RUMOR(S)CENA – La trama di Esterno notte di Marco Bellocchio (2022) racconta i fatti di cronaca accaduti durante il 1978 che riguardano il rapimento e la prigionia di Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana e principale sostenitore dell’alleanza con il Partito Comunista Italiano un’alleanza che per la prima volta avrebbe instaurato un governo di sinistra in un paese occidentale. Dopo il brutale rapimento e l’uccisione della scorta di Moro, il Presidente viene tenuto prigioniero per cinquantacinque giorni, quasi due mesi di trattative, fallimenti, speranze, paure. Alla fine, in un’epoca storica segnata dal terrore delle Brigate Rosse, il corpo di Moro viene rinvenuto in un’auto, nel centro di Roma il 9 maggio 1978 in via Caetani a metà strada tra la sede della DC e quella del PCI.
SOS CINEMA – Esegesi del film ESTERNO NOTTE PARTE 1 di Marco Bellocchio. In una delle prime sequenze della prima parte del magnifico sontuoso affresco, grondante disagio e finzione del vivere da ogni fotogramma, firmato da Marco Bellocchio sul rapimento Moro, appare il manifesto di un film che amo alla follia e che parla di follia. È ANIMA PERSA capolavoro gotico di Dino Risi tratto da Giovanni Arpino con Gassman e Deneuve. Compare di sfondo all’assalto da parte dei manifestanti di sinistra ad un’armeria. A mio avviso non è scenografico né casuale, ma una precisa dichiarazione d’intenti. Perché ESTERNO NOTTE PARTE 1 è un grande balletto macabro di anime perse, un girone di folli, psicopatici, nevrotici, bipolari, masochisti e in varia misura malati di mente. Tutti sdoppiati: politici, papi, segretari di partito, prelati, mariti, mogli,preti di vario rango, brigatisti.
Nessuno è se stesso, ciascuno ha assunto un ruolo devastante per la psiche, terminale per uno straccio di salute mentale. Roma vista come un grande manicomio a cielo aperto,con tanti reparti: dal Parlamento al Vaticano, dai Tribunali alle case borghesi dove regna l’infelicità e l’incomunicabilità. Insonnie, visioni distorte di sé, simulacri di integrità. Nessun dialogo. Prega dice la moglie a Moro, stringi dice il Papa al suo segretario mentre gli mette il cilicio. Moro vaga in un incubo con una Croce sulle spalle nella processione del Venerdì Santo sulla musica terrificante del magnifico Requiem di Verdi. Mai vista una tale concentrazione di follia, quasi una summa del Cinema psichiatrico di Bellocchio, immediatamente da accostare al suo Capolavoro sulla follia: SALTO NEL VUOTO.
ESTERNO NOTTE PARTE 1 ovvero le prime 2 ore e 40 di quella che sarebbe una serie, mentre è, a giudicare dalla prima tranche, un tortuoso morboso thriller psicanalitico, che si segue col fiato sospeso tra mostruosità psicosomatiche e bestiari umani horror visivamente degni de LA PASSIONE DI GIOVANNA D’ARCO di Dreyer. Potrebbe entrare da un momento all’altro la Bette Davies del periodo horror al posto di Margherita Buy, nei panni di Eleonora Moro e non ti stupiresti. Tanto che Fabrizio Gifuni /Moro ha gli occhi infossati come un Dracula esangue e Fausto Russo Alesi, strepitoso Cossiga, pare un internato da camicia di forza. Totalmente visionario e potentissimo, ESTERNO NOTTE 1 è un nuovo IL TRADITORE per dinamicità elettrizzante. Un Bellocchio grandissimo, non traditore ma fedele a se stesso in tutto per tutto, fino all’ultimo respiro cinematografico. JOLLY e CORSO Piacenza FILO e SPAZIO CINEMA Cremona ANTEO Milano. Dal 9 Giugno ESTERNO NOTTE PARTE 2 nelle sale cinematografiche italiane.
SOS CINEMA Esegesi del film ESTERNO NOTTE PARTE 2 . TRE DONNE, come nel capolavoro assoluto di Robert Altman, uno dei più grandi film onirici, che ha segnato la mia vita. Ma tre donne sono anche le tre sorelle di SUSSURRI E GRIDA, apice sublime di Ingmar Bergman. Anche ESTERNO NOTTE PARTE 2 , dopo il girone di pazzi, nevrotici e psicotici della PARTE 1 , tutti uomini, svolta nella PARTE 2 verso un universo femminile di pura follia, lucida o offuscata non importa, tutta muliebre. E sceglie simbolicamente proprio tre donne metafora, affidate a tre attrici immense. Adriana Faranda (Daniela Marra, che ricordo già bravissima e scorticata ne LA TERRA DEI SANTI di Fernando Muraca) rappresenta, dopo la psicosi politica della PARTE 1, la psicosi rivoluzionaria della PARTE 2. Le Brigate Rosse viste come un pugno di folli avulsi dalla realtà, totalmente autistici al punto di non accorgersi della vita attorno a loro, in una scena di potenza inaudita in cui dibattono di rivoluzione in una piazza affollata. Senza nemmeno accorgersi della miseria, degli scippi, dello sfacelo che li circonda. Quattro gatti impazziti che persino ammettono di non poter fare la rivoluzione, mentre fantasticano di farla. Con Faranda- furia mitologico archetipica- che, in una scena da Bellocchio totale , corre nei corridoi di casa impazzita di gioia alla notizia della strage e del sequestro di Via Fani. Puro delirio dinamico, come l’indimenticabile marcia ‘sacrale’ di Isabelle Huppert ne LA BELLA ADDORMENTATA. Sognando poi i cadaveri dei politici trascinati da un fiume, mentre lei guarda dalla riva- impotente e femmina folle come Gene Tierney in LEAVE HER TO HEAVEN-per non averli uccisi lei.
Eleonora Moro (Margherita Buy, sublime, mai vista cosi espressiva solo con gli occhi) metafora della nevrosi della famiglia cattolica, dove non si parla, non si comunica, ma si confessa al confessore la propria infelicità matrimoniale e gli si chiede l’assoluzione mentre tutta Roma è solcata dagli elicotteri dopo la strage di Via Fani, vista da un altro punto di vista, in un’altra location, con uno spostamento di prospettiva magistrale. Noretta che caccia fuori i politici da casa, venuti in finte lacrime a consolarla, dicendo ‘vuole farsi consolare lei…vada via’.
Noretta che dice ai figli che bisogna capire e perdonare i rapitori del loro padre, perché loro (i Moro) sono credenti. Noretta nevrotica nella scissione dei valori, ma di certo l’unica che nella rappresentazione bellocchiana ha una qualche dignità e che non varca il confine che da nevrosi diventa psicosi. La madre superiora della grandissima Federica Fracassi, la nostra più grande attrice di Teatro, di nuovo patologicamente inarrivabile ,simbolo della psicosi della Chiesa. Non tanto lei, che vede davvero, quanto la concezione di visionarietà accettata dal sistema ecclesiastico. Lei vede davvero, infatti, e denuncia come avesse assistito a un miracolo il via vai sotto il suo convento, a cui assiste salendo sul W.C.(e qui l’unghiata sarcastica di Bellocchio nei confronti della religione e delle sue ‘ore’ è fenomenale).
Federica Fracassi , che già portò in scena una ‘santa’ uscita dalla penna maestra di Antonio Moresco, con poche scene importantissime disegna un delirio religioso, che delirio non è e si rivela Cinema tout court. Siglando NEL NOME DELLA MADRE questo capolavoro assoluto da vedere assolutamente al Cinema, perché del Cinema è essenza, metafora e simbolo in tutta la sua potenza psicanalitica.
https://www.mymovies.it/film/2022/esterno-notte/EsternoNotte
Bruno Martinello testimone del ritrovamento del corpo di Aldo Moro
Bruno Martinello è un ex sottoufficiale che ha prestato servizio in qualità di volontario nella Marina Militare. Imbarcato prima sulla fregata Canopo e successivamente sulla Castore che facevano parte della classe Centauro, costruite agli inizi agli anni ‘50. Una volta congedato, dopo opportuni studi ha lavorato come informatore scientifico del farmaco. In occasione dell’uscita nelle sale cinematografiche di Esterno Notte di Marco Bellocchio, è riaffiorato il ricordo di un’esperienza che lo ha segnato per tutta la vita, anche a distanza di tanti anni da quel tragico evento accaduto a Roma il 9 maggio del 1979. Il racconto che segue è la testimonianza diretta di quanto vissuto in prima persona :«Fui richiamato in servizio attivo dal Comando generale della Marina Militare, nel periodo in cui era stato sequestro Aldo Moro, e destinato a Mari Dipart per Maritele Roma con funzioni nel Servizio di telecomunicazioni radiotelegrafista.
Quel giorno non potrò mai dimenticarlo. Terminato il turno insieme ad altri miei tre colleghi, eravamo sull’auto di servizio per rientrare al nostro alloggio quando alla radio di bordo ci venne comunicato il ritrovamento di Moro. Io chiesi all’autista di portarci immediatamente in via Caetani. Arrivati sul luogo, una volta sceso dall’auto, vidi intorno a me nella piazza degli uomini, alcuni dei quali erano anche armati. Io mi avvicinai alla Renault con molta apprensione e angoscia, e la scena che vidi fu straziante. Il corpo di Moro era riverso nel portabagagli in posizione quasi fetale. Lo toccai ed era freddo. Provai immediatamente un senso di pietà e di profonda solitudine, di dolore e di irreparabile ingiustizia per quello che gli era stato fatto. Il suo viso era mesto come se fosse rassegnato. Non potevo credere che ero di fronte ad un uomo che per tutti noi aveva rappresentato un simbolo di onestà e lealtà alla nazione. In Marina il presidente Moro era molto stimato per la sua statura morale, quando era presidente del Consiglio, spesso si parlava di lui e i marinai pugliesi, imbarcati sulla mia nave Castore, erano orgogliosi di essere originari della stessa Regione. Non potevo credere che fosse stato assassinato. Una scena surreale».
La conversazione con Bruno Martinello, che risiede nel comune di Levico Terme, in provincia di Trento, si fa sempre più drammatica per il racconto anche di un’altra esperienza vissuta nel 1965, durante la navigazione a bordo della fregata Castore: «Era la notte del 22 marzo quando a dieci miglia da Punta Stilo (al largo del mar Ionio in Calabria, dove si svolse nella Seconda guerra mondiale la famosa battaglia tra le navi della Marina italiana e quelle inglesi, ndr), durante un’esercitazione Nato la mia nave entrò in collisione con la nave Etna che dovevamo scortare.
Un urto violentissimo danneggiò gravemente la poppa della Castore. Delle quattro vittime vennero ritrovati solo i corpi del Sottocapo Aristide Duse e del marinaio Vittorio Celli. I marinai Domenico Franzese e Franco Pardini risultarono dispersi in mare. Undici furono i feriti». Bruno Martinello si commuove mentre rievoca una tragedia del mare che scosse l’intera nazione e mentre racconta ci fa vedere la sua raccolta di articoli pubblicati il giorno dopo la tragedia. Due vicende in cui la sua testimonianza si fa carico di emozioni mai sopite.