TRIESTE – Un festival con più di 100 artisti provenienti da molte nazioni diverse a cui è stata offerta la possibilità di scambiare le proprie esperienze e conoscersi. Questo accadeva a Trieste nel mese di maggio scorso dove è svolto il TACT – Festival di teatro internazionale – fondato dal Centro universitario teatrale (CUT attivo da ben trent’anni) meritevole di essere conosciuto per la sua originale proposta: quella di presentare gli spettacoli anche alle altre Compagnie e le differenti tecniche teatrali, condividere la vita quotidiana in residenza e, infine, partecipare ai laboratori diretti dai diversi registi. Occasione per confrontarsi e raccontarsi le proprie storie personali diventa una funzione in grado di aggregare identità, culture, lingue diverse ma anche di presentare la propria visione poetica e artistica . Un’esperienza collettiva e solidale. Lo scopo che si prefigge il CUT (operativo a Trieste dal 1987) è, appunto quello di promuovere la “cultura teatrale sul territorio, a partire dalla sensibilizzazione dei più giovani, organizzando corsi teatrali annuali, laboratori con artisti italiani e internazionali, conferenze, spettacoli”.
Impegno finalizzato alla “creazione di uno ‘spazio’ per vivere il teatro attraverso la sperimentazione dei suoi linguaggi, in una visione contemporanea aperta anche alla discussione e al confronto, e quindi ad un’aggregazione profonda e non banale”. Il valore aggiunto di tutta la manifestazione artistica sta nell’avvicinare i giovani ad un’esperienza in cui non esistono differenze, categorie, barriere di ogni sorta. Il teatro diventa in questo modo comunità d’intenti e indirizza i suoi sforzi verso un’inclusione sociale, altrimenti di difficile realizzazione, se consideriamo il nostro presente storico, attraversato da conflitti e inquietudini sociali seguite da reazioni spesso scomposte. Un festival come questo può contribuire a far conoscere culture distanti e diverse tra loro, seguendo quella tradizione che vede in Trieste da sempre un luogo di incontro e di convivenza tra popolazioni e lingue diverse.
Giovani organizzatori mossi da un ideale che trova corrispondenza in chi sostiene da sempre una visione artistica (in questo anche teatrale) aperta verso tutti: «Un teatro come veicolo di trasmissione di conoscenze ed elementi educativi tra i partecipanti del festival e per la società, soprattutto per i più giovani – spiega Marco Palazzoni del direttivo TACT – il teatro insegna valori fondamentali come la condivisione, la collaborazione e il lavoro di gruppo in uno spirito di rispetto reciproco e di ascolto. Il nostro tentativo è quello di dare un’immagine nuova della città: giovane, creativa, dinamica e multiculturale e il TACT festival è il nostro grimaldello».
I numeri parlano chiaro di quanto sia stato impegnativo organizzare questo Festival: una parata inaugurale con la partecipazione di artisti delle più svariate discipline: giocolieri, clown, trampolieri, musicisti percussionisti, sputafuoco, danzatori riuniti insieme in un festoso e allegro “Art Pride”. Una “Maratona teatrale” dedicata agli spettacoli dei corsi annuali del CUT (con l’organizzazione del Teatro degli Sterpi) con la rappresentazione finale dei vincitori “Uniteatro”, il concorso regionale under 25, decine di spettacoli in programma, reading di poesie, recital, concerti live, e perfino tour enogastronomici per permettere la visita delle cantine vinicole del Friuli Venezia Giulia dove si sono svolte letture teatrali “inebrianti”. Teatro e territorio, cultura e arte.
Nell’edizione 2017 sono stati invitati gruppi teatrali provenienti dalla Serbia, India, Germania, Israele, Inghilterra, Paesi Bassi, Russia, Brasile, oltre a Compagnie italiane, con una sola assenza nonostante l’invito: L’Egitto. Comprensibile la delusione per gli organizzatori che spiegano come: «Il TACT sia lo specchio della situazione socio-politica mondiale. Nonostante l’obiettivo di eliminare i confini geografici e non, abbiamo subito una situazione che ci è stata imposta dall’alto e alla quale non abbiamo potuto trovare una soluzione favorevole a tutti. Al gruppo egiziano “East – voice and faces group” è stato negato il visto d’entrata in Italia. Oltre a creare disagi a livello organizzativo ci ha privati di un’occasione di scambio fortemente voluta, e questo ha dimostrato che la cultura non è ancora così forte da abbattere le barriere. Il teatro non è uno strumento sufficiente a sbloccare certi meccanismi intrinsechi agli Stati.»
Il TACT Festival è composto da un direttivo che ha tra i suoi compiti anche quello di svolgere la funzione di direzione artistica, ed è composto da Marco Palazzoni, Elena, Delithanassis, Ilaria Santostefano, Giuseppe Matellon, Kevin Bianco, Marta Pari, Giacomo Cattarini, Tommaso Zanella, «È nato con l’idea di ridare ai giovani la possibilità di inserirsi con le proprie qualità ed energie nella società in cui vivono e giocare un ruolo da protagonisti nello sviluppo della società futura. L’importanza e la responsabilità di scommettere su loro stessi per creare prodotti competitivi e duraturi nel tempo – spiegano i responsabili – e il Festival è un’occasione per le nuove generazioni di creare eccellenza nel paese e nella città dove vivono, questione non affatto scontata in Italia e a maggior ragione a Trieste (14esima provincia per anzianità nel mondo con il 28,4%). Si basa sul concetto di scambio nel favorire una formazione reciproca».
Alla base di questo festival c’era l’intento nel favorire la possibilità di ampliare la visione ma anche la compartecipazione del pubblico che se interessato aveva accesso ai workshop e ai “Tact&Catch-up”: gli incontri in cui erano presenti gli artisti visti in scena la sera precedente. Un festival che ha una visione globale come questo ha saputo dare spazio anche ad una rassegna di teatro per bambini dedicando loro “Tact4Young” (gli spettacoli erano gratuiti) e comprendevano anche attività interattive e laboratori per la conoscenza scientifica. Da segnalare anche l’impegno sociale grazie ai progetti “Tact&Anfass/Tact&Senes” (in collaborazione con la Cooperativa Sociale Trieste-Integrazione) dove la formula dello scambio include il valore sociale e intergenerazionale, pensato per le persone disabili sia giovani che anziane con una doppia finalità: quella di favorire attraverso l’esperienza teatrale la possibilità di uscire dalle strutture e di sperimentare un’integrazione maggiore nel territorio. Il risultato ottenuto è quello di favorire l’inclusione mirata per avvicinare le persone più anziane al teatro – come ci è stato spiegato da Ilaria Santostefano del TACT: «L’iniziativa è costituita da letture teatrali con accompagnamenti musicali, durante tutta la settimana del festival, tenute da attori e musicisti professionisti presso residenze polifunzionali per anziani al fine di intrattenere e far conoscere il teatro a chi si trova impossibilitato ad uscire dai propri luoghi abitativi».
Obiettivi che si possono concretizzare se c’è una coesione tra istituzioni dove il teatro si fa carico di costruire sempre più una comunità d’intenti e non solo: Trieste città cosmopolita per eccellenza già nel 1910 si distingueva per la presenza di una popolazione di almeno dieci lingue diverse. Il programma di questo festival ha una forte connotazione data dall’incontro di differenti culture e lingue che ha reso possibile la creazione di un “multilinguismo – multiculturalismo” per via che gli spettacoli andavano in scena nella lingua originale della Compagnia (con sovratitoli in lingua inglese e italiana). «In questo modo è stata offerta la possibilità allo spettatore di cogliere la ricchezza della diversità linguistica – spiega Marco Palazzoni – e ampliare il proprio orizzonte di conoscenze. Le culture dei diversi paesi si mescolano tra di loro creando un unico villaggio internazionale che della diversità fa la sua forza». La collaborazione con il direttore del CREARC di Grenoble Fernand Garnier, ha permesso al TACT di far parte dello Young European Theatre Network entrando a far parte della rete dei maggiori festival internazionali del mondo, oltre alle collaborazioni con le associazioni Théatre Universitaire Royal de Liège (Belgio) e la IUTA International University Theatre Association.
Nel programma del festival figurava anche la Compagnia Studiya.Project di Mosca con The Storm per la regia di Nikita Betekthin: storia di affetti complicati in cui si narra di una donna sposata quanto infelice per il suo matrimonio a causa di un legame distonico tra marito e sua madre, sulla quale riversa tutto il suo amore trascurando quello coniugale. Lei conosce un altro uomo e se ne innamora ma un sentimento tale genera tradimento e l’infedeltà è un peccato troppo grave per auto assolversi. Non resta che togliersi la vita. Il suicidio dopo aver confessato alla famiglia. Regia snella, dinamica, capace di prendere possesso dello spazio scenico del Teatro Stabile Sloveno che dispone di un palco di vaste dimensioni. Gli attori scattanti creano le azioni drammaturgiche con una successione degli eventi mantenendo con efficacia la tensione. Una compagnia composta da giovani attori e registi laureati alla University of Television and Broadcasting di Mosca, all’Università russa di arti teatrali e alla Scuola d’Arte Drammatica Boris Schukin.
Giovani artisti diretti con mano sicura seguendo la tradizione del teatro russo e dei suoi autori e al contempo dimostrando una visione lucida della realtà contemporanea in cui le dinamiche esistenziali mostrano tutte le contraddizioni della società. Quella che ci appartiene e rende tutto così fragile e instabile. Un teatro che sa esprimere una sua solida interpretazione della drammaturgia e la sobrietà della messa in scena (fatta di pochi elementi scenici) esalta ancor più la funzione dell’attore.
Dal Brasile è arrivata la Sarcástica Companhia per presentare “Um artista da fome (Kafka’s Hunger Artist)” ispirato al racconto “Un digiunatore – “Ein Hungerkünstler” che tradotto si legge “Un artista della fame“) scritto da Franz Kafka. Il protagonista è un uomo votato al digiuno come scelta artistica estrema e la sua condizione sociale è quella di essere emarginato in cui l’autore affronta le tematiche poetiche a lui care che parlano di morte e isolamento, di arte e ascetismo, fino a toccare la povertà spirituale e la condizione fallimentare e inutile dell’essere umano come conseguenza del degrado morale in cui riversano i rapporti umani.
La regia di Daniel Martins affronta la vicenda dell’artista che in scena digiuna ma questa sua scelta estrema viene ostacolato dal pubblico, che dopo 40 giorni perde interesse per lo spettacolo intitolato “Hunger Artist” e la conseguenza che ne deriva è una disamina impietosa di come la vita degli esseri umani subisca un declino sempre più inarrestabile: il consumismo avido, la superficialità dell’effimero. L’egoismo avido e cinico deriva inarrestabile della società che si basa sull’edonismo dei rapporti. L’esito dello spettacolo è frutto di una attenta analisi mutuati sulla scena con una vivace recitazione giocata bene anche mediante l’utilizzo di metafore e ben supportata da una recitazione efficace corale frutto di un metodo originale di lavoro impartito dal regista che ha curato anche un workshop finalizzato alla conoscenza attraverso giochi ed esercizi pedagogici. Lavoro molto particolare che dava la possibilità di studiare i principi di disequilibrio e sperimentazione delle qualità del movimento. La Compagnia brasiliana si dedica anche ad una revisione drammaturgica dei testi classici appartenenti alla letteratura per l’infanzia e l’adolescenza con il fine di fornire una lettura pedagogica.
TACT è una delle realtà artistiche che meglio rappresentano la necessità di ritrovare lo spirito del vero senso di fare teatro: favorire l’incontro di culture diverse per condividere linguaggi comuni ma anche diversi perché non esiste un teatro che divide ma solo finalizzato ad unire. Obiettivo auspicabile che questo festival sappia sempre più trovare un’apertura verso la città capace di sentire proprio una manifestazione di tale portata. Trieste detiene un patrimonio che va assolutamente valorizzato e sempre più allargato anche ad un pubblico trasversale.
La serietà dimostrata nel diffondere una cultura della visione e della partecipazione è segno inconfondibile di come si possa ancora salvaguardare una forma d’arte inalienabile com’è il teatro se pensato come è dichiarato nelle intenzioni scritte e pubblicate sul programma: «Vogliamo ritrovare il senso del teatro, fare incontrare persone di diverse età, e provenienze, far si che si parlino e si ascoltino. Vogliamo raccontare storie, parole, musiche e silenzi carichi di significato per scacciarne di futili, altisonanti e assordanti. Vogliamo ribadire che non esiste un Teatro più giusto o più degno di altri, esiste un Teatro che ha qualcosa da dire e che trova diversi modi di esprimersi. Solo credendoci fortemente»
Tact Festival Trieste internazionale visto il 26 e 27 maggio 2017