BOLZANO – Il tema dei vicini di casa il cinema lo ha spesso affrontato: quante sono le pellicole dedicate – spesso anche drammatiche – al vicinato, agli inquilini della porta accanto. Una realtà sociale indagata da registi di fama mondiale. La cinematografia ha creato capolavori assoluti come “L’inquilino del terzo piano”, un film del 1976: thriller psicologico a sfondo horror, diretto da Roman Polanski (nei panni del protagonista) e interpretato da Isabelle Adjani. Rappresenta un successo della poetica del regista sulla quotidianità che si fa incubo. Le innumerevoli simbologie egizie presenti nel film farebbero supporre la tematica della reincarnazione. Parla dell’inquietudine e della paranoia ossessiva. Un horror psicologico a forte impatto suggestivo.
Un altro film è: “I vicini di casa” (Neighbors), una commedia del 1981 diretta da John G. Avildsen, interpretata da John Belushi e Dan Aykroyd. Un filone che comprende anche Alla Drive, Barton Fink, Everything Must Go, The Station Agent. Funny Games. Ma non si può non citare il romanzo “L’eleganza del riccio”, da cui è stato tratto “Il riccio”, film del 2009 diretto da Mona Muriel Barbery. Ognuno di noi ha dei vicini di casa con cui vai d’accordo o meno, qualche volta non lo saluti e ti ignori a vicenda.
A Bologna intanto è nato il fenomeno delle social streets , un’iniziativa per instaurare rapporti e socializzare con i vicini, attraverso la Rete. Tramite gruppi in Facebook le persone si scambiano informazioni utili. L’aiuto arriva tramite un post. Finisce l’era del suono al campanello per chiedere il sale o il caffè, ora i vicini comunicano via internet. Non come facevano i celebri George e Mildred, protagonisti di una super fortunata serie televisiva inglese del 1976, coppia abituata a importunare i loro vicini di casa più giovani. Precedenti illustri cinematografici e televisivi per arrivare a parlare di quelli teatrali: “I Vicini”, creati dal talento drammaturgico di Fausto Paravidino, non un semplice “vicino di casa”, bensì un “abitante” di riguardo del Teatro Stabile di Bolzano. Lo scorso maggio al Teatro Studio è andato in scena il suo nuovo testo “I vicini”, scritto, diretto e interpretato dallo stesso autore, nonché vincitore del Premio Hystrio alla Drammaturgia 2013. In cartellone per “La Grande Prosa”, lo spettacolo ha chiuso la penultima stagione del Teatro Stabile di Bolzano, diretta da Marco Bernardi. Dal mese di Giugno 2015 passerà la mano al nuovo direttore designato Walter Zambaldi.
Sono “Vicini”, come possono essere quelli reali di tutti i giorni, i personaggi descritti da Paravidino; molto simili a uomini e donne che vivono sullo stesso pianerottolo. Fonte spesso di rancori e malumori condominiali, liti e dispetti, amori e odi. Insomma tutto quello che lo scibile umano può offrire. La trama racconta di una coppia che va ad abitare vicino ad un’altra, entrambe sono giovanili, non presentano nulla di particolare, eccetto l’alone, o meglio, il fantasma della paura. E di una vecchia signora. Aleggia una sinistra presenza: la paura che declinata nelle sue forme diventano le paure immaginarie a quelle reali, ma vale anche l’esatto contrario. Da reali diventano immaginarie e non si finisce più. Non guardate dietro quella porta, ci si potrebbe imbattere in un fantasma che si aggira indisturbato per casa. C’è chi ci crede come la protagonista Greta, c’è chi non ci crede come Lui (Paravidino) il marito di Lei.
L’inizio e la fine di un intrigante meccanismo di incontri e sparizioni, di rumori provenienti dal pianerottolo. Di una donna che appare nuda e poi sparisce come svanita nel nulla. Di vicini che sono tanto vicini da non capire perché provare paura. Sempre Lui. Una paura innata, quella dell’inconscio della mente, capace di vivere stati emozionali alterati; fino a farli diventare incubi e deliri. I rumori che Lui sente smettono all’istante quando cerca di capire chi è dallo spioncino della porta. I vicini ci sono ma non si vedono finché una sera appaiono in carne ed ossa e qui la storia si complica. Dinamiche sottili tra vicinato, Lui Lei , Lei l’altro, Lui L’altra. Dal sospetto alla frequentazione con la “strana coppia” dei vicini. Tutto si complica fino a creare atmosfere surreali ma non troppo visto che sono (anche) realistiche; uscite dalla creativa penna di Paravadino. Ma è la vecchia che appare e scompare a far si che tutto diventi un giallo, una storia insolita, qualcosa che sfugge alla razionalità.
I rapporti si deteriorano tra Lui, Greta, Chiara e suo marito. Azioni e comportamenti tipici della gelosia, del sospetto, del non capire più la differenza tra reale e immaginato. La realtà e un’ombra e tutte le ombre sono reali? Quello che conosciamo può essere irreale, come le ombre, oppure è reale come in una conoscenza che si può verificare in diversi modi? La risposta Paravidino la fa dire alla signora anziana che spiega l’arcano nell’epilogo della commedia: una donna che si crede vedova di guerra perché convinta di non rivedere più suo marito, mandato a combattere al fronte, e fa di tutto per vivere la sua condizione di solitudine. L’uomo però è tornato a casa ma lei non si riconosce più come moglie. Una sorta di sdoppiamento di personalità che contribuisce ancor di più a chiedersi: sarà vero o no? Reale o immaginato? Finisce che la storia parla di noi stessi, degli altri, su noi stessi e gli altri, sui vicini lontani, su quello che è immaginato, su quello che è reale perché è immaginato. Un sottile gioco di specchi che si rifrangono e diventano un caleidoscopio della vita stessa.
Un rompicapo, un labirinto della mente umana dove se entri è difficile uscire. Il testo di Paravadino gioca ancora una volta sui meccanismi consolidati del non sense ma a dosi leggere; un dinamismo tipico delle polarità che si attraggono e si respingono. Drammaturgia e regia che ha un filo conduttore simile, almeno per certi versi, a “La malattia della famiglia M”,o “Exit” per come vengono sviluppate alcune dinamiche e caratterizzati i personaggi. Ripercorre una visione del suo intendere il Teatro, con la scioltezza che gli appartiene, anche se varrebbe la pena affrontare dei nuovi registri drammaturgici. Lo spettacolo diverte e c’entra l’obiettivo di coinvolgere il pubblico in una vicenda dove i confini sono sfumati e questo è il valore aggiunto del lavoro visto. Iris Fusetti, Davide Lorino, Monica Samassa, Sara Putignano aderiscono alle indicazioni sia del testo che della regia di Fausto Paravidino con convinzione interpretando le molte sfumature efficaci quanto piacevoli che creano il ritmo sempre veloce e vibrante. Elegante la scena sobria e minimalista di Laura Benzi , le musiche d’effetto di Enrico Melozzi e le luci di Lorenzo Carlucci, sono straordinarie nel ricreare le visioni oniriche della mente di questi strani vicini, ma noi ci sentiamo più rassicurati fino a quando non sentiamo suonare il campanello della porta……
I Vicini
Produzione TSB
Novità di Fausto Paravidino
regia Fausto Paravidino, scene Laura Benzi , costumi Sandra Cardini, luci Lorenzo Carlucci , musiche Enrico Melozzi, con Fausto Paravidino, Iris Fusetti, Davide Lorino, Monica Samassa, Sara Putignano
Visto al Teatro Studio (Comunale) di Bolzano l’8 maggio 2014