di numerosi ospiti https://www.rumorscena.com/03/11/2024/futuradio-di-rai-radio-3-al-teatro-comunale-di-bolzano,
tra i quali il professor Telmo Pievani che alle 10 insieme all’astrofisica e scrittrice Licia Troisi, Guido Tonelli, Claudia Notarnicola, responsabile dell’Istituto per l’Osservazione della Terra di Eurac Research e Paolo Lugli, professore ordinario alla facoltà di Ingegneria della Libera Università di Bolzano, parteciperà al panel “Infinite forme bellissime”, una conversazione a più voci per raccontare come la scienza abbia cambiato in profondità la nostra percezione del mondo nell’ultimo secolo. Lo abbiamo intervistato prima del suo arrivo a Bolzano.
Un colloquio molto interessante in cui il professor Pievani spiega bene cosa significa fare ricerca scientifica, pubblicarne i risultati, l’errore di molti di produrre velocemente studi e dati, una sorta di errore contemporaneo di avere fretta per giungere a risultati parziali e non definitivi, la fin troppo frequente abitudine ad occuparsi di argomenti scientifici per settori separati. Dalle sue riflessioni si evince come il filosofo scienziato abbia una visione complementare e molto ampia dell’argomento che possiamo riunire in una sola parola: “Scienza”.
Professor Pievani in una sua dichiarazione ha spiegato che devono esistere anche “Spazi per la piccola scienza, più lenta e meno orientata alla produzione costante di pubblicazioni”. Ci spiega il significato di tale affermazione?
«Lo studio di ogni disciplina scientifica richiede tempo, molto tempo, e se pensiamo ad una Scienza creativa che si impegna a farsi delle domande originali e curiose, allora è implicito che non è sufficiente descrivere e osservare dei dati ma è importante anche che questi risultati o dati che siano vanno fatti “parlare. Vanno interrogati. È altrettanto importante rallentare la corsa frenetica al bisogno di pubblicare. Questo accade in tutti i settori della ricerca, penso alla bioinformatica, alle biotecnologie, ad esempio. La troppa tecnica, l’utilizzo di strumentazioni tecnologiche e diagnostiche e non ultima l’intelligenza artificiale, di fatto allontana il contributo umano che deve sempre guidare in prima persona ogni ricerca e non delegare. L’intelligenza artificiale va comunque e sempre gestita e supervisionata da chi la gestisce. Come si fa abitualmente con il pre-screening si opera per raccogliere informazioni in una prima fase di lavoro preliminare e si procede passo dopo passo con un approccio complementare».
A Trento l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari e gli assessorati alla salute, politiche sociali, disabilità e famiglia, sviluppo economico ricerca e lavoro, hanno presentato il progetto “Sanità digitale e Intelligenza Artificiale” che si legge nella presentazione “intende convalidare nuove modalità con cui si organizza la sanità per offrire agli assistiti servizi innovativi e contribuire all’avanzamento delle conoscenze scientifiche e tecnologiche anche grazie a strumenti di intelligenza artificiale a supporto degli operatori sanitari nella pratica clinica”. Cosa ne pensa di questa iniziativa?
«Delegare totalmente alla diagnostica automatica sarebbe un grave errore nel campo medico, se questo in futuro avvenisse. La medicina è una scienza artigianale ed è importante mantenere un ruolo primario da parte del sanitario. Penso all’importanza dello studio della semiotica medica (la disciplina che studia i sintomi e i segni clinici, ndr), fondamentale per orientare il medico verso una diagnosi. Mi ricordo quando ero bambino che un medico che mi visitò perché mi sentivo male, vide nei miei occhi i sintomi di una patologia e consiglio ai miei genitori di portarmi in ospedale. Aveva capito subito che si trattava di un’epatite. La semiotica medica è questa».
Lei ha anche spiegato che sarebbe importante almeno una parte di finanziamenti economici in ricerche che definisce “ad alto rischio gestite da giovani ricercatori perché potrebbero portare a dei risultati importanti se pur in tempi lunghi”. È una proposta che dovrebbe essere recepita dal mondo accademico e scientifico?
«A Padova noi di Biologia riceviamo un finanziamento complessivo per le ricerche a basso rischio e basso rendimento che sono in grado di migliorare un po’ i risultati. Una buona norma per evitare un’accelerazione eccessiva delle stesse ricerche. Di questo finanziamento riserviamo un venti per cento in ricerche molto libere e anche ad alto rischio le quali nove volte su dieci non ottengono risultati, ma accade che qualcuna di queste arrivino a compimento. Trovo indispensabile che vengano erogati dei fondi ai dipartimenti di ricerca di base».
Un’ultima domanda: ritiene importante l’interdisciplinarietà e la collaborazione tra diverse discipline scientifiche per arrivare a nuove scoperte? Si ha la percezione di assistere a studi e ricerche molto distinte e separate tra di loro e questo non giova alla Scienza in generale.
«Ritengo sia fondamentale in tutti gli ambiti una collaborazione interdisciplinare e penso ad esempio all’ambito medico sistemico. Bisogna sempre attuare degli studi in collaborazione tra diverse discipline a priori ed è necessario confrontare insieme dati diversi tra di loro, siano climatici, ecologici o archeologici. Devono dialogare tra di loro i ricercatori per condividere insieme. Se non si capisce questo rischiamo di tornare indietro. L’evoluzione umana e il progresso è possibile solo seguendo questo metodo».
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