RUMOR(S)CENA – PERGINE – Un omicidio di stato voluto da Benito Mussolini che ne ordina il rapimento e l’omicidio per farlo tacere dopo le sue denunce di brogli elettorali che avvennero con le elezioni del 6 aprile 1924 e la corruzione del governo fascista. È Giacomo Matteotti, un politico e giornalista antifascista. Il 10 giugno 1924 era uscito di casa a piedi per dirigersi verso Montecitorio. Sul sito raiscuola.rai.it si può leggere la dinamica del suo rapimento: «Mentre percorreva il lungotevere Arnaldo da Brescia, secondo le testimonianze raccolte, un’auto si era ferma ad aspettarlo. A bordo i suoi aggressori identificati, in seguito, come i membri della polizia politica di Mussolini: Amerigo Dumini, Albino Volpi, Giuseppe Viola, Augusto Malacria e Amleto Poveromo. Il ritrovamento del corpo di Matteotti fu del tutto casuale: lo annusò il cane di un brigadiere dei Carabinieri in licenza nei pressi delle campagne di Riano. Essendo trascorsi ormai due mesi dalla scomparsa, il cadavere era ormai in fase di decomposizione, quindi per il riconoscimento fu necessaria una perizia odontoiatrica».
Il Teatro dei Borgia ha scelto di raccontare la vicenda con “Giacomo” che riprende «il discorso politico di Matteotti, mettendo a confronto due dei suoi interventi in Parlamento: quello del 31 gennaio 1921, in cui denuncia le connivenze tra le forze politiche borghesi e le squadracce fasciste, e quello del 30 maggio 1924, l’ultima seduta a cui Matteotti partecipò prima di essere assassinato, in cui contesta i risultati delle elezioni dell’aprile di quell’anno». Gianpiero Borgia ed Elena Cotugno scelgono di rievocare i i discorsi del politico evitando di aggiungere altri elementi drammaturgici o registici che potevano diluire la potenza delle parole pronunciate in Parlamento, responsabili di procurarli la morte violenta. In scena Elena Cotugno impersonifica la figura di Matteotti nel suo appassionato e veemente impegno che appare dalle file degli scranni che raffigurano uno spaccato dell’aula parlamentare in disuso, ricoperto di teli di plastica. Abbandonato dagli uomini e lasciati al suo disfacimento. Metafora potente che appare come preciso riferimento. Una scenografia incombente e volutamente sghemba (realizzata da Filippo Sarchielli che si definisce “artigiano dello spazio scenico”), come a significare la deformazione della politica che diventa metodo di sopraffazione e illegalità. Così come fu esattamente il fascismo.
Sono stati scelti gli interventi in aula della seduta del 31 gennaio 1921 e quella del 30 maggio 1924, l’ultima a cui Matteotti partecipò prima di venire rapito e assassinato. Mussolini alla Camera si assunse la responsabilità politica del gesto rischiando di essere incriminato ma così non accadde e poté proseguire nella sua folle dittatura.
“Noi deploriamo che si voglia dimostrare che solo il nostro popolo nel mondo non sa reggersi da sé e deve essere governato con la forza. (…) Voi volete ricacciarci indietro. Noi difendiamo la libera sovranità del popolo italiano al quale mandiamo il più alto saluto e crediamo di rivendicarne la dignità”(Giacomo Matteotti)
In Giacomo si assiste ad una rappresentazione che si fa portavoce di un sentimento di civiltà e di democrazia grazie ad una attenta costruzione dei dialoghi la cui abilità è data dall’interpretazione di Elena Cotugno nel rispondere al disegno registico di Gianpiero Borgia. L’attrice utilizza una gamma molto diversificata di registri, cadenzati sul gesto fisico che la porta ad avanzare e ad arretrare a seconda del tono degli interventi che accusano il governo fascista.
Non è un teatro di narrazione o un tentativo di ricostruzione storica bensì una trasfigurazione se si vuole meta – linguistica in cui lo spettatore può immedesimarsi e partecipare ad un rito collettivo. Un teatro impegnato che vuole sondare tematiche politiche, dopo averlo fatto con Medea per strada, dove il focus era sul versante sociale, un teatro che restituisce alla memoria una ferita inferta alla democrazia. Assistere a Giacomo in occasione del Pergine Festival (longevo festival in una ridente cittadina della provincia di Trento) diventa così partecipazione attiva e collettiva, mediata anche dalla partitura fisica della bravissima interprete che introietta la potenza verbale del testamento politico di Matteotti, incarnando una fisicità espressiva che sembra ripercuotersi nello spazio dell’ex Rimessa delle Carrozze, un ambiente che si confaceva alla messa in scena come luogo quasi claustrofobico e per questo adatto a contenere e circoscrivere il flusso emanato che ne fanno di Giacomo un superbo esempio di teatro contemporaneo che sa rivolgere lo sguardo sul nostro passato storico, spesso volutamente dimenticato, ma che sembra a volte riaffaciarsi con azioni e gesti simili sui quali è necessario riflettere.
“Voi che oggi avete in mano il potere e la forza – dirà – voi che vantate la vostra potenza, dovreste meglio di tutti gli altri essere in grado di far osservare la legge da parte di tutti. Voi dichiarate ogni giorno di volere ristabilire l’autorità dello Stato e della legge. Fatelo, se siete ancora in tempo; altrimenti voi sì, veramente rovinate quella che è l’intima essenza, la ragione morale della nazione (…) Se la libertà è data ci possono essere errori, eccessi momentanei, ma il popolo italiano, come ogni altro, ha dimostrato di saperseli correggere da sé medesimo. Noi deploriamo invece che si voglia dimostrare che solo il nostro popolo nel mondo non sa reggersi da sé e deve essere governato con la forza. Molto danno avevano fatto le dominazioni straniere. Ma il nostro popolo stava risollevandosi ed educandosi, anche con l’opera nostra. Voi volete ricacciarci indietro. Noi difendiamo la libera sovranità del popolo italiano al quale mandiamo il più alto saluto e crediamo di rivendicarne la dignità, domandando il rinvio delle elezioni inficiate dalla violenza alla Giunta delle elezioni”
(Giacomo Matteotti . 30 maggio 1924. Ultimo intervento alla Camera)
Visto al Pergine Festival il 6 luglio 2022
Progetto Elena Cotugno, Gianpiero Borgia
Parole Giacomo Matteotti e Interruzioni d’Aula
Con Elena Cotugno
Costumi Giuseppe Avallone
Artigiano dello spazio scenico Filippo Sarcinelli
Ideazione, regia e luci Gianpiero Borgia
Coproduzione TB/Artisti Associati Gorizia