GENOVA – Da sempre il Teatro delle Nuvole s’incammina per il sentiero della bellezza, in punta di piedi, con grande rispetto. E’ una premessa necessaria, perché questo approccio umile, al servizio della poesia e della comunicazione consente di aprire porte che altrimenti non si aprirebbero. Con questo bagaglio di amore per la scrittura, di disponibilità e di lunga esperienza, nel 2011 il Teatro delle Nuvole ha oltrepassato la soglia della Casa Circondariale di Chiavari con un progetto del Laboratorio Teatrale mirato alla condivisone di testi poetici legati al territorio ligure. Si è trattato di un’esperienza ricchissima perché non facile, fatta di superamenti di barriere, conoscenza di altri mondi e linguaggi, nel tentativo di render corale una realtà fratta, individuale e … fuori dal coro.
“Paesaggi” è una sorta di riavvolgimento ideale della realtà, per poterla in qualche modo riscrivere. Franca Fioravanti si presenta nella Circondariale di Chiavari con un una valigia di Poesia in gran parte di Liguria (Biamonti, Spaziani, Caproni, Sbarbaro, Montale, Artaud, Bertolucci, Garcia Lorca). La poesia viene proposta alle persone detenute, frammentata, raccogliendone i pezzi più significativi per ciascun detenuto, e ricomposta in un mosaico di emozioni fatte proprie, in un superamento della propria individualità di confine, che, finalmente, diviene canto comune.
Quel che si è perso, è andato in pezzi, è irrecuperabile, si ricrea in altra forma, diviene polifonia possibile, sul palco, ma soprattutto dentro ciascuno. E così Attilio, Antonio, Federico, Gianfranco, Yassin, Mirko, Mustafà, William offrono la loro voce a questa liturgia liberatoria che si fa metatesto, donando a questa terra anche l’eco dei suoi luoghi e dei suoi cuori reclusi. “Paesaggi” diviene così canto, performance, opera nuova itinerante che, superate le barriere interne, non ha più confini. Terra tu sei piena di grazia, i miei occhi sono nuovi. Questo scrivevo al tempo dell’uscita del video Paesaggi, un’opera dai mezzi tecnici ridotti, ma dal grande potere evocativo. Paesaggi nel suo itinerare al di là delle barriere giunge nell’aula della Scuola di Musica Elettronica del Conservatorio Niccolò Paganini di Genova, diretta da Roberto Doati, ed incontra tre giovani compositori, che questo corso frequentano: Edoardo Bardi, Nicolò Pietro Pisanu, Emanuele Lauriola.
I tre compositori colgono la potenzialità sonora di “Paesaggi”, ne puliscono le tracce audio ed operano un ulteriore lavoro di frammentazione e ricostruzione. Nasce così l’opera audiovisiva “Silenzi Scordati”, che è canto della terra, delle sue asperità e dei suoi incanti. Lontano dalla didascalia, “Silenzi Scordati” offre di “Paesaggi” una visione che è ritorno ai luoghi, alle materie ed ai profumi originari, che hanno ispirato le composizioni poetiche. Come “Paesaggi” “Silenzi Scordati” mischia micro e macrocosmo, staticità e movimento, ombra e colore, formiche e paesaggi cittadini. E’ un canto fatto di echi, silenzi e voce. E’ il punto d’arrivo di un viaggio, è un ritorno, ed anche un nuovo inizio. In qualche modo dunque “Silenzi Scordati” chiude un ciclo. Dalla terra nasce la spinta creativa dei poeti citati: è una spinta dirompente che riesce, nelle mani di Franca, a superare le barriere fisiche e relazionali presenti in un carcere. Questa voce della terra, decostruita, denudata, è da chiunque comprensibile, perché questa terra piena di grazia, oltre che di orrori, è la nostra. La voce dei poeti si arricchisce della voce di chi è detenuto e ritorna a camminare per il mondo. “Silenzi Scordati” riprende questa voce rivitalizzata e la riporta alla terra d’origine. L’ispirazione si rinnova e la terra canta per noi, cantano i grandi paesaggi, ma anche le pietre, i legni mangiati dai tarli, le case distrutte, i campi in fiore, le campane e le onde marine. Cantano, forse urlano silenziose, le frenetiche formiche, che seguono percorsi prefissati e scompaiono, per ricomparire indietro ed avanti nel tempo, metafora del nostro vivere. E’ il canto della voce di Franca e di tutti coloro che lei ha portato al di là delle mura.
“Silenzi Scordati” ci offre dunque una terra riappropriata, nuova fonte di ispirazione, che è passato presente futuro, in un tempo che non è più paradigma ma cerchio. Infine e soprattutto “Silenzi Scordati” è un lavoro che, nato all’interno di una casa circondariale, è opera d’arte priva dell’autoreferenzialità tipica di molte belle opere nate in quel contesto. L’uomo qui non è categoria, ma pura voce. Avreste mai potuto credere che la voce della natura è elettronica?
Carlo M. Marenco