BOLZANO – Va in scena dal 19 al 22 marzo (ore 20.30, domenica ore 16.00) nell’ambito della Stagione “La Grande Prosa” dello Stabile lo spettacolo Orchidee di Pippo Delbono Assieme a Delbono anche Dolly Albertin, Gianluca Ballarè, Bobò, Margherita Clemente, Ilaria Distante, Simone Goggiano, Mario Intruglio, Nelson Lariccia, Gianni Parenti, Pepe Robledo e Grazia Spinella. Il disegno luci è di Robert John Resteghini.
«L’orchidea è il fiore più bello ma anche il più malvagio, mi diceva una mia amica, perché non riconosci quello che è vero da quello che è finto. Come questo nostro tempo.» Con queste parole Pippo Delbono spiega il titolo della sua ultima opera, uno dei suoi lavori più maturi ed emozionanti. L’autore, attore e regista ligure è apprezzato internazionalmente per i suoi spettacoli poetici e visionari che portano alla ribalta le persone e la loro umanità in tutte le loro sfaccettature. Le messe in scena di Delbono, rappresentate in più di cinquanta paesi, sono creazioni totali, realizzate con un nucleo stabile di artisti. Tra essi, alcune persone provenienti da situazioni sociali di emarginazione, che hanno consolidato il loro lavoro all’interno della compagnia e sono tuttora parte centrale della sua poetica e della sua esperienza teatrale.
“Orchidee” è un lavoro importante per la ricchezza di rimandi che apre, degna degli Shakespeare e dei Cechov che cita, per l’onestà e la limpidezza con cui Delbono si interroga sul senso della rappresentazione della vita. Si parla di morte, di bellezza, d’amore, di potere, in un fiume di suoni, musiche, parole, movimenti e video. Una sorta di confessione dove il pubblico è privato e viceversa.
«In Orchidee c’è, come in tutti i miei spettacoli, il tentativo di fermare un tempo che sto attraversando. Un tempo mio, della mia compagnia, delle persone che lavorano ormai da molti anni con me, ma anche un tempo che stiamo attraversando e vivendo oggi tutti noi. Un tempo confuso dove mi sento, ci sentiamo, in tanti, credo, sperduti… Con la sensazione di aver perduto qualcosa. Per sempre. Forse la fede politica, rivoluzionaria, umana, spirituale – scrive Delbono – Orchidee nasce anche da un grande vuoto che ha lasciato in me mia madre quando è partita per sempre. Mia madre che dopo i conflitti, le separazioni, avevo rincontrato per ridiventare amici. Io, un po’ più grande un po’ più saggio, lei vecchia ritornata un po’ più bambina. E così il vuoto. Il sentirsi figlio di nessuno. Il vuoto dell’amore. Ma Orchidee nasce anche da tanti vuoti, da tanti abbandoni. Il vuoto che viviamo nella cultura, nell’essere artisti perduti. Il teatro che spesso sento un luogo diventato troppo polveroso, finto, morto».