Recensioni — 14/01/2024 at 09:47

Il miracolo della carne: Ferdinando di Annibale Ruccello

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RUMOR(S)CENA – GENOVA – Sono assai pochi i drammaturghi, e anche gli artisti e i letterati, che come Annibale Ruccello, purtroppo molto prematuramente scomparso, hanno saputo toccare i nervi scoperti del nostro disagio, che non è il semplice e anche superficiale disagio sociale, ma è quel vero e proprio dolore esistenziale e anche metafisico che scaturisce come scintille dalla frizione tra la nostra essenziale e umana irriducibilità, quale si nasconde nelle pieghe sentimentali dell’anima, e le forme in cui questa nostra essenza irrompe, o meglio in cui viene fatta irrompere, quando viene alla luce della Storia Collettiva e delle storie soggettive.

Ne è per così dire evidenza Ferdinando, la drammaturgia ambientata al tramonto dei Borboni, proprio per la sua inattualità che ancor più sottolinea l’universalità dell’approccio estetico di Ruccello, che si manifesta qui insieme all’utilizzo insieme straniante e empaticamente coinvolgente della lingua napoletana, mentre si mescola con l’italiano, portandola, come nel battito della fucina di un fabbro ferraio, al calor bianco della sua espressività.

FERDINANDO Arturo Cirillo_crediti foto Tommaso Le Pera

È questa ‘inattualità’ dai mascherati intenti dionisiaco/nicciani e in cui il teatro in costume trova la sua più appropriata e anche intuitivamente presente funzione contemporanea, che costruisce una dimensione temporale sospesa in cui possono precipitare le suggestioni dell’oggi insieme a quelle del passato ma anche del futuro, nascoste come il vuoto che la sintassi grottesca, ma non esente come ogni tragico del suo ‘segno’ comico, e barocca che intride l’estetica di Ruccello costruisce dentro di sé.

Inattuale e barocco sono gli strumenti consueti di un drammaturgo che spesso invera sulla scena ‘un’ anzi ‘il’ doppio, sia questo una proiettiva dimensione schizofrenica come in Anna Cappelli ovvero la compresenza di due identità nello stesso corpo/soggetto come ne Le cinque Rose di Jennifer, quel doppio che entra in attrito e produce dolore, ma anche calore e luce (i sentimenti in fondo) che proprio attraverso quel dolore si manifestano, al pari di un tragico ma in fondo ancora fiducioso melodramma fassbinderiano.

FERDINANDO Arturo Cirillo_Anna Rita Vitolo crediti foto Tommaso Le Pera

Al centro della sua scrittura della vita, del resto, sta la ‘carne’, il corpo nella sua immanenza che è veicolo e desiderio di trascendenza, la carne che soffre insieme all’anima il dolore del suo esserci, ma che quasi vorrebbe e sembrerebbe, quel dolore dell’anima, riscattarlo, soffrendolo al suo posto in una sorta di transustantazione e ascesi mistica come quella di Santa Teresa d’Avila che talvolta, in questo lavoro in particolare, traspare nelle voci e nei tratti dei suoi personaggi femminili.

crediti di Tommaso Le Pera

Ferdinando è un dramma giocato anche suoi nomi e su una nominalistica e come detto linguistica transizione tra Borboni e Sabaudi, tra due epoche, diverse ma eguali e che non cambiano, incarnando questa transizione che, come spesso accade ha al suo centro il denaro più che il potere, in una baronessa napoletana e in sua cugina, nonché nel sacerdote di famiglia che ricorda in parte l’analogo del Gattopardo, alle prese con un giovane ‘corpo’ che ne sconvolge vita e pensieri trascinandole al centro della loro tragica e rabbiosa inadeguatezza e dunque al centro del loro inestinguibile dolore.

La messa in scena del bravo Arturo Cirillo, che ama e sa praticare “il teatro in costume” e ha naturale empatia artistica con il conterraneo drammaturgo, è eccellente e rara, capace di creare nella sua dimensione scenografica di contestualità spaziale, in cui trovano posto controscene in compresenza di grande valore significativo, e di prossemica dei personaggi, quel sapore inattuale e insieme profondamente contemporaneo che il testo nasconde e genera in sé.

FERDINANDO_Sabrina Scuccimarra_Anna Rita Vitolo_Riccardo Ciccarelli crediti Tommaso Le Pera

La sua consueta mano registica sa poi valorizzare la recitazione, non solo la sua, che mai ‘approfitta’, potendolo per mezzi recitativi e posizione, nel ruolo di Don Catellino del suo essere il  ‘capocomico’, ma soprattutto quella degli attori della sua compagnia, tutti bravi a partire dal Ferdinando di Riccardo Ciccarelli, e che è felicemente evidente nella baronessa Clotilde di una Sabrina Scuccimarra in stato di grazia e nella di lei cugina Gesualda di una Anna Rita Vitolo, sempre più che all’altezza.

Uno spettacolo che è una miscela quasi perfetta tra un testo splendidamente scritto, una regia consapevole e accurata ed una recitazione di grandissima qualità, in uno scenario che, tra scenografia, musica e costumi, quasi sembra scaturire come vapore dalla quella stessa combinazione.

Al teatro Eleonora Duse di Genova, ospite del Teatro Nazionale di Genova, dall’11 al 14 gennaio. Un successo segnato da, ormai piuttosto rari nel teatro di prosa italiano, ripetuti applausi, chiamate a scena aperta e da lunghe ovazioni finali.

Ferdinando di Annibale Ruccello, regia Arturo Cirillo, con Arturo Cirillo, Sabrina Scuccimarra, Anna Rita Vitolo, Riccardo Ciccarelli, scene Dario Gessati, costumi Gianluca Falaschi, musiche Francesco De Melis, regista collaboratore Roberto Capasso, produzione Marche Teatro, Teatro Metastasio di Prato, Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini

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