RUMOR(S)CENA – DANZA – Dunja Jocic è un (s)oggetto coreografico strano: serba, ma attiva ad Amsterdam. Figlia di registi cinematografici, ma con una carriera partita dalla ginnastica ritmica e presenze olimpiche, per poi passare alla danza contemporanea, lavorando per compagnie di tutto rispetto come Club Guy and Roni o Emio Greco e persino con Peter Greenaway. Nonostante sia già piuttosto affermata all’estero, sui nostri palcoscenici ha fatto una breve incursione solo al Fuori Programma di Valentina Marini nel 2018 e a Trans Art Festival di Bolzano. Oggi, è stata intercettata ancora da Valentina Marini, infaticabile manager di Spellbound e curatrice di rassegne stuzzicanti. Dunja è tornata quindi in “Orbita”, stagione di danza contemporanea che Spellbound ha promosso con l’Università di Romatre. A fine maggio al teatro Palladium la coreografa serbo-olandese si è presentata double-face: da un lato se stessa in versione videodanza con The Bird, un cortometraggio premiatissimo, dall’altro con un curioso lavoro, The Previous Owner – affidato alla magnifica performer Kalin Morrow -, dove prende spunto dalle teorie del transumanesimo per un assolo tra tecnologia e corpo fisico.
The Bird ricorda da vicino gli esperimenti fra cinema e danza inglese che “Dance for the Camera” propose negli anni Novanta. Impianto classico con storyboard, dove si racconta in rapide sequenze la solitudine di un bambino, figlio di una cantante lirica in carriera. Il ragazzino si aggira per le stanze di una magione da Downton Abbey. Cerca di giocare con un merlo in gabbia ma provoca una piccola tragedia, che si trasforma in incubo visionario. Qui entra in scena Dunja interprete, presenza ferina dai movimenti scheggiati, che richiama un po’ i cigni selvatici di Matthew Bourne. La dimestichezza con ambienti cinematografici respirata in famiglia da Jocic si vede bene in questo cortometraggio girato in modo ineccepibile dalla stessa Dunja con Marinus Groothooff.
Ma la vera originalità della coreografa si vede nel lavoro presentato dal vivo, sebbene anche qui affiancato da tecnologie di video. Intanto il tema: scostandosi bruscamente da tutte le riflessioni ombelicali che ingombrano molta produzione contemporanea, Dunja prende spunto dal transumanesimo, quella stravagante corrente di pensiero (più diffusa di quanto non si creda, basta guardare su internet) sulle possibilità di espandere la vita dell’essere umano attraverso la biotecnologia. Un po’ l’antico sogno dell’immortalità, tradotta in coreografia nella performance di una giovane donna, a cui sono state trasferite le memorie di un anziano restio a lasciare la vita terrestre.
The Previous Owner non è uno spettacolo perfetto. Non nitido, per dire, come il cortometraggio The Bird, anzi piuttosto irrisolto nel raccontare l’intricata relazione tra il proprietario delle memorie e la sua recalcitrante erede. Però è la sperimentazione che intriga. Quella del performer messo a confronto con la tecnologia (uno schermo sul petto, l’altro da sfondo scenografico), un tema insolito che spiazza la nostra visione del mondo, una danza che sfida racconti impossibili. Proprio quello che vorremmo vedere più praticato dall’arte: camminare su sentieri non battuti. Per questo aspettiamo con curiosità il nuovo lavoro che Dunja Jocic sta preparando sulle misure dei danzatori della Spellbound. Il debutto è il 15 luglio al festival Bolzano Danza con WE US AND OTHER GAMES.
Non solo eccentriche novità si trovano però nei cartelloni curati da Valentina Marini: dopo la Dunja Jocic in “Orbita”, “Fuori programma” al Teatro India di Roma (che seguiva di poco la precedente rassegna) c’è stato il 6 luglio Jacopo Godani in una sorta di retrospettiva “nuda”, ovvero una carrellata di estratti dai lavori che ha creato negli ultimi anni per la Dresden Frankfurt Dance Company, da lui diretta dal 2015. “Nuda” perché gli estratti dai suoi spettacoli teatrali erano proposti da dieci meravigliosi danzatori a scena spoglia, poche o niente luci (anche perché si partiva con la luce naturale), zero scenografie, spazio circolare con gli spettatori disposti su tutti e quattro i lati. Il “Ritratto d’artista” che si proponeva era dunque l’ingranaggio della danza in sé, il corpo esposto nella sua tecnica e nella qualità del movimento, la complicità degli interpreti chiamati a stringere alleanze di sguardi e di rapidi scambi.
Il primo commento che viene in mente a inizio performance è “Toh, ecco uno che fa coreografia. Vera”. La matrice di Godani, del resto, è di quelle da storia della danza: è stato una delle punte di diamante di William Forsythe, geniale “architetto” di coreografie della seconda metà del Novecento. Godani assorbe ma non ricalca: se l’uso meticoloso del corpo e dei movimenti richiama la sperimentazione ardita di Forsythe, tanto lesta e precisa, c’è una sensibilità diversa, quasi affettiva (assente nel Maestro americano) nelle relazioni tra i danzatori. Sorridono fra sé e fra loro (anche questo impensabile nelle geometrie forsythiane), si muovono con un pizzico di ironia e sensualità. Godani ama la coreografia ma ancora più i suoi danzatori, di cui asseconda indole e personalità, cercandone lo specifico nei movimenti. Basterebbe, per credere, l’assolo Amanda, celebrato per la splendida Amanda Lana o il duetto snodato per Clay Koonar e Kevin Beyer (Clay and Kevin, appunto). O ancora la coppia imponente formata da Gaizka Morales e Roberta Inghilterra (Gaizka and Roberta). Né di minore impatto sono le performance di Felix Berning, Anne Jung, Zoe Lenzi, David-Leonidas Thief, Sam Young Wright, tutti di ritorno prima in assoli e duetti dell’arioso BACH OFF! E poi tutti insieme nello scatenato finale da High Breed. L’orda assassina – come la chiama scherzosamente Godani – si rovescia in scena, stavolta costumata di rosso, con qualche riflettore a incrociarne le traiettorie.
Vitali, magnifici, mentre il coreografo italiano si gode un pubblico in visibilio. A proposito, Godani ha annunciato che lascerà Dresda nel 2023, chissà forse per diventare battitore libero. Magari tornasse da noi.
Visti al Teatro Palladium di Roma il 21 maggio 2022
Debutto il 15 luglio al festival Bolzano Danza con WE US AND OTHER GAMES.
https://www.bolzanodanza.it/eventi/spellbound-contemporary-ballet