RUMOR(S)CENA – GENOVA – Sarà il paradosso del Teatro che ancora una volta finge di sorprenderci, o sarà la forza di un testo che affonda il suo essere un classico in un presente sempre turbinosamente diverso, ma anche questa nuova rappresentazione del Così è (se vi pare) di Luigi Pirandello, diretto con intelligenza da Luca De Fusco, è comunque una novità drammaturgica, un testo nuovo che vediamo per la prima volta pur avendolo già visto innumerevoli volte.
È un paradosso ed una contraddizione consueta che qui nasce anche dal drammaturgico implodere del testo, strutturalmente robusto e dunque difficilmente ‘smontabile‘ anche per la sua nota derivazione narrativa (Pirandello lo elaborò a partire dalla sua novella La Signora Frola e il Sig. Ponza suo genero), con le sue parole generazionalmente qualificate e per questo talora obsolete ma consapevolmente preservate, dentro una scena che quasi ne ripercorre il cammino storico dall’allora novecento dell’affermazione di una borghesia che entra in crisi nel momento stesso in cui prevale, al presente fluido di una baumaniana società che sembra avere profondamente elaborato ed intensivamente applicato proprio quella lezione ancora inconsapevole.
Una società che ormai non mette più in discussione l’apparenza ma al contrario suole considerarla, non distinguendone i tratti, la vera realtà, sovrapponendo cioè le opinioni ormai destrutturate di una “rete” senza controllo allo stesso ricordo di una verità anche solo parzialmente, o anche solo trascendentalmente, condivisa nel suo essere esterna e indipendente da quelle stesse opinioni di cui sarebbe scaturigine. La regia esplicita la dicotomia senza sottrarla però, e giustamente, alla sua dimensione scenica, trasformando la narrazione dei due protagonisti centrali in una specie di rappresentazione teatrale in cui diventa importante la coerenza (o quanto meno la cosiddetta verosimiglianza) più della stessa verità. È attraverso la figura di Laudisi, sorta di raisonneur alter ego in scena, che la drammaturgia recupera l’autonomia ontologica di personaggi, maschere di se stessi, grotteschi manichini dai gesti talora enfatici e gridati che, specchiandosi nei due nuovi misteriosi concittadini, nel loro essere pietra di inciampo, scandalo etimologico, si arrovellano innanzitutto intorno alla loro identità consapevole, che da quelli sembra quasi dipendere.
Laudisi racconta i rovelli degli uni e degli altri, distante e forse senza una sua opinione ma convinto, come il drammaturgo, che la vita (e la morte) si nascondano non nella risposta che mai arriva, ma nella domanda e nel processo che (nel teatro e nella vita) la guida e la comanda. Un affondo di alienazione drammaturgica, una maschera che non nasconde ma bensì disvela, che la scenografia dalle architetture a mio parere più surrealiste che kafkiane, quasi precipitata in uno sguardo di De Chirico, enfatizza insieme alle numerose frizioni che il diverso approccio recitativo dei personaggi, che sfuma dal grottesco dei personaggi spettatori al naturalismo tenue e un po’ decadente di un ottimo Eros Pagni che è un raisonneur mai sopra le sue stesse righe.
La vita dunque per Pirandello è un processo senza soluzione di continuità e senza conclusione alcuna o possibile, una vita che, se la guardi fino in fondo, sembra poter ospitare ovvero provocare solo follia, una follia le cui stimmate esistenziali lui stesso indirettamente ben conosceva. Alla fine dal fondo della platea (che come spesso in Pirandello è il fondo stesso dell’infelice animo umano) emerge l’oggetto anzi il soggetto di tanto affannarsi, la moglie/figlia velata e in gramaglie il cui mistero non sarà svelato, anche perchè il suo svelarsi non ha più, ora e allora, alcuna vera importanza.
Scriveva di questo suo lavoro, in una lettera a Virgilio Talli, il drammaturgo: <<La commedia si intitola: Così è (se vi pare), ed è fondata in modo strano e insolito sul valore della realtà. Così è (se vi pare): il che vuol dire che, se non vi pare, non è più così.>>
Nel mondo dei social media e delle fake news un insegnamento attualissimo da quella che il suo stesso autore ha acutamente definito una Parabola. Ospite del Teatro Nazionale di Genova dall’11 al 15 gennaio, sala gremita alla prima al teatro Eleonora Duse, confortante per la grande presenza di giovani che speriamo si possa ripetere anche per spettacoli meno tradizionali, con molti applausi finali.
A chiosa dello spettacolo Eros Pagni e il dramaturg del teatro Andrea Porcheddu hanno dedicato sul proscenio aperto un commosso ricordo, a 10 anni dalla morte, della grande Mariangela Melato che come noto a Genova e nei suoi teatri ha concluso la sua importante carriera di attrice. Nel foyer abiti di scena da lei indossati nelle varie rappresentazioni andate in scena durante la collaborazione iniziata nel 1993.
Così è (se vi pare) di Luigi Pirandello. Regia Luca De Fusco, con Eros Pagni, Anita Bartolucci, Giacinto Palmarini, Paolo Serra, Lara Sansone, Giovanna Mangiù, Valeria Contadino, Domenico Bravo, Roberto Burgio, Plinio Milazzo, Irene Tetto. Scene e costumi Marta Crisolini Malatesta, scelte musicali Gianni Garrera, luci Gigi Saccomandi. Produzione Teatro Stabile di Catania, Teatro Biondo Palermo, Tradizione e Turismo – Centro di Produzione Teatrale – Teatro Sannazaro, Compagnia La Pirandelliana.