MILANO – Va in scena dal 12 al 24 gennaio al Piccolo Teatro Strehler “Molière: la recita di Versailles”, di Stefano Massini, Paolo Rossi, Giampiero Solari che firma anche la regia. Una produzione del Teatro Stabile di Bolzano che vede l”esordio del nuovo direttore Walter Zambaldi, con la quale ha aperto la stagione 2015-16, scegliendo, non senza rischi, di portare sulle scene una novità drammaturgica che rappresenta una vera e propria sfida – interrompendo di fatto – una tradizione consolidata nella scelta di rappresentare una commedia di prosa, scelta tra i classici, e optando per un testo poco conosciuto, nell’intento di provare a ribaltare un meccanismo che a teatro è solitamente una prassi: quello di scegliere una storia da rappresentare, dotata di trama e personaggi ben identificabile per chi la deve recitare e per il pubblico. Nella convenzione teatrale spesso allo spettatore è affidato il compito di ricomporre cronologicamente i fatti che gli vengono presentati in una successione non sempre consequenziale. Con questo Molière accade qualcosa ancora più diverso: non c’è un tema e lo si capisce fin dall’inizio dello spettacolo a sipario aperto (gli attori circolano sulla scena come se non sapessero cosa sono li a fare), quando una delle attrici chiede al capocomico: “Di che si tratta in questa commedia?”.
Dubbio che sorge spontaneo anche in chi assiste, e ad ogni istante che passa, dove sembra non accadere nulla di concreto, un dietro alle quinte, un meccanismo che ribalta la scena e ci fa vedere cosa succede prima di dell’inizio dello Spettacolo. Un indizio che ci porta a pensare Che sia stato voluto per rappresentare il teatro nel teatro. Nulla di nuovo sicuramente quando avviene un posizionamento all’interno della rappresentazione stessa, dove viene collocata in scena una ulteriore azione teatrale. Questo espediente è utilizzato per creare una breve rappresentazione all’interno della commedia: modalità drammaturgica capace di svelare la finzione teatrale da parte di chi è in scena (gli attori parlano tra di loro come se non ci fosse il pubblico in sala), nei confronti degli spettatori per mostrare loro la costruzione artificiosa e illusoria del teatro, ma anche della realtà tangibile dagli spettatori. Una scelta metateatrale. Con “Molière: la recita di Versailles” ogni certezza preventiva, ogni consuetudine a cui eravamo abituati, viene meno. Un pubblico, quello del debutto bolzanino, ignaro di quello che li veniva riservato, abituato com’era al rito di assistere ad uno spettacolo con tutti i crismi che la prosa normalmente dispone. Il ruolo di spettatore cosiddetto tradizionale viene meno, e ci si trova dinnanzi ad una scelta di campo radicale: prendere o lasciare. Non sei lì per assistere ad una semplice recita, sapendo che gli attori interpretano dei personaggi: un patto non scritto o una specie di contratto implicito che richiede un osservatore e uno osservato. I tre autori (un drammaturgo, un regista, un attore) prendono a prestito la commedia per raccontarci la vita stessa del teatro, l’attesa delle prove, le recite a soggetto (la commedia dell’arte, quindi anche un recupero storico culturale), l’arrivo di un capocomico che dia istruzioni (oggi ruolo del regista), e tutte quelle dinamiche che si vengono a creare su un palcoscenico. Il pubblico lo comprende e si lascia convincere, superando quello stupore iniziale, venutosi a creare per effetto della sensazione di una sorta quasi di estraniamento, non certo casuale. Si riesce ad entrare nel “gioco delle parti”, volutamente innescato dagli attori e dalla regia di Gianpiero Solari.
Si colgono anche dei riferimenti che mescolano la finzione teatrale di una compagnia, intenta a provare, e richiamo tratti dalla realtà odierna. E così accade che L’improvvisazione di Versailles (suggerita a Molière dallo stesso Luigi XIV, il quale si divertiva a fomentare l’antagonismo tra i commedianti dell’Hôtel de Bourgogne e la sua compagnia), diventa un pretesto per raccontare cosa significa recitare improvvisando un testo per volere del capocomico (l’istrionico Paolo Rossi) e del suo committente: il re. Ogni prova subisce una sorta di annullamento per ricominciare tutto da capo. L’effimero dell’arte scenica proiettata sulla ribalta della vita dove tutti noi siamo interpreti e spettatori. A tratti ci si confonde nell’assistere a brevi scene dove gli attori provano il Misantropo, Il Tartufo, il Malato Immaginario, Molière che prova Molière, dove vengono sviscerati temi (questi si che sono percepibili senza ombra di dubbio), come la Chiesa predichi bene e razzoli male, il malcostume, l’ipocrisia imperante. L’uomo e i suoi difetti. Il teatro è il luogo giusto dove poter puntare il dito e lo fa con l’ironia, il sarcasmo, la satira. Molière sapeva bene come farlo. Se pur la Recita di Versailles manchi di una struttura portante vera e propria, è interessante per una sua originalità nel farci capire il funzionamento della commedia dell’arte che richiedeva una notevole preparazione agli attori: gesto, movimenti, dizione, azione scenica. Il teatro diventa fonte di riflessione e si guarda allo specchio mentre noi guardiamo lui.
Proviamo ammirazione per la recitazione degli attori che stanno a dimostrare quanto sia professionale interpretare un personaggio ma subito dopo a viene la smitizzazione del loro lavoro, per tornare ad essere uomini come tutti: la fatica di provare una battuta ripetuta all’infinito, gli inciampi sulla scenografia, le lamentele nel dover provare senza copione. L’altra faccia del mestiere dell’attore a cui noi non siamo abituati La Compagnia del Teatro Stabile di Bolzano si diverte in questo meccanismo di mescolare tutto e creare una sorta di prova aperta al pubblico, con la consapevolezza di non cadere mai nella retorica o nel prendersi troppo sul serio, o al contrario, farsi troppo gioco di se stessi. Sta qui il sottile confine di questa operazione con una buona dose di rischio per chi l’ha concepita, voluta e prodotta. Lo spettacolo visto alla prima nazionale a Bolzano avrà sicuramente giovato delle repliche (già nelle prime recite si avvertivano degli assestamenti). Da segnalare per la loro bravura Lucia Vasini, Fulvio Falzarano, Irene Villa e il supporto vivace delle musiche eseguite dal vivo dai Virtuosi del Carso. L’improvvisazione di Versailles fu rappresentato alla presenza del re il 14 ottobre 1663, e successivamente Parigi per il pubblico nel novembre dello stesso anno. Ora tocca a Milano.
Visto al Teatro Stabile di Bolzano il 5 novembre 2015
Molière: la recita di Versailles
di Stefano Massini, Paolo Rossi, Giampiero Solari
Piccolo Teatro Strehler di Milano
dal 12 al 24 gennaio, poi in tournée
Regia di Gianpiero Solari
scene e costumi Elisabetta Gabbioneta
luci Gigi Saccomandi
con Paolo Rossi, Lucia Vasini, Fulvio Falzarano, Emanuele Dell’Aquila, Alex Orciari, Stefano Bembi, Mariaberta Blasko, Riccardo Zini, Irene Villa, Karoline Comarella, Paolo Grossi
canzoni originali Gianmaria Testa
musiche eseguite dal vivo I Virtuosi del Carso
produzione Teatro Stabile di Bolzano
Salvo diversa indicazione, gli orari degli spettacoli al Piccolo: martedì, giovedì e sabato, 19.30; mercoledì e venerdì 20.30; domenica 16
Mercoledì 20 gennaio 2016 ore 15 (riservata alle Scuole) e ore 20.30
https://www.piccoloteatro.org/events/2015-2016/moliere-la-recita-di-versailles
http://www.teatro-bolzano.it/produzioni/moliere-la-recita-di-versailles