RUMOR(S)CENA – GENOVA – La pandemia aguzza l’ingegno e il duo portante di Akropolis – Clemente Tafuri e David Beronio, che una ne pensano e cento ne fanno – si è cimentato durante il lock-down nella produzione di un ciclo di docu-film su personaggi della cultura e della scena. Tre della quadrilogia finora completata sono stati presentati il 4 marzo nel nido del teatro ai bordi di Genova, fucina permanente di idee e spettacoli di arte varia. E precisamente quello dedicato alla coreografa e danzatrice Paola Bianchi, al filosofo Carlo Sini e al light designer Gianni Staropoli (mentre in repertorio esiste pure quello sul regista Massimiliano Civica).
Docu-film (o anche per esteso film-documentari) non esprime tuttavia tutta la potenzialità di questi cortometraggi, che non rientrano nella categoria tout-court della carriera biografica o della voce wikipedia. Sono piuttosto ritratti presi da un’angolazione particolare: La parte maledetta. Viaggio ai confini del teatro, precisano gli autori, che hanno individuato quelle personalità che nel loro campo hanno “sforato” i confini del genere, portato oltre lo sguardo rispetto ai territori frequentati. I “ribelli”, insomma, i portatori di senso ellittico che arricchiscono di altri spunti quel format da cui provengono e, in qualche modo, lo spaccano verso inediti orizzonti.
Cercare quella linea d’ombra è probabilmente anche il grimaldello per tracciare un diverso docu-film. L’occhio della camera di Tafuri e Beronio diventa piacevolmente insidiosa nell’appuntarsi su particolari significativi come il volto ascetico di Paola Bianchi, quel suo raccontarsi in levare (le astinenze alimentari da adolescente come primo sintomo di uno scavo interiore), le panoramiche dalla scena nuda – dove di solito sceglie di esibirsi – alle pareti rustiche della sua casa di Rimini, in dialogo con il verde scompigliato degli esterni. Una sorta di sineddoche di un vissuto artistico, senza voler parlare di tutto (impresa molto pericolosa, del resto).
Ogni personaggio fa storia e riprese a sé, come dettando una partitura specifica. C’è il periodare arioso e lucente di Carlo Sini e del suo pensiero elettronico che accende le mappe del mondo e i suoi significati e le parole scarne di Gianni Staropoli, in un filmato che è quasi un corto di animazione con le linee di stanze e corridoi che si rincorrono tra bagliori improvvisi, richiamando giochi di luce.
Un po’ surreale ma davvero attinente a Massimiliano Civica, invece, è la scelta di affidare la sua idea di teatro alla voce di Bobo Rondelli. E’ un meta-messaggio che costeggia il magnifico borderline delle regie di Civica, apparentemente in regola e poi sempre sfiancate da una deviazione inaspettata. Più dell’editoria di Akropolis – intensa e varia ma meno appetibile alle nuove generazioni, con gran dispitto di chi è cresciuto a carta e libri -, questa via del docu-film ci sembra rappresentare un futuro promettente. La misura è aurea (30/40 minuti), il taglio metamorfico a seconda dei soggetti, la predilezione di toni chiaroscurali li rende sobri e appetibili per ogni tipo di pubblico. Si aspettano con desiderio altri video-ritratti.