ROMA – “Io non so cosa ha deciso il mio cuore selvaggio, lui non osa ancora confessarlo a se stesso”. Dopo il debutto lo scorso maggio nel teatro greco di Siracusa all’interno della stagione teatrale della Fondazione Inda, Medea di Seneca torna a casa, nell’arena romana del Colosseo.
Partiamo dall’inizio e scomodiamo un po’ la storia. La Medea di Seneca (scrittore, politico e soprattutto filosofo), è molto più violenta di quella degli autori che lo hanno preceduto, Euripide e poi Ovidio. Euripide, infatti, stempera la tragedia nel finale, nascondendo nel racconto l’ultima violenza di Medea. Seneca, invece, si spinge oltre. Per lui stoico qual’è, è importante far vedere a cosa può portare la passione, per cui il sangue derivante dall’aver ucciso i figli per mano della madre sgorga direttamente sulla scena.
Nel testo di Seneca Medea è una semidea, dotata di poteri magici, con un profilo molto simile a quello della maga Circe. Nella rappresentazione teatrale di Paolo Magelli, che si è basato sulla traduzione di Giusto Picone, la direzione è un’altra. Magelli parte infatti dal classico, da Seneca, per virare poi verso lo spirito europeo delle varie Medee più contemporanee, prima fra tutte quella di Heiner Müller. Per questo motivo nello spettacolo Medea, interpretata da Valentina Banci attrice della Compagnia del Metastasio di Prato, non né una maga, né una divinità, ma una donna comune.
Nella volontà di Magelli, Medea non è apparentemente un’innocente. Ha compiuto una serie di delitti, tra cui l’uccisione del fratello, ed ha disonorato il padre rubandogli il vello d’oro. Tutto questo per amore di Giasone, con il quale fugge verso Corinto, lasciando alle spalle la sua famiglia e la sua terra. Il suo destino è quello di essere una donna sola contro tutti. Abbandonata da Giasone (Filippo Dini) che si innamora di Creusa, figlia del re Creonte (Daniele Griggio), Medea impazzisce e compie l’ultimo delitto efferato, l’uccisione dei suoi figli.
Mentre in Seneca la colpevolezza di Medea, che si lascia travolgere dalla passione e dal furore, è un dato di fatto, nello spettacolo di Magelli di notare un passaggio ulteriore che era mancato al classico e che sposa lo spirito politico di Müller. Medea infatti è sangue e acqua. È colpevole della colpa più grande di cui possa macchiarsi una madre, ma allo stesso tempo cerca di preservare la propria innocenza attraverso la ribellione ad un sistema politico, che le impone senza motivo un esilio a lei che è straniera in terra straniera.
In questo spettacolo, che propone una chiave di lettura moderna del testo, che si riflette anche nella scenografia e nei costumi anni Venti-Trenta, Magelli scardina la visione che Seneca ha della donna. Per lui infatti, in quanto donna non è dotata di capacità di intendere e di volere, in più è straniera ed esiliata. Per il regista è l’unico personaggio forte e che prende davvero posizione e racchiude in sé quella virtù che gli uomini mostrano di non avere: il coraggio. A Creonte, un re tirannico, risponde infatti di non accettare l’esilio, mentre nei confronti di Giasone, per il quale prova amore e odio in ugual misura, afferma di non aver paura di niente, né degli dei né della guerra dei re.
In scena al Colosseo di Roma dal 13 al 15 luglio
Medea di Seneca
traduzione di Giusto Picone
adattamento teatrale e regia di Paolo Magelli
scena e costumi di Ezio Toffolutti
musiche di Arturo Annecchino
regista assistente Luca Cortina
assistente alla regia Franca Maria De Monti
collaborazione scenica di Mark Boldin
progetto audio di Vincenzo Quadarella
progetto luci di Elvio Amaniera
con Valentina Banci, Filippo Dini, Daniele Griggio, Francesca Benedetti, Diego Flori.
coro: Elisabetta Arosio,Simonetta Cartia, Giulia Diomede,Lucia Fossi,Clara Galante, Ilaria Genatiempo, Carmelinda Gentile, Viola Graziosi,Doriana La Fauci, Enzo Curcurù, Lorenzo Falletti, Diego Florio, Sergio Mancinelli, Francesco Mirabella.
bambini: Francesco Bertrand, Gabriele Briante.