RUMOR(S)CENA – GENOVA – Giuseppe Verdi compose Falstaff tra il 1890 e il 1893. È la sua ultima opera. Falstaff è l’unica con Otello che possa dirsi dramma musicale a pieno titolo. Composta su libretto di Arrigo Boito da The Merry Wives of Windsor di William Shakespeare, non vede al suo interno un’aria, né un duetto, coro o concertato, infatti anche per questo “gode di una continuità e di una fluidità senza precedenti nel teatro verdiano”, come scrive il musicologo milanese Enrico Girardi. Con Falstaff Verdi, ormai ottantenne, si assicurò un ultimo grande successo malgrado alla prima rappresentazione, che si tenne al Teatro alla Scala il 9 febbraio 1893, nessuno uscì canticchiando quelle belle melodie che restano nelle orecchie, ma portandosi dietro solo una successioni di motivi come il noto”Dalledue alle tre” o “pizzica, pizzica”.

Il realismo della comicità rimane un punto cardine della drammaturgia dell’opera, ma uno degli elementi che di più stupì ai tempi, e continua a stupire di Falstaff, è l’innovazione stilistica attuata da Verdi in questo suo meraviglioso testamento musicale. Quel sapiente impasto orchestrale dal ritmo incalzante che sembra non avere alcuna interruzione. Pensiamo al finale “Tutto il mondo è burla”, magistrale fuga in do maggiore che vede i dieci protagonisti tutti in fila in proscenio che cantano come in un’opera del Settecento, lasciando riflettere il pubblico prima di alzarsi dalle poltrone. Una morale inquietante, che sembra il vero “lascito testamentario” del compositore al suo pubblico e al mondo intero. Una visione amara della vita di un Verdi oramai stanco. L’addio di Falstaff suona come un addio al teatro. Il compositore morirà otto anni più tardi, dopo aver composto i Pezzi Sacri (Te Deum, Laudi alla Vergine, Stabat) eseguiti a Parigi nel 1898.

L’allestimento della Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova con la regia di Damiano Michieletto, scene di Paolo Fantin, costumi di Carla Teti, luci di Alessandro Carletti, video rocafilm Filmproduktion, però ci ha lasciati perplessi. L’idea del regista veneziano è stata quella di ambientare l’opera a Casa Verdi, la casa di riposo sita a Milano, finanziata dallo stesso compositore e costruita da Camillo Boito fratello di Arrigo. E così la scena si apre invece che sulle note di Falstaff su quelle suonate al pianoforte da una delle anziane signore ospiti della casa che accenna al pianoforte le melodie famose delle altre opere di Verdi. Perchè?…una citazione triste nonchè assolutamente fuori luogo. Ma ancor più triste è tutto quello che accade per tutta l’opera che si svolge per gli interi tre atti all’interno del salone della casa di riposo in cui si vedono girare vecchietti in pantofole e operatrici sociosanitarie mentre il buon Falstaff è quasi sempre sdraiato su un divano rosso, oggetto principale di scena.

Una versione malinconica che vuole Falstaff più vecchio e decadente di quello pensato tanto da Verdi che da Shakespeare: l’anziano e corpulento Sir John Falstaff, alloggiato con i servi Bardolfo e Pistola presso l’Osteria della Giarrettiera, progetta di conquistare due belle e ricche dame, non il suo funerale! Ma se possiamo passare oltre sulla realizzazione del regista Micheletti dei primi due atti, compresa la mancata sistemazione del protagonista dentro la cesta della biancheria sporca, non si può assolutamente giustificare la scelta di aver presentato la foresta di Windsor come una fila di piante da casa intorno all’onnipresente divano!
Inutile a dirsi che questa messa in scena ha penalizzato l’intera resa dell’ opera. Non è bastata la presenza di Ambrogio Maestri , tra i baritoni più acclamati a livello internazionale (in questa occasione per la prima volta a Genova), a salvare una produzione manchevole sotto l’aspetto registico, ma purtroppo anche su quello musicale. Jordi Bernàcer, che torna a Genova dopo il Rigoletto del 2022, nella sua direzione non è stato in grado di bilanciare buca e palcoscenico. Gravissimo in un’opera come questa che richiede più che mai coordinamento tra voci e orchestra . Del cast, che oltre all’autorevole e ironico Maestri (Sir John Falstaff), comprendeva Ernesto Petti (Ford), Blagoj Nacoski (Dottor Caius), Oronzo D’Urso (Bardolfo), Luciano Leoni (Pistola), Erika Grimaldi (Alice Ford), Sara Mingardo (Mrs. Quickly), Paola Gardina (Mrs. Meg Page), ci hanno entusiasmato solo i giovani Galeano Salas (Fenton) e Caterina Sala (Nannetta) dalle voci pulite e scintillanti.

Visto la sera della Prima il 7 marzo al Teatro Carlo Felice di Genova
Lo spettacolo sarà in replica ancora martedì 11 alle ore 20.00 (turno L) e giovedì 13 alle ore 20.00 (turno B).