Arte — 15/02/2023 at 13:43

La macchia o la poesia della pittura dal vero

di
Share

RUMOR(S)CENA – PISA – Se ci pensiamo bene l’espressione “darsi alla macchia” contiene in sé un’accezione negativa, indicativa di qualcuno che agisce illegalmente o comunque in clandestinità. I pittori macchiaioli furono in parte un po’ così, dei sovversivi dell’arte, portatori di idee nuove e progressiste che scardinavano i canoni estetici dell’Accademia – in particolare il Neoclassicismo e il Romanticismo – proponendo un nuovo modo di fare arte, comprensivo di una tecnica diversa e di soggetti fino a quel momento screditati.

Vincenzo Cabianca_L’abbandonata

La mostra d’arte “I Macchiaoli”, ospitata nelle sale di Palazzo Blu di Pisa e curata da Francesca Dini visibile dall’8 ottobre al 26 febbraio, ci racconta proprio questo aspetto del movimento grazie alle oltre centoventi opere in esposizione, provenienti da collezioni private e da istituzioni museali. La poetica d’avanguardia di questo gruppo di artisti si sposa, in quel preciso periodo storico, con gli ideali risorgimentali realizzati concretamente negli anni successivi. La fucina di queste idee rivoluzionarie è, inizialmente, il Caffè Michelangiolo in via Cavour a Firenze, luogo di ritrovo degli intellettuali e degli artisti dell’epoca, capeggiati dal livornese Diego Martelli, amico e mecenate di numerosi pittori macchiaioli ospitati nella sua tenuta di Castiglioncello.

Odoardo Borrani_Cucitrici di camicie rosse

Diego Martelli è l’anima intellettuale ed il punto di riferimento del gruppo. In un’opera del livornese Giovanni Fattori (Diego Martelli a Castiglioncello, 1867 circa), Martelli viene ritratto in una posa informale e rilassata, seduto su una sdraio mentre fuma un sigaro con accanto un leggio, sotto l’ombra degli alberi della sua tenuta ed immerso in una natura incontaminata, che è stata fonte di ispirazione per tutti i pittori macchiaioli che hanno soggiornato in questo luogo magico e che dobbiamo figurarci come anime solitarie, che si disperdevano in campagna o lungo la costa per dipingere dal vivo i paesaggi naturali e marini con essenzialità espressiva.

Telemaco Signorini_Pascoli a Castiglioncello

Nonostante il termine “macchiaiolo” fosse stato introdotto con una finalità dispregiativa, tramite una recensione ad una mostra pittorica del gruppo pubblicata nel 1862 sul quotidiano La Gazzetta del Popolo, la forza della tecnica espressiva di questo nuovo movimento consisteva proprio nella macchia, ovvero nel  restituire un soggetto attraverso campiture di colore uniformi che evitano di descrivere i dettagli e che fanno emergere i connotati essenziali con forti chiaroscuri. Per questa ragione, i macchiaioli sono stati assimilati per il loro stile all’esperienza degli impressionisti francesi, da cui però si discostano parzialmente per la combinazione di pittura all’aria aperta e di pittura all’interno dello studio. Inoltre, l’intenzione dei macchiaioli ben rappresentata dal manifesto di Telemaco Signorini (Pascoli a Castiglioncello, 1861) è prendere le distanze dai temi letterari e storici e dare dignità artistica a soggetti più aderenti alla realtà.

Abbandonati i temi storici e i quadri di figura (come ad esempio L’abbandonata di Vincenzo Cabianca, 1858), i macchiaioli dipingono la campagna toscana, scorci della costa ligure, animali da cortile o al pascolo e scene   di battaglia, perché molti di loro si arruolano volontari nelle guerre risorgimentali. In particolare Telemaco Signorini, arruolato durante la seconda guerra di indipendenza, torna in pellegrinaggio sui luoghi in cui aveva combattuto da volontario raccontando (in L’artiglieria toscana a Montechiaro salutata dai francesi feriti a Solferino, non datato) il sanguinoso scontro di Montechiaro, sullo sfondo chiaro di una chiesa e sotto un cielo azzurro, mentre Odoardo Borrani restituisce in un interno borghese l’immagine di quattro donne indaffarate a cucire le camicie rosse, che insieme al bianco della tenda alla finestra e al verde della tovaglia costituiscono un chiaro omaggio al tricolore (Cucitrici di camicie rosse, 1863).

Telemaco Signorini_L’artiglieria toscana a Montechiaro salutata dai francesi feriti a Solferino

Alle tematiche della campagna raffigurata in tutta la sua verosimiglianza ed ai quadri risorgimentali si affiancano anche dipinti di interni e spaccati borghesi, prediletti da Silvestro Lega. Attraverso scene di intima e profonda quotidianità il pittore raffigura donne in conversazione tra loro o intente a sbrigare i lavori domestici (ad esempio La visita, 1868 e Educazione al lavoro, 1863 circa). Lega insieme ad altri pittori come Raffaello Sernesi con e Giuseppe Abbati si riuniscono nella zona di Piagentina a Firenze, dove dipingono scorci della città. Proprio in questa zona, con tre versioni preparatorie, vede la luce l’opera di Giuseppe Abbati “Arno alla Casaccia” (1863), dove l’edificio della Casaccia appunto contrasta in maniera suggestiva con le trasparenze e i riflessi del fiume Arno e con la figura di un barcaiolo che naviga indisturbato e solitario.

Silvestro Lega_Educazione al lavoro

Mostra d’arte“I Macchiaioli” prodotta e organizzata da Fondazione Palazzo Blu e MondoMostre col contributo di Fondazione Pisa a cura di Francesca Dini

Vista a Palazzo Blu di Pisa il 29 gennaio.

Silvestro Lega_La visita
Giuseppe Abbati_Arno alla Casaccia
Telemaco Signorini_Tetti a Riomaggiore
Share
Tags

Comments are closed.