BOLZANO – Il teologo rivoluzionario e il procuratore capo del Tribunale di Bolzano, moderati dall’ex direttore generale del Comune di Bolzano, Renzo Caramaschi, sono stati invitati presso la Libera Università di Bolzano dal Centro della Pace per il ciclo di incontri “Quale bellezza salverà il mondo?”.
La frase scritta da Dostoevskij ha avuto un’ampia fortuna critica tra filosofia e psicanalisi, ma il concetto espresso in forma affermativa dallo scrittore russo e declinato in senso interrogativo nelle conferenze bolzanine ha radici antiche. Fin dai tempi di Omero καλοσ (il bello) è declinato indissolubilmente con αγαθος (il buono); καλοκαγαθια, è la crasi che unifica etica ed estetica nell’armonioso sviluppo dell’essere umano, eroico e semidivino. Bellezza e valore morale diventano unità, perché il bello deve essere necessariamente buono e viceversa, specularmente, in un concetto secondo il quale l’anima non può fermarsi alla bellezza percepita dai sensi, ma la trascende cercando l’idea della bellezza in sé, assoluta ed emanazione del Bene, concetto non lontano dall’assoluto morale kantiano.
Una partita di altissimo livello che sia Caramaschi sia il procuratore Guido Rispoli, entrambi tennisti appassionati, hanno dichiarato di affrontare con umiltà reverente verso un pensatore del livello di Vito Mancuso. La pacatezza sorridente del teologo, siciliano di origine e lombardo di nascita, ha qualcosa di britannico per lo humor tagliente e l’acutezza delle stilettate, mai proditorie, vibrate sempre a viso aperto verso i dogmi di quel cattolicesimo “romano” così lontano dalla vita concreta dei nostri tempi. Mancuso ha sviluppato il tema del “Dio nascosto”, dell’esperienza della bellezza come desiderio di armonia generatrice di esperienza etica, e dunque base del diritto e della legge come dimensione concreta, sviluppando con semplicità e nitore la complessa road map di citazioni sulla conoscenza di Dio e la spiritualità, dal Nuovo Testamento a Sant’Agostino, da Edith Stein al Cardinal Martini a Raimon Panikkar. Conoscenza e rivelazione, ma anche solitudine, capacità di andare oltre se stessi, di riflettere liberandosi anche dai dogmi che imprigionano le coscienze. Al centro dunque l’uomo, che al di là dell’essenza biologica attraverso l’esperienza rivelatrice della trascendenza raggiunge la dimensione estetica e la vita etica. Citando Simone Weil, simbolo di assoluta coerenza esistenziale, “Siamo qui su questa terra solo per una cosa: per fare esperienza di bellezza” sgombra il campo dal possibile equivoco con l’estetismo, estendendo a tutti, credenti e non, la possibilità di partecipare alla realtà ontologica sottesa di Dio come sostanza reale, come esperienza comune a tutti e base di ogni esperienza religiosa e spirituale.
Nell’uomo di legge Rispoli la visione diviene cosmica, attraversa le fasi della creazione in un continuum verso una maggiore complessità e organizzazione del creato in tutte le sue forme, dal “Big bang” all’evoluzione dell’uomo. Un uomo che in sé, sia pur con tutte le sue storture, contiene il germe del bene come testimonianza della sua origine divina. Se la Legge è il sistema di regole che le comunità umane si danno non solo per dominare gli intimi egoismi, ma per rispondere a un anelito interiore comune, alla tensione verso il bello, il buono, il giusto, il cerchio si chiude, aggiungendo il valore immenso della libertà. Libertà che ha un caro prezzo: l’altra faccia della medaglia, il male, male che però non è assoluto.
La cultura della legalità ha conosciuto figure altissime, da Socrate, che affronta senza fuggire l’ingiusto esito di una morte stabilita da una legge ingiusta, all’avvocato Ambrosoli, che nella splendida lettera intrisa di presagi e di consapevolezza, scritta alla moglie quattro anni prima del suo assassinio, antepone alla sua stessa vita il senso del dovere “costi quel che costi”. In questo disinteressato sacrificio di sé, nel perseguire il bene e la giustizia, non sta forse quel soffio vitale che abitandoci ci rende partecipi dell’eternità e del divino? Da “Homo homini lupus” a “Homo homini deus”, dunque, nella pienezza di una vita autentica. E di fronte a un’ipotetica scelta tra giustizia umana e divina, l’uomo di legge Rispoli con ironia sceglie quella divina “per le troppe eccezioni preliminari”, mentre per l’uomo di teologia Mancuso la scelta non sarebbe necessaria, perché “se veramente esercitata la giustizia è una sola”: un match point liftato di grande profondità.
Vito Mancuso /Guido Rispoli
Legge, libertà, bellezza. La cultura della legalità e il Dio nascosto
LUB Bolzano 7 maggio 2014