MILANO – Dopo aver visto “Il giuoco delle parti” di Pirandello non pare peregrina l’affermazione che Umberto Orsini stia vivendo una terza giovinezza artistica, dopo gli inizi segnati dal sodalizio con la Compagnia dei Giovani e quello degli anni ’80 con Gabriele Lavia, con in mezzo le scandalose regie viscontiane (la censurata L’Arialda di Testori e la fischiata dal suo autore Tanto tempo fa di Harold Pinter) e ancora nel suo ruolino di primattore ci sono le regie di Ronconi, Cobelli, Castri, Andò, Delbono, per Cechov, Pasolini, Strindberg e di nuovo l’amatissimo Pinter. Insomma, sessanta anni di teatro , magnifico e intero, e ora tutto concentrato sulla relazione tra interpretazione, adattamento di testi, soprattutto tratti dalla grande tradizione letteraria narrativa e teatrale europea, e messa in scena (si agisce di sintesi tra studio scenotecnico e regia vera e propria). Non dimenticando il ruolo importantissimo, nel caso specifico, di capocomico che resta, a differenza degli altri ricoperti, ancorato all’esclusivo appannaggio di Orsini medesimo.
Detto questo ed esempio di tale lavoro, non solo sulla commedia pirandelliana, ma anche sulla novella che l’ha originata, è per l’appunto “Il giuoco delle parti” che segue a poca distanza di tempo l’adattamento dai Fratelli Karamazov di Dostoevskij della “Leggenda del Grande inquisitore” (https://www.rumorscena.com/17/12/2014/un-inquisitore-techno-alla-prova-del-900)
Così temporalmente contigui, i due adattamenti sembrano formare un dittico aperto a novità e suggestioni ancora da progettare. Sebbene le stesse messe in scena presuppongano già alla prova del palcoscenico allargamenti di sguardi verso una contemporaneità che non ha vergogna di guardare al passato. Quindi, ciò che guarda Orsini è un “novecento passato remoto” che tira dritto verso un “dove” che attraverso le tragiche figure del teatro ripensi ciò che è stato senza alcun infingimento. Ed allora, ecco che il triangolo amoroso tra Leone Gala, la moglie Silia e il Venanzi, inizialmente refertato come “divertissement” borghese, assume contorni tragici e assurdi “alla Krapp” che consentono al protagonista di ascoltarsi nell’incessante progredire della propria follia di testimone e sopravvissuto.
Il giuoco delle parti da L. Pirandello di R. Valerio, U. Orsini e M. Balò
Regia Roberto Valerio con Umberto Orsini, Alvia Reale, Totò Onnis
Milano, Piccolo Teatro Strehler vista il 10 marzo 2015