MILANO – Quando a teatro riscopri il piacere di assistere ad uno spettacolo che diverte – e allo stesso tempo – ti costringe ad interrogarti sul senso della precarietà esistenziale a cui tutti siamo destinati, senti di aver condiviso un’esperienza artistica solida e matura per il suo impegno professionale e creativo. Tradurre sulla scena le inquietudini di una condizione umana, posta in essere come inutile per la società basata sul profitto, è alquanto difficile e a rischio di collisione con i linguaggi retorici dettati spesso da prese di posizione ideologiche. Questo non accade in “Esilio” per merito di Mariano Dammaco autore e regista e per la presenza in scena di Serena Balivo, attrice in grado di interpretare il ruolo di un uomo, a cui è stata privata la dignità, scartato come un peso di cui disfarsi. Licenziato perché non più utile in un sistema produttivo cinico e spietato. Emarginato come potrebbe esserlo uno qualunque e destinato a soccombere la cui vita perde di minuto in minuto valore e senso. La desolazione incombe sempre più nell’accorgersi di quanto insignificante sia la sua condizione deprivata, in balia di sentimenti che scorrono via l’uno dopo l’altro come nuvole nere minacciose. “Esilio” appartiene alla “Trilogia della fine del mondo” e ha tutte le caratteristiche per essere definito un lavoro ben strutturato dove emergono i meccanismi di una costruzione drammaturgica sapiente in grado di dialogare tra palcoscenico e platea, offrendo una gamma di registri tra il surreale e l’ironico in cui l’umorismo non è che il rovescio della medaglia di una cinica disamina di un mondo che sta implodendo. La deriva di una vita che non riesce a stare a galla trascinata di peso sul fondo da un’indifferenza che non conosce nessun sentimento di comprensione e compassione. Un uomo anonimo divenuto invisibile agli occhi di chi non sa più tendere la mano verso i più deboli. La figura minuta di un uomo sommesso ma non disposto a cedere lo rende con una tale bravura Serena Balivo, un’aderenza tale al ruolo da trasformarsi in un personaggio sempre più caricaturale, infagottato in un cappotto che lo priva delle sue sembianze fisiche fino a farlo diventare un manichino. L’evolversi della narrazione (quando il teatro sa raccontare una storia il risultato si vede) dimostra un uso raffinato nella scelta di intercalare momenti di soave leggerezza ad altri più pregnanti di contenuto. Non scade mai nel comico fine a se stesso quanto, invece, dimostra come si possa far divertire il pubblico senza rinunciare a far riflettere, perché è questo il compito e la responsabilità del drammaturgo/regista e interprete del contemporaneo. “Esilio” è una denuncia sobria ma diretta nel far emergere come sia difficile sopravvivere per chi non è più in grado di avere peso e potere nel vivere d’oggi; dove con uno scatto d’orgoglio, l’anonimo uomo non si rassegna e cerca ogni alternativa per riscattare la sua esistenza. Cerca rifugio nella fede buddista, nella pratica ginnica, nel sapere della teoria della fisica quantistica. Ogni pretesto è buono per dire : io sono vivo e ve lo dimostro e non mi faccio annientare per nulla al mondo. Un moto d’animo coraggioso sempre sospinto da una recitazione misurata e calibrata e l’uso efficace di ogni registro a disposizione. La voce che gorgoglia nel sussurrare incespicato di un linguaggio a tratti bofonchiante, sussurrato e la mimica gestuale corporea simile ad una marionetta, crea momenti di poesia in cui Mariano Dammaco entra in scena come un’apparizione onirica, un narratore che introduce e riassume i passaggi chiave della “favola”: la voce dell’inconscio, dove il lieto fine è scritto dentro ognuno di noi e lo conserva fino ad uscire sentendosi rinfrancato.
ESILIO
Ideazione, drammaturgia e regia: Mariano Dammacco.
Collaborazione: Serena Balivo.
Luci: Marco Oliani.
Locandina grafica: Stella Monesi.
Interpreti: Serena Balivo e Mariano Dammacco.
Produzione: Piccola Compagnia Dammacco.
ufficio stampa Raffaella Ilari
con il sostegno di Campsirago Residenza
con la collaborazione di L’arboreto Teatro Dimora di Mondaino
e di Associazione CREA/Teatro Temple, Associazione L’Attoscur
Visto a Campo Teatrale di Milano il 4 novembre 2016