Recensioni — 13/04/2016 at 21:29

Candide o l’ottimismo disatteso in una Europa in macerie

di and
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Il Candide di Fabrizio Arcuri richiede una complessa analisi a cui non ci si deve limitare nell’indicare – attraverso facili schematismi – , un giudizio in grado solo di decifrare le eventuali connessioni tra progetto registico e impostazione scenica derivante dallo studio della drammaturgia, ma va compresa anche la poetica che sta alla base del pensiero del regista stesso, la sua esperienza artistica complessiva. Non ultimo l’ esito della messa in scena è la risultante di tutte le diverse forze artistiche: la recitazione in primis degli attori, le scelte stilistiche e visuali, l’apparato scenotecnico e molte altre componenti non meno essenziali, capaci di definire complessivamente la visione. A chi scrive non interessa tanto trovare le eventuali similitudini tra la drammaturgia originale del Candide di Voltaire, o e eventuali differenze con la scrittura di Mark Ravenhill. Tale disamina non ha senso se si considera come il Candide del “padre dell’ Illuminismo” francese, si sia prestato ad ispirare molti compositori, tra cui Bernstein che ne fece un’operetta comica e musicale. Nella prefazione alla versione tradotta in italiano da Pieraldo Girotto (pubblicato da Titivillus) Fabrizio Arcuri mette sull’avviso il rischio di non fraintendere, sostenendo che “non bisogna compiere l’errore di pensare che questa sia solo un’altra versione del Candide. Qui è anche e proprio di Candide di Voltaire che si parla e quindi di qualcosa di molto lontano, e insieme molto vicino a tutti noi: il pensiero occidentale moderno su cui si sono immaginati e costruiti i valori attuali, le immagini attuali del nostro rappresentarci, che difendiamo o con cui entriamo quotidianamente in conflitto”.

 

 

Candide-Scena-04-Nella-città-di-Eldorado

L’autore francese compone uno scritto prettamente filosofico stigmatizzando l’intento di “vivere nel migliore dei mondi possibili”, riferendosi al filosofo tedesco Leibniz, fautore di tale ideale. Candide esprime una satira dove è possibile distinguere la presenza di uno stile ironico capace di intersecare tragedia e commedia, non tanto nell’enfatizzare ciò che di negativo esiste nella vita, ma evidenzia i difetti e il male esistente con un realismo crudo quanto leggero, scegliendo di farlo attraverso la semplificazione nel criticare la stessa società europea dell’epoca. Critica il pensiero ottimista mostrandoci quanto di più orribile e grave avveniva (secondo il suo giudizio) nei fatti storici citati. Una sorta di disincanto al fine di irridere, far sorridere, dove una certa “superficialità” è il modo più consono per affrontare e ironizzare quanto vi sia di negativo esistente al mondo. Il male viene combattuto anche così. Mark Ravenhill rilancia nel suo stile che lo contraddistingue da sempre, una sua versione, disinvolta dove, si percepiscono, a tratti, delle ingenuità drammaturgiche, se non forse banali. Ecco, però che si insinua un dubbio: è un intento volutamente cercato per dirci che siamo o non siamo in una società in cui si assiste ogni giorno a fatti di una rilevanza tragica inaudita; eppure tutto ci scivola via con estrema e cinica facilità. Non dura a lungo lo stupore, l’incredulità, non ci appartiene più la capacità, là dove il giudizio veniva sospeso per interrogare e interrogarci, dando un peso a quanto ci accade e del perché.

 

Candide - Scena 05 - Cunegonde-Europa

 

Il Candide messo in scena al Teatro Argentina da Arcuri, sembra dirci che la vita va presa con disincanto, giocando su registri meta-drammatici, surreali in cui sembra tutto sopra le righe, ma con la massima consapevolezza di portarci ad una meta-visione. La regia di Arcuri al quale va dato il merito di aver impegnato il massimo delle energie nel dare vita ad un allestimento in grado di affrontare ogni rischio e pericolo, finalizzato anche al gradimento del pubblico di abbonati del Teatro Nazionale di Roma – Argentina e (di cui fa parte anche l’India), sapendo di sfidare consuetudini radicate e abituate a ben altre visioni più rassicuranti. Non si sottrae a questa sfida per primo il direttore Antonio Calbi, il quale ha affidato proprio ad Arcuri un incarico di tale genere. Non stiamo parlando di rassegne e festival di teatro contemporaneo, abituati da tempo a fare programmazioni di teatro sperimentale, contemporaneo (ma i termini oramai sono divenuti obsoleti e stereotipati, a nostro avviso). L’impegno a partire dalla generosità degli attori a cui viene richiesta una prova difficile e impegnativa per i continui salti temporali, la recitazione spasmodica anche se in alcuni casi diventa eccessiva e sopra le righe, non ultima la fatica anche fisica, dove il rutilante disegno registico richiede una presenza scenica continua .

Candide è un susseguirsi di quadri e azioni che vengono scanditi l’uno dopo l’altro, e forse il suo limite è non possedere una maggiore omogeneità complessiva nel raccontare le vicende collocate temporalmente: si passa al Settecento ai giorni d’oggi; per poi regredire e tornare al passato e subito dopo proiettarsi nuovamente nel futuro. Dissacrante se si pensi come la Storia non insegni nulla e le critiche dell’epoca di Voltaire possono far presa anche oggi – con tutta l’attualità e la contemporaneità in cui noi esseri umani ci prodighiamo, nel tentativo spesso riuscito di  viverla nel peggiore dei modi. Lo spettacolo denota sia uno stile marcatamente goliardico, irrivente, a tratti sfrenato, quanto in alcuni passaggi  introspettivo. Può non piacere ma fa parte del gioco stesso del teatro, e chi conosce l’evoluzione artistica di Arcuri, sa comprendere a fondo tali dinamiche. Gli attori partecipano con grande adesione e si percepisce come sia stato affiata la Compagnia nell’aderire fin dall’inizio. Una fiducia che crea la volontà di credere in un progetto, indipendentemente dal risultato ottenuto. Un valore aggiunto da non trascurare di questi tempi. Francesca Mazza, Lucia Mascino, Filippo Nigro, Luciano Virgilio,  e gli altri protagonisti, danno la misura di come questo Candide sia stato sentito come un’esperienza artistica tale da volerla far propria. Il giudizio critico deve tenerne conto, pur mantenendo la giusta equidistanza, con il compito, per nulla facile  di analizzare un lavoro complesso come questo Candide o l’ottimismo disatteso in un’Europa in macerie. 

(Roberto Rinaldi)

Candide
di Mark Ravenhill
regia Fabrizio Arcuri
traduzione Pieraldo Girotto

con (in ordine di apparizione) Filippo Nigro, Lucia Mascino, Francesca Mazza, Matteo Angius, Francesco Villano, Federica Zacchia, Domenico Florio, Lorenzo Frediani, Giuseppe Scoditti, Francesca Zerilli
e la partecipazione straordinaria di Luciano Virgilio
musiche composte, arrangiate ed eseguite dal vivo da H.e.r.
scene Andrea Simonetti
costumi Fabrizio Arcuri
video Luca Brinchi, Daniele Spanò
live visual Lorenzo Letizia
assistente alla regia Francesca Zerilli
assistente ai costumi Valeria Bernini
Una produzione Teatro di Roma in collaborazione con Centro Teatrale Santacristina

 

Visto al Teatro Argentina nel mese di febbraio e marzo  2016

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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