Sul retro della pubblicazione di Forse tornerai dall’estero (atto unico in 23 scene) testo per il teatro scritto da Andrea Montali, si legge: “Commedia ambientata a Bolzano, principalmente in un bar di periferia”. L’autore precisa che la sua storia è ambientata in Italia e “nello specifico a Bolzano”. Un testo scelto per essere rappresentata a teatro, voluto fermamente da Marco Bernardi, il direttore artistico e regista del Teatro Stabile di Bolzano. La città dove abita e lavora Andrea Montali di professione assistente d’infanzia ma anche giornalista pubblicista e scrittore e autore della raccolta di racconti “Anime sole in autobus sovraffollati “, oltre che del romanzo breve “Ho letto il tuo diario”. Alla sua prima esperienza con la scrittura teatrale che ha visto una lunga gestazione nell’affrontare la stesura drammaturgica; cosa ben diversa da quella dedicata alla letteratura. Scrivere per il teatro è una sfida ardua e complessa e necessita di capacità analitiche e di sintesi in grado di esprimere situazioni, dialoghi, una volta sulla scena.
Il direttore Bernardi nel corso della sua lunga carriera allo Stabile, ha permesso e incentivato una drammaturgia del territorio attraversato da mille contraddizioni. Grazie al suo impegno il pubblico (basti pensare ad Avevo un pallone rosso di Angela Demattè), ha conosciuto la storia .locale e l’evoluzione di società terra di confine, com’è quella dell’Alto Adige. Anche Forse tornerai dall’estero ha l’ambizione di descrivere uno spaccato sociologico collocato all’interno di un bar di periferia, dove interagiscono dei giovani uomini, tra i quali un mantenuto, due studentesse che studiano all’estero, un avvocato, il barista gestore del locale, uno spacciatore di sostanze tossicodipendenze, un’educatrice, un ragazzo che lavora nel bar. Un anziano che bivacca giorno e notte dentro il bar e alcolizzato. Persone che si possono incontrare in qualunque bar. Le dinamiche che interagiscono tra i vari personaggi portano a raccontare storie di sofferenza e di solitudine, di emarginazione sociale e di dipendenza da droghe, da fallimenti esistenziali e amori nati e finiti.
La genesi drammaturgica del testo si rifà all’esperienza di osservatore privilegiato qual’è Montali, intende cogliere situazioni nate nei locali della sua città. L’impressione che si coglie risulta però meno incisiva di quanto ci aspettasse. Si parla di Bolzano e lo si percepisce da alcuni nomi di luoghi citati e da dettagli presenti nei dialoghi ma questo non basta a caratterizzare (era nella volontà dell’autore?) una vicenda capace di far emergere aspetti peculiari del posto. Il testo originale di Montali ha subito profonde revisioni a partire dalle prove di lettura e successivamente nelle prime fasi di montaggio dello spettacolo. La riscrittura ha visto coinvolto sia l’autore che il regista e gli stessi attori. Leo Muscato firma la regia e lo fa ricreando con abile maestria una serie di quadri scenici, dove l’intento è quello di dinamizzare il più possibile la trama stessa e i dialoghi tra i personaggi. Si comprende bene lo sforzo compiuto. L’adesione al testo non è stata immediata e ci si chiede allora cosa non abbia funzionato nell’affrontare la drammaturgia originale. Dall’esterno per chi è stato spettatore si ha la sensazione che le tematiche affrontate potrebbero essere ricollocate in qualunque altro contesto sociale e urbano.
Questa riflessione non è però un demerito e può essere vista anche come un valore aggiunto ma si è costretti a tornare al principio dell’analisi critica. Emerge un ritratto specifico dell’ambiente e dei suoi abitanti? La domanda non trova una sua risposta esaustiva. L’altra osservazione si riferisce alla caratterizzazione dei ruoli dove ognuno deve contribuire a far emergere le problematiche esistenziali individuali. Questo avviene solo in parte. Muscato fa sua la storia e si avvale di una scenografia iperrealista per quanto riguarda la zona del bar e crea nella zona in alto un luogo astratto, esterno, “fuori scena” dove agiscono alcuni dei protagonisti. Visivamente lo spettacolo è forte in alcuni passaggi e la prova offerta di Andrea Castelli è superba nel dare vita ad un uomo abbruttito dall’alcool, quanto capace di guardarsi intorno e capire come l’umanità che lo circonda è ancor più disperata di lui. Il suo personaggio descritto da Montali e creato sulla scena da Muscato risulta il più efficace di tutti. Insieme a lui si distinguono Giulio Baraldi (il barista) e Alberto Onofrietti (lo spacciatore) capaci di dare risalto alle caratteristiche descritte nel testo e per man registica. Quello che si fa fatica a trovare l’evoluzione dei personaggi in relazione alla narrazione dei fatti accaduti. Le note dell’autore dichiarano come l’intera vicenda è ambientata in sole cinque giornate. I sentimenti scambievoli tra i sei protagonisti parlano di illusioni perdute nel vivere senza ideali.
C’è del buonismo e del cinismo equamente distribuito senza mai però andare a fondo dei caratteri individuali se non per ritrarre il ragazzo spacciatore che si presenta sempre in ritardo al lavoro, il giornalista frustrato che vorrebbe diventare una firma che conta sul giornale, il barista mosso dalla generosità pur di salvare il suo dipendente da ritorsioni pericolose per i debiti accumulati. Dialoghi molto semplici, prolissi spesso per la durata. La recitazione di Giulio Baraldi, Gaia Insenga, Silvia Giulia Mendola, Fabrizio Martorelli, Alberto Onofrietti richiede spesso delle forzature eccessive per dare più vigore e credibilità ai rispettivi ruoli con il rischio di caricaturare il proprio personaggio.
Visto al Teatro Studio Teatro Comunale (stagione del Teatro Stabile di Bolzano)