RUMOR(S)CENA- ROMA- Plaza Suite è un gradevole entertainment filiato dal testo di Nei Simon (1968), metabolizzando anche la lezione spettacolare del film di Arthur Hiller Appartamento al Plaza (1971), liberamente ispirato al testo originale. Tre mini storie da camera con residenza unica. La scenografia in questo caso è anche la storia, abitata dagli umori, dai sentimenti, dalle percezioni dei protagonisti. Suite 719 del lussuoso albergo newyorchese con vista sulla town comprensiva del tempo che scorre. Perché all’affaccio certi panorami convenzionali non ci sono più, tocco di nostalgia.
È quanto emerge dalla visione del personaggio femminile di Karen (primo episodio) che per reagire alla palese crisi del proprio matrimonio, convoca il marito nello stesso luogo dove consumò la prima appassionata notte di nozze. Ma dopo 28 o 29 anni (i due coniugi non sono d’accordo su niente e dunque anche su questo particolare) l’incanto e la passione sono evaporati e non bastano il lusso, lo champagne, il caviale e il salmone ordinati incamera dalle donne per rianimarli. La preparazione è disillusa quando si palesa che l’uomo parla di camera e data sbagliata e svogliatamente evade anche dal cibo speciale per ordinare un roast beef da dieta. Preso da contratti da firmare, incalzato dalla segretaria ,presto l’uomo d’affari Tom si dileguerà facendoci scoprire di essere l’amante della sottoposta che lo raggiunge in ben altro nido d’amore.

È questo l’episodio meno convincente e non solo perché tristanzuolo ma perché manca di energia e di un conflitto reale. Gli attori disegnano una linea retta senza cambiamenti e forse non viene sfruttata fino in fondo la potenziale carica erotica repressa della donna che per l’occasione ha comprato una biancheria speciale che non indossa e solo mostra. Lo spettacolo si risolleva nel secondo capitolo. Corrado Tedeschi, navigato uomo di spettacolo, qui indossa una parrucca che lo trasforma in ricco e rampante produttore cinematografico in cerca di una facile avventura dando appuntamento nella suite a un ex compagna di gioventù. La donna è solo stregata dal carisma dall’interlocutore e prova contro l’istinto a resistergli tirando in ballo la propria fedeltà solo teorica al marito. Il momento più divertente (si rimane nell’ambiguità se voluto o casuale) è il brusco abbassamento del pigiama dell’attore che è costretto a improvvisare per l’imprevisto almeno 4-5 volte.

Il climax quando l’imprenditore snocciola i nomi degli attori famosi recentemente incontrati (Pitt, Di Caprio, de Niro). La donna non resiste più e gli cede voluttuosamente. Ma la terza scena è sicuramente la più divertente. Una giovane promessa sposa si rintana nel bagno e sembra non volere pronunciare un attesissimo “si” matrimoniale. Padre e madre invano la pregano di recedere dalla posizione. Il meccanismo teatrale della ripetizione forsennata e parossistica strappa risate. Poi, d’incanto, basta l’apparizione del promesso sposo, per rimuovere le perplessità. La porta si apre, il matrimonio può andare in porto, lasciando inebetiti i due genitori che pagano un insistente potere di persuasione.

L’unità di luogo è un accattivante valore aggiunto per questa prova da attori brillanti e di genere, sostenuta da Corrado Tedeschi (73 anni) e Deborah Caprioglio (56 anni), quest’ultima lontana ormai 35 anni dall’esordio condizionante nel film Paprika di Tinto Brass. Tanto mestiere è stato riconquistato. Il primo condisce con padronanza e senza troppi guizzi una parte collaudata, la seconda prova a personalizzare con convinzione tre personaggi femminili molto dissimili tra loro. Il testo di Simon non viene sottoposto a revisione confermando la vicenda in ambito statunitense. Eppure sono passati 55 anni dalla sua scrittura in un anno che fu importante per l’Europa ma di cui non transitò alcuna eco negli Stati Uniti. Parla una suite che ne ha viste di tutti colori e che si fa essa stessa protagonista della storia. Si respira benessere, crisi di coppia, tradizioni di famiglia e il tradimento come ipotesi frequente dietro l’angolo.

PLAZA SUITE di Neil Simon, traduzione di Maria Teresa Petruzzi, con Corrado Tedeschi, Debora Caprioglio, e con Gianluca Delle Fontane, Giulia Galizia e Andrea Bezzi, regia di Ennio Coltorti, scena di Andrea Bianchi, produzione Skyline, coproduzione La Contrada, distribuzione Savà Produzioni Creative
Visto al Teatro Parioli di Roma il 12 marzo 2025